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Pubblichiamo un estratto del recente Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, contenente le più importanti indicazioni e norme di comportamento per il contenimento della diffusione del COVID19. Per quanto riguarda le nostre zone, suggeriamo di porre particolare attenzione al paragrafo delle misure relative al territorio nazionale.

… In  attuazione  del D.L. 6/2020, allo  scopo  di  contrastare  e  contenere  il diffondersi del virus Covid-19, il DPCM in oggetto prevede, nei comuni indicati  nell’allegato 1, (la cd. zona rossa) ossia, nei comuni della Regione Lombardia di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini  e nel comune di Vò della Regione Veneto, che vengano mantenute le misure di contenimento già previste dal precedente DPCM 23/02/2020.

In particolare:

chiusura di tutte le attività  commerciali,  ad  esclusione  di quelle di pubblica utilità, dei servizi pubblici essenziali e degli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità secondo  le modalità  e  i  limiti  indicati  con  provvedimento  del   Prefetto territorialmente competente;

obbligo di accedere ai servizi pubblici essenziali, nonché agli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima  necessità indossando dispositivi di protezione individuale o adottando particolari misure di cautela  individuate  dal  Dipartimento di prevenzione delle aziende sanitarie competenti per territorio;

sospensione dello svolgimento delle attività lavorative  per  i lavoratori residenti o domiciliati, anche  di  fatto,  nel  comune o nell’area interessata, anche ove le  stesse si svolgano fuori dal Comune o dall’area indicata.

Nelle zone di cui all’allegato 2 ossia, Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Province di Pesaro-Urbino e Savona, nonché nelle zone di cui all’allegato n.3, ossia le Province di Bergamo, Lodi, Piacenza e Cremona, l’apertura delle attività commerciali, (diverse dalle attività di ristorazione, bar e  pub) è condizionata dall’adozione di misure organizzative tali da consentire un accesso ai predetti luoghi con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone tenuto conto delle dimensioni e caratteristiche dei locali aperti al pubblico e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza di almeno 1 metro.

Inoltre, nelle sole province dell’allegato n. 3 è prevista le chiusura nelle giornate di sabato e domenica delle medie e grandi strutture di vendita e degli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, ad esclusione delle farmacie, delle parafarmacie e dei punti vendita dei generi alimentari.

Misure urgenti di contenimento sul territorio nazionale

In tutti i locali aperti al pubblico sono messe a disposizione degli addetti, nonché degli utenti e visitatori, soluzioni disinfettanti per l’igiene delle mani.

Inoltre, in coerenza con le misure previste nel Decalogo inviato, da ultimo, con Circolare Federfarma n. 81/2020, il Dpcm in oggetto prevede che i sindaci e le associazioni di categoria promuovono, presso gli esercizi commerciali, la diffusione delle medesime informazioni sulle misure di prevenzione igienico sanitarie, elencate nell’allegato 4 al DPCM in oggetto e che per comodità si riportano di seguito:

Misure igieniche:

a) lavarsi spesso le mani. Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche  per il lavaggio delle mani;

b) evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;

c) non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;

d) coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;

e) non prendere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico;

f) pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol;

g) usare la mascherina solo se si sospetta di essere  malato  o si assiste persone malate.

Gli individui che nei 15 giorni precedenti il presente DPCM abbiano fatto ingresso in Italia dopo aver soggiornato in zone a rischio epidemiologico come identificate dall’OMS o siano transitati o abbiano sostato nei comuni di cui all’allegato 1 sono obbligati a comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, nonché al proprio Medico di Medicina Generale ovvero al Pediatra di Libera Scelta, ai fini dell’adozione, da parte dell’autorità sanitaria competente, della misura della permanenza domiciliare  fiduciaria.

La modalità di lavoro agile può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro ad ogni rapporto di lavoro subordinato anche  in  assenza  degli  accordi  individuali  ivi previsti.

Il Prefetto territorialmente competente, iinformando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure nei Comuni di cui all’allegato n.1, avvalendosi, ove occorra delle Forze di polizia  e  con  il possibile concorso i del Corpo  nazionale dei  Vigili  del  fuoco,  nonché  delle  Forze  armate,  sentiti   i competenti comandi territoriali.

Si segnala che le misure previste nel DPCM in oggetto producono i loro effetti dal 2 marzo 2020 e sono efficaci, salvo diverse previsioni contenute nelle singole misure, fino all’8 marzo 2020. Inoltre dal 2 marzo 2020 cessano di produrre effetti il DPCM 23 febbraio 2020 ed il DPCM 25 febbraio 2020.


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Incrociando coppie di donatori incompatibili, secondo il programma nazionale di trapianto cross-over, e aperta con una donazione di rene da deceduto in Piemonte, la catena si è chiusa nella stessa regione, attraversando Veneto, Sicilia e Puglia, e salvando la vita a quattro pazienti in trattamento dialitico

Quando una catena di donazioni con scambio di organi e trapianti incrociati attraversa l’Italia e supera le barriere del Coronavirus…

Proprio nelle settimane durante le quali lo spettro del Covid-19 sta bloccando e divide buona parte dell’Italia e non solo, una catena di solidarietà ha unito il nostro Paese, incrociando coppie di donatori incompatibili e, aperta con una donazione da deceduto in Piemonte, si è chiusa nella stessa regione, attraversando Veneto, Sicilia e Puglia, e salvando la vita a quattro pazienti in trattamento dialitico. Si chiama programma Cross-over.

In partenza lo scorso novembre il Piemonte ha donato un organo di una donatrice deceduta. Il suo rene era risultato idoneo per un paziente di Padova inserito nel programma cross-over Dec-k (DECeased Kidney). L’avvenuto trapianto su questo paziente ha innescato una catena di donazioni da vivente e trapianti che ha coinvolto 3 coppie seguite in regioni diverse d’Italia (Veneto, Sicilia e Puglia). La compatibilità biologica delle nuove coppie è stata determinata grazie al coinvolgimento di diversi Laboratori di Immunogenetica e dei Coordinamenti regionali trapianto (per il Piemonte all’ospedale Molinette diretti dal professor Antonio Amoroso).

In seguito a Padova, in Veneto, a sua volta ha donato a Palermo in Sicilia, che a sua volta ancora ha donato un organo a Bari in Puglia. Qui ne ha beneficiato una coppia incompatibile per un trapianto di rene da vivente. La donatrice vivente, moglie del ricevente, in riconoscenza per aver salvato il marito, ha donato un rene ad una giovane donna di Torino, chiudendo proprio questa catena di scambi in Piemonte.

Così per la prima volta in Piemonte all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino è stato effettuato con successo un trapianto di rene su una donna da una donatrice vivente di Bari secondo il programma nazionale di trapianto di rene cross-over (a modalità incrociata), grazie allo scambio di coppie di donatori e creando un effetto a catena di donazione.

Il programma cross-over è attivo a livello nazionale già da qualche anno: è molto complesso dal punto di vista organizzativo, ma offre l’opportunità di ottenere un trapianto anche in caso di incompatibilità immunologica con un donatore vivente nel caso in cui la donazione diretta tra persone legate affettivamente non fosse possibile. Questo avviene “incrociando” le coppie a livello nazionale in modo che i pazienti che hanno una persona emotivamente correlata che generosamente voglia donargli un rene anche se è incompatibile, possa alla fine fare il trapianto, scambiando i donatori con coppie che hanno lo stesso problema. Combinando diversi incroci si genera una “catena” di donazione che riesce a rendere possibile il trapianto per diverse persone.

Fino a pochi anni fa queste catene di trapianti potevano essere attivate solo grazie ad un donatore samaritano, cioè ad una persona che dona spontaneamente un suo rene per il bene della comunità. Da quest’anno è attivo su tutto il territorio il programma cross-over Dec-k, che prevede l’innesco della catena di scambio di trapianti incrociati da parte di un donatore deceduto.

La prima volta del Piemonte è stata proprio con questo nuovo sistema ed ha permesso il trapianto di una giovane paziente di 33 anni in dialisi dal 2014.  Il rene è arrivato anche con il contributo delle forze di Polizia di Bari (in foto la consegna dell’organo), dove è stato prelevato in mattinata ed è stato poi trapiantato a Torino nello stesso giorno, presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. L’intervento è tecnicamente riuscito e per la paziente la dialisi è ormai un ricordo, mentre la funzionalità del rene trapiantato migliora rapidamente con le cure dell’équipe nefrologica.

Luigi Biancone, responsabile del programma di trapianto renale nell’adulto presso la Città della Salute di Torino, segnala che: “Alle Molinette abbiamo quasi triplicato il numero di trapianti di rene da vivente negli ultimi 4 anni e questo programma di cross-over potrà dare ulteriore slancio alla nostra attività. Nonostante l’attività notevole nel trapianto da donatore deceduto, i tempi di attesa in dialisi rimangono lunghi, ed oltretutto il trapianto da donatore vivente ha una funzionalità e durata maggiore. Ecco perché la generosità di un donatore può essere così importante”.

Sottolinea il valore di questo risultato anche il Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Massimo Cardillo: “Ringrazio il Centro trapianti di rene di Torino, i centri di Padova, Palermo e Bari e i coordinamenti delle regioni coinvolte per l’impegno di collaborazione mostrato nell’aver portato a compimento questa catena di donazioni. In particolare, in questo momento di emergenza sanitaria nazionale, la Rete trapianti dimostra ancora una volta di essere unita dal Nord al Sud del Paese al servizio dei tanti pazienti in attesa di un organo”.


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Il servizio di Farmacia Oncologica è un servizio dedicato alla gestione in farmacia delle esigenze, in termini di consiglio, ascolto e accoglienza, degli utenti che sono stati colpiti da tumore, nonché ai loro familiari o caregiver, su tematiche relative a educazione nutrizionale, informazione sulle terapie, supporto cosmetologico e aspetti relazionali.

Tale servizio viene gestito dalla dott.ssa Paola Vassallo, qualificata e appositamente formata dalla Scuola di Farmacia Oncologica, che le ha fornito gli strumenti per dialogare con gli altri professionisti della salute, per offrire al paziente un supporto completo in un’ottica di complementarietà e per fornire quei consigli pratici che il paziente ha difficoltà a chiedere al medico (questioni legate all’estetica o alla nutrizione e tutto quello che può contribuire al benessere dell’utente).

Il percorso di formazione prevede la partecipazione a corsi riconosciuti a livello nazionale, il cui superamento è comprovato da una specifica attestazione, in un’ottica di formazione continua e altrettanto continuo aggiornamento. A tal proposito, la dott.ssa Paola Vassallo ha frequentato un corso di aggiornamento ECM in modalità Residenziale e FAD per un totale di 60 ore di formazione a partire dal secondo semestre 2019, che proseguirà nel 2020 con i dovuti e previsti aggiornamenti.

Il servizio di Farmacia Oncologica si svolge a farmacia chiusa (in modo da poter garantire la privacy necessaria per trattare argomenti riservati e importanti per il benessere dell’utente che vive un momento di sofferenza e fragilità) dal lunedì al venerdì dalle ore 15,00 alle ore 16,00.

Il servizio viene gestito con la prenotazione (telefonica allo 057120027, via mail all’indirizzo info@farmaciaserafini.net, o direttamente al banco della farmacia rivolgendosi alle dottoresse) per gli utenti che fanno richiesta di un apposito appuntamento.

Al fine di valutare la qualità percepita dagli utenti, al termine dell’appuntamento viene somministrato un questionario di soddisfazione dell’utente (paziente o familiare o caregiver), quest’ultimo dovrà compilarlo e restituirlo alla farmacia in modo che si possa monitorare la qualità del servizio fornito e, laddove presenti lacune o criticità, avere la possibilità di apportare le dovute migliorie al servizio.

Al termine dell’appuntamento relativo al servizio di Farmacia Oncologica, la dott.ssa Paola Vassallo ricorderà all’utente l’importanza e la necessità di informare il proprio medico curante, riguardo i consigli ricevuti.

Il medico di riferimento è facilitato al contatto con la Farmacia che eroga il servizio per ogni necessità di confronto grazie alla consultazione di siti dedicati alla divulgazione della geolocalizzazione delle farmacie che fanno parte della rete delle Farmacie Oncologiche.


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Testati 250 prodotti: due acquisti su tre non sono conformi alla normativa europea.

La maggior parte dei prodotti per bambini ma anche cosmetici, gioielli, dispositivi elettronici e abbigliamento acquistabili sulle principali piattaforme di ecommerce non è sicuro per la salute e/o non a norma di legge.

Sono questi i risultati che arrivano dall’inchiesta condotta da Altroconsumo, insieme ad altre organizzazioni di consumatori europee e pubblicati sulla rivista Altroconsumo Inchieste di marzo 2020, che ha analizzato 250 prodotti acquistabili sui principali siti di ecommerce: Aliexpress, Amazon, eBay, LightInTheBox e Wish.

Complessivamente due acquisti su tre (il 66%) sono risultati non conformi alla normativa europea, con rischi per la salute e per la sicurezza di chi li utilizza.

L’Organizzazione di consumatori ha condiviso i risultati dell’indagine con il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero della Salute e inviato loro una segnalazione formale per chiedere un intervento volto ad accertare quanto è emerso affinché vengano presi provvedimenti per la tutela e la corretta informazione dei consumatori.

“Ancora troppe le persone che acquistano dalle maggiori piattaforme di ecommerce pensando che la comodità ed efficienza del servizio sia associato anche ad una garanzia di qualità dei prodotti offerti, purtroppo non è così, i dati ce lo dimostrano – dichiara Ivo Tarantino, Responsabile Relazioni Esterne Altroconsumo – l’attuale quadro normativo non è in grado di dare la giusta tutela, in termini di sicurezza, ai consumatori: da un lato, le piattaforme non riescono a impedire la vendita di prodotti non sicuri e a rimuoverli tempestivamente quando sono già in vendita, dall’altro, le autorità non riescono a garantire una sorveglianza adeguata e un’applicazione efficace delle norme. Come Altroconsumo, vogliamo accendere i riflettori sul tema e chiediamo alle istituzioni che ci sia una presa di responsabilità concreta e congiunta da parte di tutti gli attori coinvolti. Auspichiamo di essere partner di questo processo per arrivare ad uno scenario in cui ci sia la maggiore tutela possibile dei consumatori”.

I risultati dell’inchiesta:

Tra gennaio 2019 e gennaio 2020 sono stati ordinati, esaminati e poi testati in laboratorio 250 prodotti afferenti a 18 diverse categorie, tra cui giocattoli per bambini, rilevatori di CO (monossido di carbonio) e di fumo, abbigliamento per bambini, make-up e carica batterie USB.

Di seguito alcuni dei risultati principali:
– Su 12 carica batterie USB, 12 powerbank e 12 adattatori da viaggio, ben 26 prodotti su 36 sono pericolosi, possono dare la scossa o causare incendi.
– In 9 giocattoli per bambini su 29 (31%) sono state trovate quantità illegali di ftalati (fino a 200 volte il limite legale). Bocciato il 91% dei trucchi per bambini.
– l’88% capi d’abbigliamento per bambini testati non rispettavano gli standard europei, con possibili rischi per la salute e l’incolumità dei piccoli.

Tra quelli testati, alcune categorie di prodotto sono state bocciate nella totalità dei casi. Stiamo parlando nello specifico di: palloncini, kit per sbiancare i denti, rilevatori di fumo e monossido di carbonio e caschi.

“Ma come è possibile tutto questo? – conclude Altroconsumo – Le piattaforme di ecommerce, ponendosi nella posizione di semplici intermediari, sfruttano spesso una scappatoia legale che li esonera da qualsiasi responsabilità, che resta solo al fornitore originale, per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti che vendono. Esse sono tenute a livello normativo solo a rimuovere “rapidamente” i prodotti non sicuri dai loro cataloghi quando ne sono informati. La legge resta ambigua visto che non vi è alcun limite di tempo specificato”.

Gli esperti Altroconsumo hanno quindi offerto alcuni consigli:

• Conosci la marca? Quando si acquista online è preferibile orientarsi verso marchi conosciuti: alcuni prodotti possono essere venduti da brand inesistenti.
• Attenzione alla contraffazione: questo tipo di prodotto spopola sul web. Il consiglio è di controllare le caratteristiche del prodotto che si sta acquistando valutando anche se il prezzo è eccessivamente basso.
• Foto e recensioni possono essere un utile strumento per valutare cosa si sta acquistando.
• Confezione, documenti doganali, integrità del prodotto: ognuno di questi aspetti va controllato con attenzione per ogni acquisto ricordando che qualsiasi prodotto acquistato online può essere restituito entro 14 giorni dall’acquisto.


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Il visore di realtà aumentata, indossato dal chirurgo, permette di aggiungere alla realtà informazioni essenziali sul paziente e guidarlo durante l’intervento.

Si è conclusa con successo presso il Policlinico di S. Orsola di Bologna la prima operazione chirurgica al mondo condotta, come sempre, in una sala operatoria reale, ma in cui il chirurgo, durante l’intervento, vedeva di fronte a sé anche elementi virtuali, in grado di supportarlo e guidarlo. Questo è stato possibile grazie a un visore di Realtà Aumentata all’avanguardia, VOSTARS, che il chirurgo ha indossato durante l’intervento.
L’intervento pilota, un’operazione di chirurgia maxillo-facciale, consisteva nel resecare e riposizionare mascella e mandibola di un paziente per ripristinare le funzionalità del morso.

“Grazie al visore VOSTARS – commenta Giovanni Badiali, responsabile del progetto presso il Policlinico di S. Orsola di Bologna, che ha eseguito l’operazione – prima dell’intervento abbiamo visualizzato nella realtà aumentata l’anatomia di scheletro facciale, mascellari e linee di taglio. Nel passo successivo, durante l’operazione il dispositivo ha consentito di visualizzare una linea tratteggiata in 3D direttamente sull’osso del paziente, mostrando il percorso da seguire con lo strumento chirurgico. Con l’aiuto del visore siamo riusciti ad eseguire il taglio della mascella con la precisione richiesta”.

Ulteriori sperimentazioni sono in calendario al Policlinico. “Una volta a regime, il sistema permetterà una riduzione dei tempi degli interventi e un aumento della precisione”, afferma Badiali.

“Noi vogliamo continuare a investire sulla nostra sanità regionale, che oltre a garantire risposte ai bisogni di salute delle persone a livelli senza eguali nel Paese, si conferma sempre di più spazio di ricerca continua e di innovazione – ha sottolineato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini- Il fatto che la prima operazione chirurgica al mondo, eseguita con un visore di ‘Realtà Aumentata’, sia avvenuta in una sala operatoria del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna è per noi motivo di grande orgoglio. Desidero ringraziare gli scienziati e i tecnici che hanno lavorato affinché tutto questo, frutto di un progetto europeo, potesse realizzarsi e trovare applicazione. Le nostre strutture ospedaliere – ha aggiunto Bonaccini – si confermano ancora una volta realtà d’eccellenza, in grado di accogliere e utilizzare, grazie alle altissime competenze di chi ci lavora quotidianamente, le apparecchiature più sofisticate. L’utilizzo al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi del Vostars è stato preceduto, pochi giorni fa, dal primo caso al mondo di intervento chirurgico, questa volta al Maggiore di Bologna, eseguito interamente con il robot di asportazione contemporanea di colon e fegato con tecnica alpps. Tutto questo, e lo voglio ricordare – ha concluso il presidente – al servizio dei nostri cittadini”.

Grazie a una videocamera, VOSTARS combina le immagini di fronte al chirurgo con le immagini radiologiche del paziente, e fa in modo che le due restino perfettamente coerenti e a fuoco. Inoltre, durante le fasi dell’intervento dove la guida virtuale accurata non è richiesta (come all’inizio o alla fine), il visore può diventare trasparente permettendo al chirurgo di avere una vista naturale del campo operatorio direttamente con i propri occhi. La possibilità di passare tra la vista mediata dalla videocamera – “video see -through” – a quella naturale con il visore trasparente – “optical see-through”- è la caratteristica distintiva di VOSTARS il cui acronimo significa appunto “Video-Optical See-Through Augmented Reality System”.

Fino a questo momento la realtà aumentata non è stata sfruttata appieno in sala operatoria. I visori attualmente in commercio rendono disponibili direttamente nel campo visivo alcuni contenuti digitali, come per esempio l’immagine tridimensionale dell’organo da operare. Queste immagini virtuali, ottenute dagli scanner radiologici (come TAC e Risonanza Magnetica) vengono di solito visualizzate dal medico prima dell’operazione, per aiutarlo nella preparazione dell’intervento. “Non era mai accaduto fino ad ora, però, – spiega Vincenzo Ferrari, ingegnere biomedico al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e coordinatore del team europeo che ha progettato VOSTARS – che un visore fosse usato per guidare il vero e proprio atto chirurgico, a causa della difficoltà per il nostro occhio nel mettere a fuoco gli oggetti reali e virtuali contemporaneamente”.

La messa a fuoco degli oggetti virtuali implica infatti che quelli reali siano visti sfocati, perché l’occhio li percepisce a due distanze diverse. Questo non può ovviamente accadere nel momento in cui il medico ha un bisturi in mano, e fino ad ora è stato quindi impossibile sfruttare l’informazione virtuale per guidare l’operazione.

Eventuali informazioni aggiuntive su paziente e intervento devono quindi essere riportate su un monitor esterno, obbligando il medico a spostare lo sguardo e la concentrazione dal paziente al monitor, con un continuo passaggio che risulta faticoso e talvolta inefficace.

Il visore VOSTARS è stato sviluppato per far fronte a questi problemi. Frutto di un progetto europeo, ha visto scienziati e tecnici di quattro paesi diversi lavorare per tre anni con lo scopo di mettere a punto un visore chirurgico indossabile altamente innovativo, in grado di rendere disponibili direttamente nel campo visivo del chirurgo, anche durante l’operazione, le informazioni specifiche relative al paziente e quelle più generali che riguardano gli organi coinvolti nell’intervento.

“Per farlo – prosegue Ferrari – abbiamo dovuto risolvere problemi molto complessi, che riguardano principalmente la coordinazione occhio-mano e la coerenza tra l’immagine reale e quella virtuale temporalmente, spazialmente ed in termini di messa a fuoco. E’ ovvio che se il chirurgo deve seguire una linea di taglio virtuale queste deve apparire nel posto giusto ed al momento giusto dell’intervento, ma ottenerlo non è banale. Inoltre, la guida virtuale ed il paziente devono poter essere messi a fuoco contemporaneamente per permettere al chirurgo di seguirla col bisturi”.


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Negli adolescenti un’ora di esercizio fisico leggero al giorno riduce le probabilità che a 18 anni compaiano i primi sintomi della depressione.

Gli adolescenti sedentari hanno maggiori probabilità di essere depressi rispetto ai loro coetanei attivi. E i sintomi di depressione cominciano a manifestarsi a 18 anni. La cura? Un’attività fisica, anche leggera, da non abbandonare dopo i 16 anni.

“I giovani devono ridurre la sedentarietà e aumentare una attività fisica leggera durante l’adolescenza, un momento in cui tende a verificarsi il contrario – dice Aaron Kandola dello University College di Londra, autore principale dello studio pubblicato da The Lancet Psychiatry – Questo ridurrebbe rischio di depressione in futuro. La maggior parte dei bambini non dovrebbe avere problemi a trovare 60 minuti al giorno per l’attività fisica, in qualunque sua forma”.

Lo studio

I ricercatori hanno analizzato i dati relativi a 4.257 giovani che hanno indossato accelerometri per una settimana quando avevano 12, 14 e 16 anni. I partecipanti hanno anche completato questionari pensati per identificare eventuali sintomi di depressione o altri disturbi di salute mentale a 18 anni.

Gli accelerometri misuravano oggettivamente quando i partecipanti si dedicavano ad attività leggere, come camminare, o fare esercizi più intensi come correre o andare in bicicletta. I dispositivi hanno anche registrato i momenti in cui gli adolescenti erano sedentari perché stavano facendo i compiti o giocando ai videogiochi.

Tra i 12 e i 16 anni, il tempo medio sedentario giornaliero dei partecipanti è aumentato da circa sette ore a quasi nove ore. Nello stesso periodo, il loro tempo medio giornaliero dedicato ad attività soft come camminare è passato da circa cinque ore a circa due ore.

Lo studio ha rilevato che ogni ora aggiuntiva di sedentarietà a 12 e a 14 anni era associata a un rischio dall’8% all’11% più elevato di sintomi depressivi. Era vero anche il contrario, con ogni ulteriore ora al giorno di attività fisica leggera riduceva le probabilità di depressione a 18 anni si una percentuale variabile tra l’8% e l’11%.

“Anche se lo studio non è stato progettato per dimostrare se o in che modo il tempo sedentario potrebbe compromettere l’umore o come l’attività fisica possa rendere meno probabili i problemi di salute mentale, i risultati sono in linea con le ricerche condotte sugli adulti”, hanno osservato gli autori. È possibile che l’esercizio fisico migliori l’autostima, riduca l’infiammazione o stimoli la crescita di nuovi neuroni nel cervello, hanno scritto.

“L’esercizio fisico è stato collegato alla neurogenesi (formazione di nuove cellule cerebrali) e alla neuroplasticità (capacità del cervello di ricablare e stabilire nuove connessioni), che può essere protettiva per la salute mentale – dice Karmel Choi, ricercatore presso il Massachusetts General Hospital e Harvard Th Chan School of Public Health di Boston – Quanto più le persone svolgono attività fisica, tanto più i loro corpi tendono a essere meno reattivi allo stress e mostrano livelli più bassi di infiammazione, un fattore di rischio per la depressione”.

Fonte: The Lancet Psychiatry


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Istallato il “robot DaVinci” che consente di aumentare il ricorso alla chirurgia mini-invasiva e migliorare ulteriormente la qualità dei risultati.

Dopo tre anni di studio e sperimentazione, in occasione della Giornata del Malato 2020, è stato attivato presso l’Irccs Gaslini di Genova il “Centro di Chirurgia Robotica Pediatrica” attraverso l’installazione del sistema “robot DaVinci”.

Il Gaslini diventa così l’unico ospedale pediatrico italiano ad avere un centro di robotica pediatrica dove è presente il sistema DaVinci: una tecnologia che migliora l’atto chirurgico per via mini-invasiva, riducendo il traumatismo e aumentando la precisione tecnica e quindi la qualità dell’assistenza, sempre sotto il diretto controllo del chirurgo.

“Oggi è una giornata importante – afferma il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti – che conferma il livello straordinario delle terapie e dell’assistenza garantite in questo ospedale pediatrico, punto di riferimento non solo in Liguria e in Italia ma anche all’estero e di cui siamo orgogliosi. L’innovazione tecnologica è oggi un aspetto fondamentale della nostra sanità, anche pediatrica come dimostra la scelta di installare questa apparecchiatura all’avanguardia al Gaslini, che punta a diventare il primo polo italiano per la ricerca e la didattica legate all’utilizzo di questa tecnologia”.

“Questa inaugurazione rappresenta un traguardo raggiunto ma è anche un punto di partenza – ha evidenziato la vicepresidente e assessore alla Sanità Sonia Viale – per lo sviluppo futuro della ricerca nel campo della chirurgia pediatrica in Italia, grazie all’altissima professionalità di tutto il personale che lavora in questo ospedale. Al centro di ogni scelta viene posta la persona, in questo caso il piccolo paziente, a cui vengono offerte le migliori cure possibili, anche in termini di tecnologia”.

“Oggi realizziamo un obbiettivo importante per il futuro dell’ospedale, attraverso lo sviluppo della chirurgia robotica pediatrica che è volta a rafforzare la qualità delle cure e a migliorare il percorso del paziente pediatrico” ha il Presidente Pietro Pongiglione.

“Il bambino che necessita di chirurgia ha gli stessi diritti di essere sottoposto al miglior trattamento possibile di un paziente adulto – sottolinea il Dg Paolo Petralia – quindi di essere trattato al più alto livello tecnologico ma nell’ambiente più idoneo possibile, da esperti che quotidianamente lavorano con continuità anche con queste tecnologie, dove l’assistenza medico-infermieristica è specificamente pediatrica e integrata (Family Centered Care), potendo contare sulla presenza di tutte le competenze specifiche specialistiche e sul massimo della qualità delle cure e della sicurezza per i piccoli pazienti. Ciò significa centralizzare le attività in un contesto di continuità e specificità pediatrica: questo è il razionale dell’aver installato il sistema chirurgico robotico nell’ospedale pediatrico, garantire il massimo della qualità per i piccoli pazienti chirurgici”.
Ma non solo: la sperimentazione triennale svolta fino ad oggi ha dimostrato come l’attività di ricerca e di insegnamento permanente che si svolge nell’ambiente universitario e scientifico dell’Irccs universitario Gaslini potenzia nella comunità medica i benefici di questo approccio, che trovano ragion d’essere proprio in questa prospettiva strategica multidimensionale, in stretta integrazione con il sistema regionale ed in collaborazione con l’Accademia, le Società scientifiche e con chi sviluppa tecnologia del settore. In questo senso AB Medica non rappresenta solo il fornitore del robot, ma contribuisce allo sviluppo di una sala operatoria di chirurgia mini-invasiva robotica, dedicata a corsi di formazione chirurgia pediatrica, contribuendo anche allo sviluppo di un centro di formazione e ricerca clinica al Gaslini di livello internazionale, dove centralizzare l’insegnamento e la sperimentazione della robotica pediatrica.

L’acquisizione di questa strumentazione, resa possibile dalla disponibilità di fondi ministeriali, si sottolinea in una nota, si inserisce nell’ambito della costituzione di un centro specifico di rilievo internazionale, sostenuto con uno specifico progetto dalle Fondazioni Gaslini e Querci, e rappresenta una scelta strategica fondamentale: diventare centro di riferimento per la formazione e la ricerca clinica nel campo della chirurgia robotica di alto livello e specializzazione.

“Vogliamo crescere per passare dalla laparoscopica/toracoscopia alla robotica – spiega il direttore sanitario Raffaele Spiazzi – incrementando il numero di chirurghi esperti nella tecnica e sviluppare nuove competenze passando dalla chirurgia open complessa alla mini invasiva assistita dal robot, con l’estensione progressiva delle indicazioni all’utilizzo della tecnologia (chirurgia oncologica, toracica, malformativa digestiva, urologica, ORL transorale, ginecologica, neurochirurgica, vertebrale). Vogliamo incrementare, attraverso percorsi formativi mirati e grazie alla rapidità delle curve di apprendimento della tecnica robotica, il numero di professionisti con competenze specifiche in chirurgia mini-invasiva, potendo così offrire miglior chirurgia a più bambini all’interno e all’esterno dell’Istituto. Tutto questo nel rigore della ricerca che ci permette di dimostrare in modo metodologicamente e scientificamente fondato i risultati ottenuti, confrontandosi con i migliori centri in campo internazionale”.

“Acquisire il sistema Da Vinci significa poter lavorare con una tecnologia che migliora le prestazioni fisiche del chirurgo senza sostituirlo – spiega Girolamo Mattioli, direttore della Uoc Chirurgia Pediatrica del Gaslini a cui è affidato il coordinamento del Centro di Chirurgia Robotica Pediatrica – non trattandosi di intelligenza artificiale, non esegue azioni da solo e non decide nulla. Il sistema, ‘semplicemente’, migliora le prestazioni fisiche del clinico, non fa azioni autonomamente ma, sempre sotto il diretto controllo del chirurgo, lo aiuta “fisicamente” a cercare la perfezione dell’atto, riducendo tremori, migliorando la vista, evitando errori di precisione e di mira. Attraverso l’impiego della robotica, possiamo aumentare il ricorso alla chirurgia mini-invasiva e migliorare ulteriormente la qualità dei risultati, riducendo il traumatismo psico-fisico legato all’intervento (dolore, ospedalizzazione), con un aumento significativo della soddisfazione del piccolo paziente (minor trauma migliori risultati)”


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Non solo per prevenire il coronavirus ma per ridurre il rischio di contrarre numerose infezioni è sufficiente un lavaggio frequente delle nostre mani. Un gesto semplice e importante che il Ministero della Salute ha deciso di rinfrescare la memoria con alcune semplici indicazioni.

“Il lavaggio delle mani ha lo scopo di garantire un’adeguata pulizia e igiene delle mani attraverso una azione meccanica. Per l’igiene delle mani è sufficiente il comune sapone. In assenza di acqua si può ricorrere agli igienizzanti per le mani, a base alcolica”. È quanto si legge in un opuscolo del Ministero della Salute dedicato al lavaggio delle mani.

Il Ministero ricorda che “una corretta igiene delle mani richiede che si dedichi a questa operazione non meno di 40-60 secondi se si è optato per il lavaggio con acqua e sapone e non meno di 30-40 secondi se invece si è optato per l’uso di igienizzanti a base alcolica. Questi prodotti vanno usati quando le mani sono asciutte, altrimenti non sono efficaci. Se si usano frequentemente possono provocare secchezza della cute. In commercio esistono presidi medico-chirurgici e biocidi autorizzati con azione battericida, ma bisogna fare attenzione a non abusarne. L’uso prolungato potrebbe favorire nei batteri lo sviluppo di resistenze nei confronti di questi prodotti, aumentando il rischio di infezioni”

“Lavare frequentemente le mani – si legge nell’opuscolo – è importante, soprattutto quando trascorri molto tempo fuori casa, in luoghi pubblici”.

Il lavaggio delle mani è particolarmente importante in alcune situazioni, ad esempio:

PRIMA DI:
• mangiare
• maneggiare o consumare alimenti
• somministrare farmaci
• medicare o toccare una ferita
• applicare o rimuovere le lenti a contatto
• usare il bagno
• cambiare un pannolino
• toccare un ammalato.

DOPO
• aver tossito, starnutito o soffiato il naso
• essere stati a stretto contatto con persone ammalate
• essere stati a contatto con animali
• aver usato il bagno
• aver cambiato un pannolino
• aver toccato cibo crudo, in particolare carne, pesce, pollame e uova
• aver maneggiato spazzatura
• aver usato un telefono pubblico, maneggiato soldi, ecc.
• aver usato un mezzo di trasporto (bus, taxi, auto, ecc.)
• aver soggiornato in luoghi molto affollati, come palestre, sale da aspetto di ferrovie, aeroporti, cinema, ecc.


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L’iniziativa realizzata dall’associazione “Un gancio al Parkinson” all’interno del Training Lab di Firenze, primo centro medico dove si pratica la boxe contro il Parkinson e dove attualmente sono seguiti gratuitamente 25 pazienti (17 uomini e 8 donne). “La boxe – spiega il presidente Maurizio Bertoni – sviluppa coordinazione dei movimenti, equilibrio, riflessi, ed elasticità dei muscoli. Allenare queste qualità, che si perdono in occasione di patologie neurodegenerative, migliora sensibilmente la qualità di vita dei pazienti”.

Gli allenamenti del pugilato per contrastare i sintomi del Parkinson. È la strategia innovativa messa in campo dall’associazione “Un gancio al Parkinson” per limitare i danni di una malattia degenerativa che solo in Toscana conta oltre 20.000 casi, dei quali 2.000 a Firenze. Un morbo che irrigidisce progressivamente i muscoli, rendendo difficili i movimenti e la parola e che, in questi anni, ha colpito anche personaggi famosi come Papa Giovanni Paolo II e l’ex campione dei pesi massimi, Muhammed Alì. E proprio dal mondo del pugilato arriva oggi un prezioso aiuto, utile per rallentare il corso della malattia.

L’attività dell’associazione e i suoi risultati sul Parkinson sono stati presentati oggi nel corso di una conferenza stampa dall’assessore al diritto alla salute e al welfare Stefania Saccardi, assieme al presidente dell’associazione Maurizio Bertoni.

“In Toscana i pazienti con Parkinson sono più di 20.000, più donne che uomini, e negli ultimi anni l’età di esordio si è progressivamente abbassata, ci sono pazienti anche di 40-50 anni – sono le parole dell’assessore Saccardi rilanciata in una nota dell’ufficio stampa dell’Assessorato -. In Regione abbiamo costituito un gruppo di coordinamento per il monitoraggio del percorso terapeutico della malattia, anche per scongiurare i problemi di carenza dei farmaci, che si sono verificati in passato; e abbiamo una stretta collaborazione con l’Associazione dei pazienti parkinsoniani. Guardiamo con favore a questa nuova esperienza, che consente di contrastare i sintomi e rallentare il corso della malattia”.

“La boxe – afferma il dottor Maurizio Bertoni -, oltre ad essere uno degli sport più antichi al mondo, è anche uno dei più completi, perché sviluppa coordinazione dei movimenti, equilibrio, riflessi, ed elasticità dei muscoli. Allenare queste qualità, che si perdono in occasione di patologie neurodegenerative, come appunto il Parkinson, migliora sensibilmente la qualità di vita dei pazienti, anche in fase avanzata della malattia”.

L’associazione opera all’interno del Training Lab di Firenze, primo centro medico dove si pratica la boxe contro il Parkinson (esercizi di riscaldamento, colpi al sacco, salti con la corda, ecc.) e dove attualmente sono seguiti gratuitamente, due volte a settimana, 25 pazienti (17 uomini e 8 donne) di età compresa tra i 50 e i 75 anni.

Entro il mese di febbraio l’associazione pubblicherà il primo studio scientifico che analizzerà i benefici dati dalla boxe ai fini del rallentamento dei sintomi del Parkinson. “Negli Stati Uniti, dove per la prima volta si è messo in pratica questo tipo di allenamento per i malati di Parkinson – informa il dottor Bertoni -, è già stato pubblicato uno studio, basato su 6 pazienti. Noi lo baseremo sui nostri 25 pazienti, grazie al contributo del nostro comitato scientifico, che è composto da medici esperti del settore, sia italiani che statunitensi”.

Ma i primi effetti positivi sarebbero già ben visibili. Secondo l’associazione, dopo i primi tre mesi di allenamento “i pazienti mostrano un buon miglioramento dell’equilibrio, della postura e della coordinazione, riuscendo a muoversi e camminare in modo migliore e a mantenere questi progressi nel medio-lungo periodo”.

Oggi chiunque soffra di questa malattia può rivolgersi gratuitamente all’associazione “Un gancio al Parkinson” e, dopo una serie di test compiuti dallo staff medico, può allenarsi al Centro Training Lab, seguito da istruttori di boxe, appositamente formati.


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Per la prima volta in Italia un intervento chirurgico di “Protesi monocompartimentale mediale di ginocchio bilaterale”. La paziente, una donna di anni 59, a 48 ore dall’intervento già cammina e ha iniziato la fase di riabilitazione.

Per la prima volta in Italia è stato compiuto all’Ospedale San Bartolomeo di Sarzana, un intervento chirurgico di “Protesi monocompartimentale mediale di ginocchio bilaterale” che permette la sostituzione del solo compartimento danneggiato. Lo ha compiuto Alberto Sancin, Direttore della struttura complessa di Ortopedia. Ciò è stato possibile grazie a un aggiornamento sul software del Robot Mako (mako 3.0) che ha consentito l’uso di un nuovo terminale e l’esecuzione innovativa dell’intervento.

Attraverso questo aggiornamento è stato possibile una più rapida preparazione ossea del femore e della tibia: queste caratteristiche hanno permesso di poter eseguire in sicurezza l’intervento “bilaterale” contemporaneo, con perdite ematiche praticamente inesistenti.

La paziente, una donna di anni 59, a 48 ore dall’intervento già cammina e ha iniziato la fase di riabilitazione. Sarà dimessa tra due giorni.

“Sono molto soddisfatta che, per la prima volta in Italia, sia stato eseguito all’ospedale di Sarzana un intervento altamente innovativo nel campo dell’Ortopedia – sottolinea Sonia Viale, Vicepresidente e assessore alla Sanità di Regione Liguria -. Il Sistema Sanitario Regionale ha dimostrato, ancora una volta, le sue grandi capacità per offrire ai cittadini liguri le migliori cure. Colgo l’occasione per fare i complimenti all’equipe di professionisti che ha lavorato per rendere possibile questo intervento”.


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