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Usare più e più volte lo stesso olio per friggere può innescare cambiamenti genetici che promuovono, in stadio avanzato, la progressione del tumore al seno.

Gli studiosi dell’Università dell’Illinois, infatti, hanno scoperto che può agire come una sorta di innesco tossicologico che promuove la proliferazione delle cellule tumorali, delle metastasi e dei cambiamenti nel metabolismo dei lipidi.

La ricerca (pubblicata su Cancer Prevention Research) è stata condotta nei topi: una parte di loro è stata alimentata con olio di soia fresco e non riscaldato mentre l’altra con olio che aveva avuto abusi termici. Nella seconda fase gli studiosi hanno simulato nelle cavie il carcinoma mammario in stato avanzato, iniettando cellule di cancro al seno. Venti giorni dopo è emerso come i tumori dei topi che avevano assunto l’olio con gli sbalzi termici avevano avuto una crescita metastatica quattro volte superiore ai topi che invece avevano consumato l’olio di soia fresco.

Nell’esaminare i gruppi i ricercatori hanno scoperto che i tumori metastatici del polmone nelle cavie che hanno consumato olio per frittura usato più e più volte esprimevano significativamente più di una proteina chiave, il Ki-67, che è strettamente associato alla proliferazione cellulare. Anche l’espressione genica nel fegato di questi animali è risultata alterata. Quando l’olio viene riutilizzato ripetutamente, i trigliceridi vengono distrutti, ossidando gli acidi grassi liberi e rilasciando l’acroleina, una sostanza chimica tossica che ha proprietà cancerogene.

La ricerca scientifica sa da tempo che l’olio usato più volte contiene questa sostanza e alcuni studi l’hanno già collegata a una varietà di problemi di salute, tra cui l’aterosclerosi e le malattie cardiache. 


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Hai di fronte una sfida importante? Fai un bel respiro! Infatti, inalare aria prima di eseguire un compito ne migliora la riuscita.

Lo dimostra una serie di esperimenti condotti presso il Weizmann Institute of Science in Israele e pubblicati sulla rivista Nature Human Behaviour da Noam Sobel.

Gli esperti hanno studiato la respirazione di un gruppo di volontari prima di eseguire determinate prove mentali. Hanno innanzitutto visto che naturalmente (e in modo del tutto inconscio) tendiamo a rispondere a un quesito in media 2-3 secondi dopo aver fatto un’inspirazione.

Poi gli esperti hanno dettato il tempo preciso in cui i volontari dovevano dare la risposta ai quesiti proposti e visto che le performance positive agli stessi erano del 75% quando il comando a rispondere arrivava subito dopo un’inspirazione e significativamente più basse (68%) quando il via era dato loro dopo un’espirazione.

Gli esperti hanno infine misurato l’attività neurale dei soggetti durante un atto respiratorio e visto che, in corrispondenza delle inspirazioni, aumenta l’attività delle aree neurali dell’attenzione.

ANSA


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La primavera, da calendario, è alle porte e per celebrarla non c’è niente di meglio che verdure e vegetali di stagione.

Ad esempio gli asparagi, principi della tavola di primavera, ma anche i piselli e il crescione.

A evidenziarlo è un approfondimento sul tema del portale Healthday.

L’asparago – si ricorda nell’approfondimento – è la verdura primaverile per eccellenza: ricca di ferro, acido folico e vitamine K e A. Veloce da cucinare e facile da abbinare ad altri ingredientI, può essere un contorno gustoso o l’ingrediente protagonista in un risotto o in un primo piatto. E’ anche ottimo per la salute dell’apparato digerente, perché è un prebiotico, il che significa che nutre i batteri ‘buoni’ che vivono nell’intestino. Questi buoni batteri sono responsabili di diverse funzioni, che vanno dal mantenimento della digestione sotto controllo alla produzione di vitamine del gruppo B. Quando lo si acquista, è meglio utilizzarlo in breve tempo, perché si può rovinare rapidamente.

I piselli freschi, invece, sono ricchi di fibre, vitamine C, K e B e facili da incorporare in molti piatti, dai primi ai secondi. Il crescione è un vegetale croccante con vitamina C, beta carotene, luteina, zeaxantina e alcune vitamine del gruppo B. Aggiunge un sapore deciso, piccante, a piatti e insalate. 


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Lo rileva una ricerca greca che sarà presentata all’American College of Cardiology’s 68th Annual Scientific Session. Nel nuovo studio, in due fasi, le persone che passavano meno tempo a guardare la Tv e consumavano regolarmente una colazione ricca di energia mostravano significativamente meno placche e rigidità nelle arterie, cosa che indica meno possibilità di sviluppare una malattia cardiaca o un ictus.

«I fattori ambientali e di stile di vita sono importanti ma sottovalutati per le malattie cardiovascolari» evidenzia Sotirios Tsalamandris, dell’Università nazionale capodistriana di Atene, autore principale della ricerca. Gli studiosi hanno valutato i marcatori della salute del cuore insieme a una varietà di esposizioni ambientali e fattori di stile di vita in 2.000 persone in Corinzia, di un’età media di 63 anni.

Sono stati considerati i livelli di attività fisica e le abitudini alimentari e con due test le condizioni delle arterie. È emerso che coloro che guardavano il maggior numero di ore di Tv a settimana avevano quasi il doppio delle probabilità di accumulo di placca nelle arterie rispetto a chi la guardava meno. Crescevano inoltre il rischio di diabete e quello di ipertensione.

«I risultati – aggiunge Tsalamandris – suggeriscono di spegnere TV e abbandonare il divano. Anche attività a basso consumo energetico, come la socializzazione o le pulizie, possono avere un beneficio». Nella seconda parte dello studio, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi in base alla quantità di apporto calorico giornaliero derivante dalla colazione: alta energia ( più del 20% delle calorie giornaliere), bassa energia (5-20% di calorie giornaliere) o colazione saltata. Gli alimenti consumati da coloro che erano nel gruppo ad alta energia comprendevano latte, formaggio, cereali, pane e miele e i ricercatori hanno scoperto che chi ne faceva parte tendeva ad avere arterie significativamente più sane.

ANSA


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Si rinnova il percorso nascita in Toscana con l’introduzione di importanti novità. Anzitutto l’erogazione, a livello di servizio sanitario regionale, dei due test che permettono di determinare il rischio di gravidanza con anomalie cromosomiche. Disponibile anche una app, hAPPyMamma, che consente sia di avere tutte le informazioni necessarie sul percorso nascita che il libretto di gravidanza in formato digitale.

Due nuovi test e una app per accompagnare le donne dalla gravidanza fino al primo anno di vita del bambino. Sono le importanti novità introdotte dalla Regione nel percorso nascita, entrate in vigore il 1 marzo e presentate stamattina a Palazzo Strozzi Sacrati dall’assessore regionale al diritto alla salute Stefania Saccardi.

Tra le principali novità figura l’introduzione di due test che permettono di determinare il rischio di gravidanza con anomalie cromosomiche: il test combinato e il test NIPT (Non Invasive Prenatal Testing). In questo caso la Toscana è la prima in Italia ad introdurlo a livello di servizio sanitario. Inoltre è già disponibile una app, hAPPyMamma, che consente sia di avere tutte le informazioni necessarie sul percorso nascita che il libretto di gravidanza in formato digitale.

“Gli uffici regionali e strutture sanitarie – ha detto l’assessore Saccardi – hanno fatto uno sforzo davvero enorme per farsi trovare pronti a questa importante scadenza. Ovvio che dovremo aspettare ancora qualche settimana per rodare tutto il sistema, soprattutto per quanto riguarda la app. Ancora una volta la Toscana fa da apripista a livello nazionale”.

Le novità nel percorso nascita sono contenute in una delibera, la 1371. Il libretto ricettario di gravidanza è stato rinnovato anche nella veste grafica nella versione cartacea che può essere utilizzata da chi non opta per il formato digitale. “Il libretto ricettario dedicato al protocollo degli esami consigliati – ha spiegato l’assessore Saccardi -, ha di fatto recepito le previsioni del protocollo per la gravidanza fisiologica previsto dai Nuovi Livelli essenziali di Assistenza che a livello nazionale non sono però ancora entrati in vigore. L’aggiornamento del protocollo regionale per la gravidanza fisiologica è stato condiviso attraverso il lavoro di una serie di gruppi tecnici attivati nell’ambito del Comitato Percorso Nascita regionale che ha tenuto conto non solo delle previsioni normative, ma anche delle più recenti evidenze scientifiche”.

Nel percorso regionale, come detto, sono state inserite nuove prestazioni e, in particolare, alcuni test per determinare il rischio di gravidanza con anomalie cromosomiche. “E’ prevista infatti – ha aggiunto Saccardi – l’offerta gratuita del test combinato per tutte le gestanti. In alcuni casi inoltre viene data la possibilità di effettuare, a tariffa ridotta, un ulteriore test, NIPT, un test non invasivo del DNA fetale circolante, eseguito tramite un prelievo del sangue. Si tratta di un test innovativo che la Toscana, prima in Italia, ha introdotto nel percorso nascita. Entrambi i test non sono test diagnostici ma possono contribuire a ridurre il ricorso inappropriato alla diagnosi prenatale invasiva”.

Per quanto riguarda la app hAPPyMamma, già disponibile sui principali store per tablet, smatphone e pc, oltre a fornire tutte le informazioni in versione multilingue per promuovere la salute di mamma e bambino, le indicazioni georeferenziate sui servizi consultoriali e ospedalieri relativi al percorso nascita, permette anche di avere avere il libretto di gravidanza in formato digitale. Realizzata per conto della Regione dal Laboratorio Management e Sanità dell’Istituto di Management, Scuola Sant’Anna di Pisa, “costituisce di fatto – ha aggiunto l’assessore – una particolare innovazione per la gestione del percorso nascita nell’ambito di un servizio sanitario pubblico”.

La Regione Toscana, per facilitare l’attivazione del nuovo protocollo, ha elaborato una modulistica informativa, tradotta in 7 lingue, e materiale video, anche questo tradotto. Sono stati inoltre organizzati incontri di formazione e aggiornamento per il personale dei servizi territoriali e ospedalieri coinvolti nel percorso nascita regionale in tutte le Aree vaste. “E’ grazie alla collaborazione di professionisti appassionati e di un importante sforzo organizzativo sostenuto dalle Aziende e dal personale dei servizi coinvolti – ha concluso Saccardi -che è stato possibile avviare questo nuovo percorso che si apre comunque a ulteriori sviluppi in un ottica di sempre maggiore appropriatezza organizzativa e soprattutto assistenziale”.


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In Danimarca, un team di ricercatori ha studiato i dati di oltre 657 mila bambini nati nel Paese scandinavo tra il 1999 e il 2010, per osservare l’eventuale legame tra vaccinazione MMR (morbillo, parotite e rosolia) e autismo.

Il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR) non è associato ad un aumento del rischio di autismo anche tra i bambini ad alto rischio perché hanno un fratello con il disturbo. È quanto suggerisce uno studio condotto dai ricercatori dello Statens Serum Institut di Copenhagen, in Danimarca.

Il gruppo danese ha studiato la connessione tra il vaccino MMR e l’autismo in una coorte nazionale di tutti i bambini nati in Danimarca da madri danesi dal 1999 al 2010, seguendoli dalla nascita fino all’agosto del 2013. Il team ha esaminato i dati relativi a 657.461 bambini, di cui il 95% era vaccinato. Nel periodo di studio, 6.517 bambini hanno ricevuto una diagnosi di autismo e  i ricercatori hanno osservato che i” bambini vaccinati presentavano il 7% in meno di probabilità di sviluppare l’autismo rispetto ai bambini che non sono stati vaccinati”.

Le conclusioni

Lo studio ha messo in evidenza che i bambini con fratelli autistici avevano probabilità sette volte maggiori di essere diagnosticati con autismo rispetto ai bambini senza questa storia familiare della patologie. I maschi avevano quattro volte più probabilità di ricevere diagnosi di autismo rispetto alle femmine. Infine, i bambini privati delle vaccinazioni infantili avevano il 17% in più di probabilità di ricevere una diagnosi di autismo rispetto ai bambini che effettuavano le vaccinazioni raccomandate.

“I genitori non dovrebbero saltare le vaccinazioni per paura dell’autismo – sottolinea l’autore principale dello studio principale, Anders Hviid – I pericoli della mancata vaccinazione includono, tra le conseguenze, una recrudescenza del morbillo”. Secondo i ricercatori, è suffciente una riduzione del 5% nella copertura vaccinale per triplicare i casi di morbillo nella comunità.

Fonte: Ann Intern Med 2019


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La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua che si celebrerà il prossimo 22 marzo, fornisce utili consigli ai genitori per una corretta idratazione. La quantità di acqua assunta dipende dall’età del bambino, dalla dieta giornaliera ma anche da fattori esterni come malattie (con la febbre è necessario bere di più, perché il corpo aumenta la traspirazione), l’attività fisica, la temperatura ambientale (ambienti caldi fanno traspirare di più e questo implica la necessità di una maggiore idratazione).

Il prossimo 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per richiamare l’opinione pubblica sull’importanza dell’acqua corrente e promuovere una gestione sostenibile delle risorse idriche. In occasione della Giornata, la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale fornisce utili consigli ai genitori per una corretta idratazione.

Per crescere bene, informano gli esperti della Sipps, ogni bambino ha bisogno di alimentarsi in modo equilibrato e di bere in modo adeguato. Il suo corpo, infatti, è costituito per il 75% di acqua che si distribuisce in diverse percentuali nei vari organi. “L’acqua – afferma Giuseppe Di Mauro, Presidente Sipps – è elemento essenziale per via delle numerose funzioni che svolge nell’organismo: regola la temperatura corporea, elimina le tossine, aiuta il corpo ad assorbire i nutrienti, trasforma il cibo in energia, trasporta l’ossigeno e i nutrienti alle cellule. Una corretta idratazione garantisce anche un adeguato apporto di sali minerali, disciolti nell’acqua di fonte. Per tutti questi motivi, una corretta alimentazione prevede l’assunzione di acqua tutti i giorni, a qualunque età”.

Ma quanta acqua deve assumere un bambino? “La quantità di acqua assunta – aggiunge Leo Venturelli, Responsabile comunicazione SIPPS – dipende dall’età del bambino, dalla dieta giornaliera ma anche da fattori esterni come malattie (con la febbre è necessario bere di più, perché il corpo aumenta la traspirazione), l’attività fisica, la temperatura ambientale (ambienti caldi fanno traspirare di più e questo implica la necessità di una maggiore idratazione)”.

Di seguito uno schema orientativo dei liquidi complessivi di cui un bambino ha bisogno a seconda della età, come acqua da bere, oltre a quella contenuta negli alimenti:
• Dai 4 ai 10 anni: 1100 ml (un litro e 100 ml)
• Adolescenti: 1500-2000 ml (un litro e mezzo/due)

Quando, invece, bisogna bere?
“Ci sono meccanismi che regolano la sete – prosegue Andrea Vania, Dirigente di I livello e Responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica del Dipartimento di Pediatria di Sapienza Università di Roma -: il nostro organismo possiede un sistema di autocontrollo della sete che ha la sua centralina nell’ipotalamo, una ghiandola del cervello. Il bambino piccolo però, come la persona anziana, non ha un efficace sistema di autoregolazione, e per questo è importante offrirgli da bere spesso, anche se non lo chiede spontaneamente”.

La Sipps si sofferma, inoltre, sulle spie che aiutano un genitore a capire che il bambino ha necessità di bere:
· Mal di testa, nausea, crampi muscolari, sensazione di freddo: manca acqua!
· Quantità e qualità delle urine: urine concentrate e giallo scuro significano disidratazione

“Queste situazioni – conclude il Presidente Di Mauro – si verificano maggiormente in coincidenza con caldo eccessivo nell’ambiente o durante l’estate, in occasione di un esercizio fisico di un certo impegno e per stati febbrili. Per questo i genitori devono attuare una serie di accorgimenti per invogliare il bambino a bere: dall’uso di bicchieri colorati alla trasformazione del bere in un gioco fino ad insegnare al bambino a servirsi da bere per conto proprio. E per tutti, genitori stessi ed insegnanti, l’impegno di dare il buon esempio bevendo spesso durante la giornata o portando con sé una bottiglia di acqua ogni volta che si esce!”.

I pediatri della Sipps informano su quale sia l’acqua più idonea al bambino. Dall’anno di vita in poi, informa la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, sono indicate le acque minerali o di fonte con un residuo fisso 500-1500 mg/L, che garantiscono un apporto corretto di calcio. Per questo motivo è fondamentale un’attenta lettura delle etichette: permette infatti di conoscere il residuo fisso oltre al contenuto di sodio, potassio, calcio, fluoro, ferro, magnesio e bicarbonato. In etichetta si trovano anche la data di imbottigliamento e di scadenza.

Sport e idratazione
Particolare attenzione deve infine essere rivolta al bambino quando svolge un’attività fisica, che comporta la perdita di molti liquidi: è necessario incentivarlo a bere prima, durante e dopo. Non servono sali minerali e drink zuccherati: la semplice acqua, a temperatura ambiente, ed una alimentazione sana, ricca in frutta e verdura, è sufficiente alla idratazione di un “giovane atleta”. 


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Dal 4 marzo è in corso la settimana mondiale per la riduzione del sale promossa dalla World Action on Salt & Health (WASH). Tra i consigli per ridurre il consumo di sale a meno di 5 grammi al giorno, così come raccomandato dall’Oms, l’uso di erbe, spezie e agrumi per insaporire il cibo al posto del sale e controllo delle etichette dei prodotti che acquistiamo.

Dal 4 al 10 marzo si svolge la Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale, promossa dalla World Action on Salt & Health (WASH), Associazione con partner in 100 Paesi dei diversi continenti istituita nel 2005 per migliorare la salute delle popolazioni attraverso la graduale riduzione dell’introito di sodio”. A darne notizia, un comunicato del Ministero della Salute.

“Obiettivo di WASH – si legge nella nota – è quello di incoraggiare le aziende alimentari multinazionali a ridurre il sale nei loro prodotti e a sensibilizzare i Governi sulla necessità di una ampia strategia di popolazione per la riduzione del consumo alimentare di sale.

Un consumo eccessivo di sale determina, infatti, un aumento della pressione arteriosa, con conseguente aumento del rischio di insorgenza di gravi patologie cardio-cerebrovascolari correlate all’ipertensione arteriosa, quali infarto del miocardio e ictus cerebrale. L’introito di sale è stato, inoltre, associato anche ad altre malattie cronico-degenerative, quali tumori dell’apparato digerente, in particolare quelli dello stomaco, osteoporosi e malattie renali.

La settimana mondiale 2019, dedicata al tema Let’s take salt off the menu (togliamo il sale dai menù), mira anche quest’anno a promuovere l’azione degli Stati e a sensibilizzare l’opinione pubblica, ricordando gli effetti nocivi del consumo eccessivo di sale e incoraggiando la popolazione ad apportare modifiche alle abitudini alimentari e di acquisto”.

Le 5 azioni di WASH per ridurre il consumo di sale

L’ambizioso obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) – spiega la nota – è ridurre del 30% l’introito di sale entro il 2025, per questo WASH ricorda 5 azioni concrete per ridurre il consumo di sale a meno di 5 grammi al giorno, così come raccomandato dall’Oms:
– usa erbe, spezie, aglio e agrumi al posto del sale per aggiungere sapore al tuo cibo;
– scola e risciacqua verdure e legumi in scatola e mangia più frutta e verdura fresca;
– controlla le etichette prima di acquistare per aiutarti a scegliere prodotti alimentari meno salati;
– usa gradualmente meno sale nelle tue ricette preferite – le tue papille gustative si adatteranno;
– togli dalla tavola sale e salse salate in modo che i più giovani della famiglia non si abituino ad aggiungere il sale.


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Le giovani star di Youtube o Instagram promuovono spesso stili alimentari non salutari.

I giovani influencer sui social media promuovono cibo spazzatura, incoraggiando i bambini a mangiarli. La pubblicità per bambini è da tempo legata a un aumento del rischio di scelte alimentari non salutari da parte dei piccoli e della pressione sui genitori per l’acquisto di alimenti lavorati, pieni di zucchero e calorie. Alcuni studi indicano anche che i bambini possono essere facilmente influenzati a provare cibo spazzatura promosso da celebrità e personaggi dei cartoni animati.

Tuttavia, è meno chiaro come le loro abitudini alimentari siano influenzate dagli influencer sui social media. E questo è stato l’obiettivo di un gruppo di ricercatori britannici dell’Università di Liverpool, coordinati da Anna Coates.

Lo studio

Il team ha reclutato 176 bambini, di età compresa tra i 9 e gli 11 anni, e ha mostrato loro i profili Instagram di due dei video blogger di YouTube fra i più famosi nella loro fascia d’età.

I partecipanti sono stati assegnati a caso a visualizzare tre tipi di profili Instagram: marketing di cibi sani, promozioni di cibo spazzatura o sponsorizzazioni non legate ai cibi.

Dopo la visualizzazione dei profili, i ricercatori hanno servito quattro snack – caramelle gelatinose, cioccolatini, carote e uva – e hanno invitato i bambini a mangiarne quanti volevano per 10 minuti. Nessuno di questi snack corrispondeva a quelli visti su Instagram.In media, i soggetti che avevano visto promuovere cibo spazzatura hanno consumato 448 calorie, quelli che avevano assistito a pubblicità di cibi sani ne hanno consumate 389 e quelli non avevano visto alcuna pubblicità di cibi 357.

Sebbene tutti i partecipanti abbiamo mangiato molte più caramelle rispetto a carote o uva, quelli che avevano visto promozioni di cibo spazzatura hanno consumato più dolci degli altri: una media di 385 calorie rispetto alle 320 di quelli che avevano visto pubblicità di cibi sani e alle 292 di quelli che non avevano assistito a pubblicità di alimenti.

“I bambini guardano ai social media per ottenere modelli di un ruolo e hanno probabilità di imitare il comportamento di personaggi presenti sui media che seguono e ammirano”, ha dichiarato l’autrice principale dello studio, Anna Coates. “A differenza degli adulti, i bambini sono più impulsivi e meno motivati a resistere alle pubblicità di cibi perché non sono guidati da obiettivi di salute a lungo termine”.

Fonte: Pediatrics 2019


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