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Le persone che hanno utilizzato un solarium almeno una volta in qualsiasi fase della loro vita hanno un rischio di sviluppare il melanoma del 20% in più rispetto a quelli che non hanno mai utilizzato un lettino e il primo utilizzo di lettini prima dell’età di 35 anni aumenta il rischio di sviluppare il melanoma del 59%. Ecco le azioni per limitare l’uso di dispositivi artificiali di abbronzatura e per ridurre i rischi sanitari associati

Brutte notizie per chi, in vista dell’estate, non vuole arrivare in spiaggia color “mozzarella” e pensa di farsi una prima abbronzatura con lampade o lettini solari:  l’Oms rende noto che le ricerche dimostrano che le persone che hanno utilizzato un solarium almeno una volta in qualsiasi fase della loro vita hanno un rischio di sviluppare il melanoma del 20% in più rispetto a quelli che non hanno mai utilizzato un lettino e il primo utilizzo di lettini prima dell’età di 35 anni aumenta il rischio di sviluppare il melanoma del 59 per cento.

L’Oms sottolinea le azioni per limitare l’uso di dispositivi artificiali di abbronzatura per ridurre i rischi sanitari associati, come il melanoma e i tumori della pelle anche non melanoma.

Per più di tre decenni l’esposizione ai raggi ultravioletti (UVR) per scopi cosmetici ha aumentato l’incidenza di tumori della pelle che nel tempo hanno ridotto l’età della loro prima apparizione secondo un nuovo rapporto dell’Oms “Dispositivi per abbronzatura artificiale: interventi sanitari pubblici per gestire i lettini”.

È stato stimato che l’uso di questi strumenti sia responsabile di più di 450.000 casi di cancro della pelle “non melanoma” e più di 10.000 casi di melanoma ogni anno negli Stati Uniti, Europa e Australia. La maggior parte degli utenti sono donne, in particolare adolescenti e giovani adulti.

“Non c’è dubbio: i lettini sono pericolosi per la nostra salute”, dice Maria Neira, direttrice dell’Oms, Dipartimento della sanità pubblica, determinanti ambientali e sociali della salute. “I paesi – aggiunge – devono considerare se vietare o limitare il loro utilizzo e informare tutti gli utenti dei rischi per la salute”.

Nel 2009, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Oms ha classificato l’esposizione ai dispositivi abbronzanti UV come cancerogeno per l’uomo. Più di 40 autorità nazionali e provinciali in tutto il mondo hanno attuato immediatamente divieti o restrizioni sull’uso dei lettini. Tuttavia, è necessario ancora molto lavoro per limitarne l’uso. La nuova relazione dell’Oms delinea le politiche adottate da alcuni paesi per regolamentare la questione: lettini proibiti o limitati e comunque a utilizzo gestito. Le opzioni per limitare l’accesso ai lettini includono l’impostazione di un limite di età per il loro utilizzo, impedendolo a popolazioni con pelle sensibile, come quelle con lentiggini o che si ustionano facilmente, e vietare l’accesso non sorvegliato.

Il cancro della pelle è la forma più comune di cancro tra le popolazioni. La principale causa ambientale del cancro della pelle è proprio la radiazione ultravioletta (UVR). L’esposizione ai raggi UV è principalmente quella legata al  sole, ma negli ultimi tre decenni si è registrato un aumento dell’uso di fonti artificiali di UVR in forma di apparecchiature di abbronzatura, come lettini, cabine e lampade solari facciali. Questa esposizione deliberata a UVR per scopi cosmetici sta aumentando l’incidenza dei principali tipi di cancro della pelle e diminuisce l’età della sua prima apparizione.

Al di là delle restrizioni, alcune nazioni hanno gestito l’uso dei dispositivi solari mediante licenze specifiche agli stabilimenti abbronzanti, limitando le esposizioni al sole e con operatori addestrati e tasse sulle sedute abbronzanti. L’educazione del pubblico è considerata essenziale e si ottiene attraverso campagne di sensibilizzazione, avvisi e forme d’informazione.

In Italia sono stati introdotti controlli legislativi che richiedono agli operatori di vietarne l’uso da parte di persone con pelli sensibili e a rischio e donne in gravidanza.

Lettini, lampade solari, e cabine  di abbronzatura emettono livelli nocivi di UVR che hanno gli stessi effetti della luce del sole tropicale a mezzogiorno e aumentano il rischio di sviluppare il melanoma e il cancro della pelle “non melanoma”. I rischi aggiuntivi per la salute sono invecchiamento cutaneo precoce, infiammazione oculare e riduzione se non soppressione del sistema immunitario.

I sistemi abbronzanti artificiali  presentano un rischio specifico per il melanoma anche indipendentemente dal tipo di pelle e dall’esposizione solare. Il rischio di melanoma aumenta con l’età: prima avviene l’utilizzo dei solarium peggio è e altrettanto grave è il rischio per chi ne fa un utilizzo continuo nella sua la vita.


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Le regole per il Pane e il Vino della celebrazione eucaristica sono contenute in una Lettera circolare che la Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti ha rivolto ai Vescovi.

Le ostie gluten-free non possono essere utilizzate per la Messa. I fedeli celiaci possono comunicarsi assumendo ostie contenenti quantitativi di glutine idonei per i pazienti e riconosciuti dalla Santa Sede. È quanto ribadisce la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti in una “Lettera circolare ai Vescovi sul pane e il vino per l’Eucaristia” in cui si dice, senza mezzi termini, che “la Chiesa esige certezza rispetto alle condizioni necessarie per la validità dei sacramenti”.

La lettera, in realtà, non aggiunge nulla di nuovo rispetto a già quanto contenuto nella “Circolare ai Presidente delle Conferenze Episcopali circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica” nel Luglio 2003 e a sua volta anticipato dalle norme stabilite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1995. Si tratta, quindi, di un richiamo alle regole, anche quelle per dispensare la comunione alle persone che, “per diverse e gravi motivazioni, non possono assumere pane normalmente confezionato o vino normalmente fermentato”.

Si ribadisce quindi che “le ostie completamente prive di glutine sono materia invalida per l’Eucaristia. Sono materia valida le ostie parzialmente prive di glutine e tali che sia in esse presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane”.

Stabilito che le ostie, per essere conformi alle norme ecclesiastiche, devono contenere glutine, seppur in minimi quantitativi, l’Associazione Italiana Celiachia intende rassicurare i fedeli celiaci chiarendo che, tenuto in considerazione il quantitativo di particola assunta dal fedele, “sono considerate idonee al celiaco sia le ostie garantite ‘senza glutine’ (contenuto massimo di glutine di 20 mg/kg) sia le ostie ‘con contenuto di glutine molto basso’ (contenuto massimo di 100 mg/kg)”.

“La Congregazione per la Dottrina della Fede è intervenuta in modo altamente proficuo dando facoltà agli Ordinari di autorizzare l’uso di ostie con ridotta quantità di glutine per i fedeli celiaci e garantendo, di fatto già dal lontano 1995, la possibilità per i celiaci cattolici italiani di accostarsi al Sacramento dell’Eucaristia nella forma del pane e del vino, senza rischi per la propria salute” dichiara Giuseppe Di Fabio, Presidente dell’Associazione Italiana Celiachia.

Una garanzia importante, a cui l’Associazione ha inteso conferire ulteriore efficacia diffondendo una serie di indicazioni rivolte a quanti sono coinvolti nel ministero liturgico e riferite in particolare alle attenzioni necessarie a garantire l’idoneità delle particole nella loro conservazione e somministrazione ai fedeli.

Niente allarmismi quindi, almeno per quanto riguarda l’Italia. Ma le associazioni dei celiaci spiegano che “non è così per numerosi altri Paesi nei quali non è ancora possibile comunicarsi con ostie a basso contenuto di glutine, non pericolose per chi soffre di celiachia ma valide per la Celebrazione Eucaristica”. A questo proposito l’Associazione Italiana Celiachia ha recentemente inviato una lettera al Santo Padre su incarico dell’AOECS, la Federazione delle Associazioni Celiachia Europee. “Abbiamo indirizzato una lettera al Santo Padre a nome degli oltre 12 milioni di fedeli cattolici nel mondo la cui terapia prevede la rigorosa esclusione del glutine dalla dieta per tutta la vita – spiega il Presidente Di Fabio – attraverso la nostra istanza chiediamo che in ogni luogo della Terra sia possibile, per il fedele celiaco, accostarsi in sicurezza al Sacramento Eucaristico”.

Dall’Associazione arriva poi una seconda istanza rivolta al Santo Padre che riguarda la sfera sociale dei fedeli celiaci, con particolare attenzione ai minori. “La possibilità di accostarsi in tutta sicurezza al Sacramento dell’Eucarestia è ormai un punto fermo in Italia. Oggi chiediamo un’ulteriore segnale di attenzione da parte della Chiesa nei confronti dei fedeli affetti da una patologia che colpisce l’1% della popolazione mondiale attraverso la diffusione di linee guida per la Comunione che possano suggerire, per i momenti della Prima Comunione e della Cresima in cui siano presenti minori celiaci, che il Sacramento venga somministrato con ostie per celiaci a tutti i fedeli riuniti in Assemblea” conclude il Presidente Di Fabio che auspica “un nuovo, forte, segnale di normalizzazione per i bambini e i ragazzi celiaci che avrebbero l’opportunità di vivere i momenti fondamentali del loro percorso spirituale senza conseguenze emotive in seguito alla diversità di trattamento dovuta alla loro condizione”.


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Si celebra il 6 luglio la giornata mondiale del bacio (www.kissingday.com), uno dei gesti più semplici e al tempo stesso preziosi che esistano, che tra l’altro è un toccasana per la salute.

In primo luogo un bacio intimo rinforza il sistema immunitario. In 10 secondi può trasmettere 80 milioni di batteri, secondo gli esperti della Netherlands Organisation for Applied Scientific Research, ma tutto questo non fa male, anzi rinforza le nostre difese immunitarie. E se non dovesse essere un argomento convincente al punto giusto, ecco che l’esperta Andréa Demirjian nel suo libro” Kissing: Everything you ever wanted to know about one of life’s sweetest pleasures” elenca altre virtù del bacio: combatte dolori come quello mestruale e il mal di testa grazie al suo effetto vasodilatatore, abbassa la pressione, migliora l’umore mettendo in circolo ormoni “della felicità” e sostanze che fanno bene al cervello come al resto del corpo, quali serotonina, dopamina e ossitocina, e infine aumentando la salivazione aiuta a combattere la carie. Il bacio, poi, è un antistress naturale e dolcissimo, perché riduce i livelli di cortisolo, proprio considerato “l’ormone dello stress”. In più, baciare allena i muscoli facciali ed è quindi un antirughe: secondo uno studio inglese richiede il coordinamento di 146 muscoli, tra cui 34 facciali e 112 posturali. Di qualunque genere sia, anche amicale, migliora l’autostima e in una coppia fa da ‘termometro’ della relazione.

ANSA


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Due litri di acqua minerale al giorno, oppure tre tazze di latte. Ecco come assicurarsi l’apporto giornaliero di Calcio. L’acqua minerale offre il vantaggio di non fornire calorie. Un aspetto da tenere in considerazione nei soggetti obesi o sovrappeso. È quanto emerge da uno studio tedesco.

Garantirsi un adeguato apporto di Calcio? Semplice, come bere un bicchiere di acqua minerale, ricca di questo minerale, ma a calorie zero. È quanto emerge da uno studio condotto in Germania e pubblicato dal Journal American College Nutrition. “La caratteristica peculiare dell’acqua minerale è la sua ricchezza in Calcio, senza però avere le calorie che si trovano nel latte e nei suoi derivati – dice Theresa Greupner dell’Università Leibniz di Hannover, autrice principale dello studio –. In un mondo con un numero sempre crescente di persone obese o in sovrappeso, è importante ridurre l’assunzione calorica e promuovere alternative per soddisfare la richiesta di Calcio, al di là del latte e dei formaggi”.

Lo studio
Il lavoro dei ricercatori tedeschi  ha rilevato come il corpo riesca ad assorbire adeguatamente il Calcio da cinque diversi tipi di alimenti, ciascuno contenente 300 mg di Calcio: tre tipi di acqua minerale, il latte e un integratore di Calcio. Alla ricerca hanno partecipato 21 individui. Nessuna differenza è stata evidenziata su come il Calcio veniva assorbito dalle cinque diverse fonti.  La maggior parte delle acque minerali elenca gli elementi presenti sull’etichetta  e più elevata è la quantità di Calcio, migliore è l’acqua come fonte di questo minerale. Una persona avrebbe bisogno di bere due litri di acqua minerale da 500 mg/L al giorno, oppure più di tre tazze di latte per soddisfare il bisogno quotidiano di 1000 mg di Calcio.

Negli Stati Uniti per gli adulti si raccomandano 1.300 mg al giorno di Calcio. In Italia, da questo punto di vista, siamo fortunati. L’acqua minerale che sgorga dalle nostre sorgenti è molto ricca di Calcio. Maria Luisa Brandi, dell’Università di Firenze, ha condotto uno studio che ha dimostrato come il calcio contenuto nell’acqua venga assorbito dall’organismo come quello contenuto nel latte. “Si tratta di un concetto ben consolidato in medicina – sottolinea Maria Luisa Brandi– per cui raccomandiamo acqua ad elevato contenuto di Calcio per i pazienti affetti da osteoporosi”.

Fonte: Journal American College Nutrition


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Gli smartphone hanno cambiato il nostro modo di camminare. Quando li usiamo mentre siamo per strada, guardiamo meno cosa c’è per terra, perché troppo concentrati a fissare lo schermo, e siamo così portati a sollevare il piede “guida” più in alto e più lentamente, per scansare il rischio di ostacoli. Insomma, la nostra camminata alla fine risulta decisamente più “sbilenca”.

A evidenziarlo uno studio della Anglia Ruskin University, pubblicato su Plos One. Gli studiosi hanno analizzato 21 persone con tracciatori oculari e sensori di analisi del movimento, mettendole di fronte ad ostacoli che per altezza erano simili a dei cordoli stradali. Hanno esaminato 252 scenari separatamente che prevedevano, mentre si camminava, la lettura di messaggi di testo o altro.

Dai risultati è emerso che, quando si utilizzava il telefono, si tendeva a guardare per terra meno spesso e per meno tempo. Nello studio, la quantità relativa di tempo trascorso a guardare gli ostacoli risultava diminuita fino al 61%. Non solo: la ricerca ha evidenziato che quando si scriveva un messaggio, il piede “guida” era più alto del 18% e il 40% più lento.

«Usando il telefono, adattiamo il nostro stile di camminata in modo da poter affrontare gli ostacoli statici in modo sicuro. Ciò si traduce in un modo di procedere lento e con dei tratti molto pronunciati – spiega l’autore principale della ricerca, Matthew Timmis -. Gli incidenti sono probabilmente il risultato di oggetti che improvvisamente appaiono, ad esempio altri pedoni o veicoli. La Cina ha già iniziato a fare percorsi pedonali con corsie speciali per coloro che utilizzano i cellulari».

ANSA


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Una regolare attività fisica, come camminare o nuotare, potrebbe contribuire a ridurre il rischio di soffrire di mal di schiena cronico del 16%.

Per indagare su rapporto tra lombalgia cronica e attività fisica, Shiri e il collega Kobra Falah-Hassani hanno analizzato 36 studi che prendevano in considerazione, complessivamente, 160mila persone che non soffrivano di lombalgia cronica all’inizio dello studio. In particolare, i due ricercatori hanno preso in esame qualsiasi sforzo fisico non correlabile al lavoro, incluso camminare e fare le scale, oltre a sport o altre forme di esercizio fisico. Le persone erano considerate “attive” se facevano queste attività almeno una o due volte a settimana, per almeno 30-60 minuti.

Shiri e Falah-Hassani hanno così scoperto che i pazienti moderatamente o intensamente attivi avevano una riduzione, rispettivamente del 14 e del 16%, del rischio di soffrire di mal di schiena cronico, rispetto alla categoria di pazienti meno attiva. L’esercizio fisico, invece, non avrebbe effetto sul dolore acuto o occasionale. E’ stato definito cronico il dolore che era durato più di 30 giorni nei 12 mesi precedenti lo studio.

I commenti
Secondo gli stessi autori, i limiti di questo studio risiederebbero nel fatto che alcune ricerche prese in considerazione non avrebbero tenuto conto dei fattori che possono aver influenzato i risultati, come l’esercizio fisico legato all’attività lavorativa, la depressione o la dipendenza dal fumo, che normalmente rendono inattive le persone. Inoltre sarebbero stati considerati pochi anziani, e questo non permette di affermare che l’esercizio fisico è d’aiuto a qualsiasi età. Le persone anziane, infatti, hanno una maggiore probabilità di essere inattive a causa del mal di schiena, come sottolineato dagli stessi autori. “Le persone stanno diventando sempre più consapevoli della necessità di fare attività fisica” dice Joel Press, fisiatra presso l’Hospital for Special Surgery di New York, che consiglia sempre a chi soffre di mal di schiena di fare una leggera attività fisica, come camminare. “Anche il nuoto è un’attività a basso impatto sulla schiena”, aggiunge l’esperto, mentre potrebbe essere meglio evitare di iniziare con gli sport che richiedono torsioni, come il golf, il baseball e il tennis.

Fonte: British Medical Journal of Sports Medicine


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Vivere in città aumenta il rischio di diabete, e in Italia il 52% delle persone con questa malattia risiede nei primi 100 centri urbani.

Lo affermano i dati presentati all’evento promosso a Roma da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation e da Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, per celebrare la decima edizione dell’Italian Barometer Diabetes & Obesity Forum.

Una persona su tre con diabete, hanno spiegato gli esperti, risiede nelle 14 città metropolitane italiane, e a Roma è diabetico il 6,5% della popolazione, contro il 5,4% della media nazionale. «Con ‘diabete urbano’ si vuole definire la malattia diabetica che riguarda le persone che vivono nelle aree urbanizzate – spiega Andrea Lenzi, Presidente di Health City Institute – ambiente che, come è ben dimostrato, influenza il modo in cui le persone vivono, mangiano, si muovono, tutti fattori che hanno un impatto sul rischio di sviluppare il diabete».

Il 70% dei diabetici italiani, è emerso durante l’evento, ha più 60 anni. La malattia è la causa di morte unica o in concorso con altre patologie per 100mila persone l’anno, con le regioni del Sud che però hanno i valori maggiori di prevalenza e mortalità.

ANSA


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Salgono a 3.232 i casi di morbillo registrati in Italia dall’inizio 2017. Di questi, 192 hanno riguardato neonati sotto l’anno di vita e due hanno portato alla morte. Relativamente al solo mese di giugno, i casi notificati sono stati 184, erano stati 85 nello stesso mese del 2016.

E’ quanto emerge dal 14/mo bollettino settimanale (aggiornato al 25 giugno) a cura di Ministero della Salute e Istituto superiore della sanità (ISS), nato per monitorare l’epidemia in corso nel nostro Paese. Si tratta, non di tutti i casi verificatisi, bensì solo di quelli arrivati a conoscenza delle autorità.

Nei primi sei mesi del 2017, sono stati 246 i casi tra gli operatori sanitari, cioè una categoria particolarmente a rischio di contagiare persone che presentano un sistema immunitario indebolito.

Quasi tutte le Regioni (18 su 21) hanno segnalato casi, ma il 90% proviene da 7: Piemonte, Lazio, Lombardia, Toscana, Abruzzo, Veneto e Sicilia. L’età media è di 27 anni, l’89% non era stato vaccinato, il 7% aveva ricevuto una sola dose, il 35% ha avuto almeno una complicanza, il 40% è stato ricoverato, il 16% si è recato in pronto soccorso. Le complicanze più di frequenti sono state diarrea, stomatite, congiuntivite, polmonite, epatite e insufficienza respiratoria.

ANSA


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Il 77% dei giovani tra 14 e 19 anni cerca notizie sul web riguardo alla salute, con la forma fisica e l’alimentazione in cima alla lista degli argomenti preferiti.

Lo afferma la ricerca “Diagno//click” dell’associazione Family Smile, presentata oggi alla Camera. L’indagine ha coinvolto 1.713 adolescenti delle scuole superiori in 10 regioni, che hanno risposto a un questionario di 12 domande. Il 27% sia dei maschi che delle femmine ha cercato come prima cosa informazioni sulla forma fisica. Per le adolescenti al secondo posto c’è l’alimentazione (l’argomento più frequente nel 26% dei casi), poi farmaci (11%) e sessualità (10%). L’alimentazione è al secondo posto anche per gli adolescenti maschi (17%), seguono sessualità (14%) e alcool (12%). «Il concetto stesso di salute è diverso da quello che hanno gli adulti – ha affermato Andrea Catizone, presidente dell’associazione Family Smile -. Se per l’accezione comune e le stesse istituzioni è ‘assenza di malattia’, per loro è invece ‘avere un corpo scolpito’». Solo il 45% degli intervistati si confronta con le istituzioni sui risultati delle ricerche in rete.

«L’adolescenza è una fase di transizione, in cui ai ragazzi serve una rete di protezione – ha commentato Filomena Albano, garante per l’infanzia e l’adolescenza -. Anche nei trattati internazionali si parla di salute come diritto anche a uno stile di vita buono, perché il termine salute non è assenza di malattia, ma costruzione del benessere dell’individuo, che deve accompagnare la vita fin dall’infanzia».

La ricerca ha confermato lo scarso interesse per le malattie sessualmente trasmissibili da parte dei giovani, con appena il 10% del campione che ha messo questo tema tra le ricerche prioritarie.

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Assumere molti farmaci, cosa piuttosto comune tra le persone anziane, può essere legato a diversi problemi di salute ma anche a una maggiore difficoltà nel camminare.

A puntare il dito contro la ‘politerapia’, ovvero l’assunzione di cinque o più farmaci diversi, è uno studio apparso sul Journal of American Geriatrics Society. I ricercatori hanno esaminato i dati di 482 persone di 65 anni o più per determinare quali cambiamenti nel sistema nervoso centrale si verifichino durante l’invecchiamento e come influenzino la capacità di camminare. Il 34% dei partecipanti assumeva cinque o più farmaci; il 10% più di otto.

I partecipanti, oltre a dover riferire tutti i farmaci che stavano prendendo, compresi gli integratori, sono stati esaminati dettagliatamente circa la loro salute fisica e mentale, all’inizio dello studio e durante il follow-up, dal 2011 al 2016. Ne è stata anche valutata la velocità di percorrenza di un tragitto di 20 metri, a piedi, al ritmo normale di camminata. Le persone in politerapia avevano maggiori probabilità di avere alta pressione, insufficienza cardiaca, diabete, sovrappeso e attacchi cardiaci. Inoltre avevano una velocità di camminata più bassa.

«La politerapia – spiega Nicola Ferrara, presidente Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (Sigg) – è un problema rilevante perché aumenta il rischio di interazioni tra farmaci, di assunzioni non corrette ed effetti collaterali». Inoltre, è sottovalutato perché «erroneamente, spesso si ritiene che lassativi, integratori e farmaci da banco non siano ‘veri farmaci’ e quindi si omette di riferire al medico della loro assunzione».

Cosa fare dunque? «Ridurre la terapia ai soli farmaci indispensabili, prescriverli in modo chiaro ed educare il paziente e i familiari a riconoscere per tempo gli effetti collaterali».

ANSA


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