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Passeggiare con il proprio cane, oltre a far bene all’umore, mantiene in buona forma fisica, soddisfacendo gli obiettivi quotidiani di attività fisica raccomandati per l’età avanzata. È quanto emerge da uno studio britannico.

Daniel Simon Mills, professore di medicina veterinaria comportamentale presso l’Università di Lincoln in Inghilterra, e colleghi hanno abbinato 43 soggetti anziani adulti con cani ad altri 43 senza cani e hanno misurati i tempi che tutti trascorrevano camminando a piedi. Hanno così evidenziato che i proprietari di cani hanno camminavano in media 23 minuti in più al giorno;  una differenza sufficiente per soddisfare le raccomandazioni degli Stati Uniti – e più in generale quelle internazionali – sull’attività fisica. I partecipanti allo studio avevano un’età compresa tra 65  e 81 anni.

Per il trial sono stati dotati di dispositivi contapassi che misuravano i loro movimenti per tre volte alla settimana nel corso di un anno. I proprietari di cani e le controparti sono stati abbinati sulla base di sesso, altezza, peso, condizioni di salute e capacità di camminare. Tutti erano britannici, e quasi due terzi erano donne. Il partecipante medio era anche leggermente in sovrappeso.

In particolare, è emerso che in media i proprietari di cani camminavano per 21 minuti in più rispetto a quelli senza cani: in tutto, 147 minuti in più alla settimana per i proprietari di cani, appena 3 in meno rispetto ai 150 minuti di attività fisica settimanale moderata/vigorosa raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. I centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) raccomandano che gli adulti facciano almeno 150 minuti alla settimana di esercizio a moderata intensità o 75 minuti di attività aerobica intensiva a settimana.


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Maschio e con un’età media tra i 36 e i 45 anni: è questo l’identikit del donatore italiano. Le donazioni di sangue in Italia, nel 2016, hanno superato i 3 milioni e sono bastate a garantire l’autosufficienza del sistema, ma i nuovi donatori non raggiungono nemmeno il 20% del totale.

Una donazione di sangue ogni 10 secondi: è il ritmo con cui gli italiani hanno contribuito alla raccolta, che ha permesso di fornire a quasi 660 mila persone le trasfusioni salvavita di cui avevano bisogno. Donazioni che hanno garantito anche a pazienti affetti da diverse malattie i farmaci plasma derivati. I numeri del sistema italiano sono stati forniti dal Centro Nazionale Sangue, Cns, in occasione del “World Blood Donor Day”, che l’Oms celebra il 14 giugno. In Italia le associazioni dei donatori hanno festeggiato con un evento nella sede del Ministero della Salute alla presenza del ministro.

Oltre 3 milioni di donazioni nel 2016, ma i donatori invecchiano
Lo scorso anno le donazioni hanno superato quota 3 milioni, più precisamente sono state 3.036.634. I donatori, invece, sono stati un milione e 688 mila, 40 mila in meno rispetto al 2015. La cifra è anche la più bassa registrata dal 2011. Nel dettaglio, i donatori abituali sono stati 1.370.556, l’81,2% del totale, mentre quelli nuovi sono stati 317.071, il restante 18,8%.

L’identikit del donatore
I donatori sono più maschi: 70% degli uomini contro il 30% delle donne. Le età sono variegate: circa il 27% ha tra i 36 e i 45 anni, il 28% ha 46-55 anni, il 13% ha tra i 18 ei 25 anni e il 18% tra 26 e 35 anni. L’andamento degli ultimi anni vede un progressivo invecchiamento dei donatori, con un calo nelle fasce più giovani e un aumento in quelle più in là con l’età. Il Friuli Venezia Giulia è la regione con più donatori ogni mille abitanti, mentre la Calabria è quella che ne ha meno.

Nel 2016 trasfusioni in aumento del 3,7%
Sono stati quasi 660 mila, per la precisione 659.486,i pazienti che, nel 2016, hanno subito una trasfusione. Questi numeri dimostrano un aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente, pari a 10,9 persone ogni mille abitanti. In totale sono state trasfuse quasi 3 milioni di unità di emocomponenti, oltre 8mila al giorno, mentre più di 800 mila chili di plasma sono stati inviati alle aziende per il frazionamento.

“In generale – ha sottolineato Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Cns – gli obiettivi di autosufficienza nazionale per il 2016 sono stati mantenuti per quanto riguarda il sangue, grazie al meccanismo di compensazione che prevede che regioni che raccolgono più sangue del fabbisogno lo cedano a chi è in crisi”.

I contributi Regione per Regione
In testa per la maggiore quantità di sangue raccolto c’è il Piemonte con il 32%. Segue il Veneto con il 16%, poi il Friuli-Venezia Giulia con 13% punti percentuali, uno in meno per la Lombardia. La Provincia autonoma di Trento si attesta all’8%, l’Emilia-Romagna al 4%. Campania, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano hanno contribuito, ognuna, per circa il 2% del totale.

“Il sistema è sostanzialmente in equilibrio, ma in alcune regioni periodicamente è necessario ricorrere alla compensazione – ha aggiuntoa Liumbruno -. La Sardegna ad esempio ha un’ottima raccolta, ma non è autosufficiente perché ha molti pazienti talassemici, che necessitano di molto sangue per le terapie. E’ importante che tutte le Regioni cerchino di contribuire il più possibile al sistema di compensazione nazionale e che incrementino la raccolta Per questo si fa appello alla sensibilità delle Regioni affinché consentano alle strutture trasfusionali una maggiore flessibilità nei giorni e negli orari di apertura in modo da venire maggiormente incontro alle esigenze dei donatori”.

I progetti del Cns
In occasione dell’evento al Ministero della Salute il Cns ha presentato due iniziative. Collegandosi al link cns.sanita.it/geoblood è disponibile la prima mappa italiana di tutti i punti dove donare, con la possibilità di fare una ricerca basata sulla propria posizione per scoprire il luogo più vicino. Per incrementare le donazioni di plasma partirà inoltre l’iniziativa “Plasma Italia”, con una landing page disponibile sul sito www.centrosangue.it per spiegare l’importanza e le modalità di questo tipo di donazione.


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La triathleta tedesca, rimasta vittima di un incidente in bicicletta al Passo delle Forche, nel forlivese, il 15 maggio e deceduta il 22 maggio scorso aveva dato disposizioni per la donazione come Nicky Haiden, anche lui morto a in Italia a seguito di un incidente in bicicletta. Nanni Costa: “Julia aveva espresso il suo Sì alla donazione, dimostrando un grande rispetto per la vita stessa”

Un altro campione dello sport protagonista di una scelta di donazione. Dopo Nicky Haiden, il campione di motociclismo americano deceduto nei giorni scorsi, confermata la scelta di donare gli organi anche per la triathleta tedesca Julia Viellehner morta all’ospedale Bufalini di Cesena il 22 maggio scorso, a seguito dei traumi riportati in un incidente mentre si stava allenando in bicicletta.

La notizia del sì all’espianto degli organi dell’atleta tedesca l’ha data la Direzione dell’Azienda Usl della Romagna che ha ringraziato la famiglia, “che ha voluto dare corso alla volontà manifestata in vita da Julia, acconsentendo alla donazione di organi e tessuti prelevati a scopo di trapianto terapeutico”.

“È difficile descrivere cosa si prova nel sapere che, a distanza di pochi giorni, sono morti due campioni, due giovani vite, e che grazie a loro tante altre persone stanno ricevendo il dono di una nuova vita. È come assistere con stupore alla rinascita di una vita appena spenta.”

Così il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa, che aveva già commentato con riconoscenza la scelta di Nicky Haiden.

“Sono umanamente molto vicino alla famiglia di Julia e sono grato loro per la scelta di rispettare la volontà di donare gli organi che regalerà una speranza di vita a tante persone in attesa di un trapianto. Julia aveva espresso il suo Sì alla donazione, dimostrando un grande rispetto per la vita stessa.”

“Gesti come questo ci aiutano a capire l’importanza delle nostre scelte, come queste possano essere un esempio e una speranza per tante persone. Sono sicuro che in occasione dei festeggiamenti della Giornata Nazionale su donazione e trapianto del prossimo 28 maggio, saranno in tanti a dedicare un pensiero e un grazie a Julia e alla sua famiglia.”


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Non ha mai potuto mangiare a causa di una malformazione. Operato al Policlinico di Milano, grazie anche al contributo di Cieli Azzurri Onlus e di una donazione privata, ora a 18 mesi ha potuto assaggiare per bocca la sua prima pappa.

Ha 18 mesi di vita, e da quando è nato non ha mai mangiato. E’ nato con una malformazione dell’esofago e della trachea che gli ha sempre impedito di deglutire: non ha mai potuto essere allattato, non ha potuto bere, nemmeno provare le prime pappe durante lo svezzamento. È cresciuto unicamente grazie a un sondino che gli portava il latte direttamente nello stomaco. Per l’ospedale che lo ha seguito, in Moldavia (il suo paese natale), questa condizione era una condanna: per i medici non c’era nulla da fare, avrebbe mangiato così per tutta la vita, e sarebbe sempre stato esposto a pericolose infezioni. Invece il bimbo oggi sta bene: la sua vita ha avuto una completa svolta, grazie ai chirurghi pediatrici della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano.

I genitori, infatti, non si sono rassegnati alla prima diagnosi, e hanno cercato sul web una possibile soluzione, anche all’estero. È così che sono venuti a conoscenza degli interventi di Ernesto Leva, direttore della Chirurgia Pediatrica del Policlinico di Milano, e hanno provato a contattarlo per chiedergli aiuto. Purtroppo c’è di mezzo la burocrazia: l’intervento è costoso, ci vogliono almeno 15mila euro; e la Moldavia non fa parte dell’Unione Europea, quindi gestire il rimborso sanitario è complicato. La soluzione arriva però in fretta, dal volontariato e dal contributo di un benefattore. L’associazione Cieli Azzurri Onlus, di cui lo stesso Leva fa parte e che ha progetti dedicati come ‘Bambini senza frontiere’, si rimbocca le maniche e si mette a caccia di fondi per operare il bambino; e i fondi arrivano subito, grazie alla famiglia di Tommaso Rocca che con una donazione personale permette di coprire tutte le spese.

“La chirurgia necessaria per questo bambino – spiega Leva – prevedeva un intervento molto complesso che in Moldavia non poteva venir eseguito per mancanza di strutture in grado di effettuarlo. In queste condizioni il piccolo sarebbe stato costantemente in pericolo di vita per rischio di infezioni ai polmoni”. L’Unità operativa di Chirurgia Pediatrica del Policlinico di Milano, al contrario, è uno dei Centri di riferimento nazionale ed europeo per casi così complessi, “data l’esperienza dei chirurghi che collaborano con anestesisti, otorinolaringoiatri, pediatri, neonatologi ed infermieri di eccellente livello clinico-assistenziale. Interventi di questo tipo – racconta – vengono realizzati da un team multidisciplinare in grado di gestire situazioni estremamente complesse, che ci rendono il vero ‘Policlinico Pediatrico di Milano’ nonché uno dei più importanti ospedali italiani in termini di ricerca clinica e cure per il bambino e per l’adulto”.

Il bimbo grazie ai fondi raccolti, arriva in Italia ad aprile e il 26 dello stesso mese viene operato al Policlinico. “La piena sinergia tra chirurghi pediatri ed anestesisti, che hanno gestito con tecnica mininvasiva un caso così complesso, e il personale infermieristico – aggiunge Leva – ha consentito che tutto andasse bene. Nei giorni scorsi il piccolo è stato dimesso in ottime condizioni generali e ha iniziato, per la prima volta nella sua vita, a mangiare e bere latte per bocca”.

“Questo caso è solo uno dei tanti che danno prova delle straordinarie capacità a cui ci hanno abituato i nostri professionisti – dice Simona Giroldi, direttore generale del Policlinico di Milano – e ancora una volta si conferma la grande sinergia tra l’ospedale, la beneficenza e il volontariato, che da sei secoli porta avanti la missione del Policlinico del prendersi cura di tutti, mettendo a disposizione le migliori conoscenze disponibili, valorizzando sempre il lato sociale ed umano e superando tutti i possibili ostacoli”.

Oggi il bimbo moldavo può vivere una vita uguale a quella di tutti i bambini, e a ricordo di questa esperienza avrà solo delle piccole cicatrici sul torace, unica traccia del delicato intervento.


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L’assessore regionale spiega che al momento vi sono scorte per le vaccinazioni routinarie e non si ravvisano problemi di approvvigionamento. Attivo dal 2015 un accordo con i pediatri di famiglia per vaccinare nei loro studi.

“In Toscana siamo pronti per vaccinare tutti i bambini e rispondere alle richieste di chi intende mettersi in regola con il calendario vaccinale. Al momento abbiamo tutte le scorte per fare le vaccinazioni routinarie e non si ravvisano problemi di approvvigionamento. Inoltre nella nostra regione i pediatri sono coinvolti e collaborano fattivamente nelle vaccinazioni dei bambini. Questo ci consentirà di raggiungere in tempi che ci auguriamo brevi un’inversione di tendenza delle coperture vaccinali, che per quasi tutte le vaccinazioni hanno registrato in questi ultimi anni un calo di qualche punto percentuale. Rinnovo quindi l’invito che già altre volte ho rivolto ai genitori a far vaccinare i propri figli”. Lo ha affermato l’assessore regionale al diritto alla salute Stefania Saccardi in una nota che fa il punto sulla situazione delle vaccinazioni in Toscana, alla luce delle novità introdotte dal decreto ministeriale sull’obbligo vaccinale.

Attualmente, ha spiegato l’assessore, in Toscana non ci sono problemi di approvvigionamento dei vaccini e ci sono scorte sufficienti. La Regione ha comunque avviato “una ricognizione tra le aziende sanitarie per organizzarsi di conseguenza e acquistare le quantità necessarie”. E anche il Ministero della Salute si sta attivando per garantire l’approvvigionamento necessario a tutte le regioni.

Quanto al coinvolgimento dei pediatri di famiglia, l’accordo siglato con la Regione risale all’aprile 2015. L’obiettivo, già allora, era anche quello di favorire l’adesione da parte delle famiglie ai programmi vaccinali. I pediatri di famiglia in Toscana sono 430. L’adesione all’accordo è su base volontaria.

Dall’ultimo monitoraggio 2017 effettuato dagli uffici dell’assessorato sulle adesioni all’accordo da parte dei pediatri, risultano i seguenti dati:
– il 46% dei pediatri ha aderito in toto;
– il 36% ha dato un’adesione parziale (l’accordo, infatti, prevede la possibilità di somministrare anche solo alcuni tipi di vaccino)
– il 18% non ha aderito.
Il 50% circa dei pediatri di famiglie esegue tutte le vaccinazioni previste nel primo anno di età.

Negli ultimi anni le vaccinazioni sono calate anche in Toscana, e nessuna vaccinazione raggiunge il livello del 95%, che garantisce l’immunità di gregge. Negli ultimi dieci anni, tutte le vaccinazioni hanno avuto cali percentuali di qualche punto. E “in concomitanza con il calo delle vaccinazioni – evidenzia la Regione -, in Toscana come nelle altre regioni, sono ricomparse malattie che invece stavano scomparendo”.


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Allattare al seno per lungo tempo protegge la donna da malattie metaboliche come colesterolo alto, trigliceridi, diabete e da pressione alta.

Lo rivela una ricerca pubblicata sul Journal of Women’s Health. Lo studio ha coinvolto oltre 4700 donne di 19-50 anni ed è stato condotto da Se Rin Choi della Hallym University, College of Medicine (Seul).

Le donne sono state intervistate per sapere se avessero allattato al seno e quanto a lungo nella loro vita. Inoltre sono state sottoposte ad approfonditi check up per valutarne lo stato di salute.

Ebbene è emerso che coloro che avevano allattato almeno 12 mesi presentano una salute metabolica migliore (bassi livelli di colesterolo e trigliceridi, buon controllo glicemico, buoni valori di pressione del sangue).

Questo studio fornisce dunque un motivo in più per scegliere l’allattamento al seno, concludono gli autori, che fa bene sia al bebè sia alla mamma.

ANSA


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Non importa quale sia la malattia, l’esercizio fisico può aiutare.

Mantenersi attivi si è rivelato efficace in 22 patologie croniche, che vanno dal diabete 2 all’Alzheimer, dall’osteoartrite fino ad alcune forme di tumore, migliorando equilibrio, forza fisica e capacità di svolgere le attività di tutti i giorni.

A evidenziarlo sono i risultati di un’ampia revisione di ricerche condotta dall’Università di Jyväskylä, in Finlandia, pubblicata sul British Journal of Sports Medicine. Gli studiosi hanno revisionato 85 studi, che coinvolgevano 22 differenti malattie croniche, escludendo quelli in cui il numero di partecipanti era inferiore a 100. Sono stati messi a confronto gli effetti dell’esercizio fisico con nessuna attività o l’erogazione di cure standard.

I risultati hanno permesso di evidenziare che l’esercizio aveva un effetto significativamente positivo sull’86 per cento degli indicatori di performance fisica e funzionale che in totale erano 146, inclusi quelli di valutazione della camminata, della forza corporea, dell’equilibrio e della capacità di portare a termine le attività quotidiane. L’esercizio aerobico o quello per migliorare la resistenza, oppure ancora una combinazione tra i due, offrivano risultati simili. Per circa il 20% degli indicatori, gli effetti osservati erano più ampi, nei restanti è stato osservato un effetto moderato.

ANSA


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La decisione comunicata rispettando la volontà dell’ex campione del mondo di motociclismo deceduto a seguito del trauma subito dopo l’incidente in bicicletta di Misano Adriatica. Nanni Costa (Cnt): “Grazie a Nicky Haiden. Lo ricorderemo in occasione della giornata nazionale della donazione”.

Rispettando la volontà dello stesso pilota, i familiari di Nicky Hayden hanno acconsentito all’espianto degli organi per la donazione. Una volta restituita la salma partiranno per gli Stati Uniti.

“Grazie a Nicky Hayden per aver scelto di donare i propri organi. Il “sì” alla donazione, espresso in vita dal campione ci consente di trasformare un momento di gradissimo dolore, quale la fine di una vita, in una occasione di speranza per altre persone. In questi ultimi giorni, si è parlato molto delle sue qualità di sportivo, ma questa scelta ci parla delle sue qualità umane e completa il ritratto di un giovane uomo davvero straordinario. Domenica prossima si celebra la giornata nazionale della donazione, ricorderemo Hayden insieme a tutti i donatori e alle loro famiglie che con il loro “sì” ci consentono di curare i pazienti in attesa”.

Così il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa dopo aver appreso la decisione dei familiari del pilota statunitense.


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Nel pomeriggio, dalle ore 16,00 alle ore 20,00, sarà presente un’esperta estetista che, oltre a truccare gratuitamente, potrà suggerire tecniche e segreti per un make-up strepitoso.

Nell’occasione, sarà riservato un particolare sconto sull’acquisto dei prodotti per il trucco delle Linee La Roche Posay, Vichy, EuPhidra (non cumulabile con altre promozioni in corso).

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