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Sono tanti i rischi ai quali ci si può esporre in caso di mancato rispetto di cautele e norme igieniche elementari: allergie, infezioni batteriche sulla pelle e virus dell’epatite B e C. Dagli esperti del Obg, raccomandazioni e consigli utili su come evitare i rischi, comportamenti da attuare e anche sulle tecniche più efficaci per eliminarli.

Infezioni batteriche sulla pelle che possono anche entrare nel sangue e coinvolgere il cuore. Virus dell’epatite B e C e, in misura minore, anche il virus dell’Aids. Allergie e formazione di cicatrici o di cheloidi.

Sono questi i rischi che si possono nascondere dietro tatuaggi e piercing se non si rispettano cautele e norme igieniche elementari. Possibili rischi che giovani e adolescenti, ma non solo, non devono ignorare. Per questo gli esperti del Bambino Gesù in uno speciale di “A scuola di salute” (consultabile sul sito on line dell’ospedale) hanno voluto fornire informazioni e raccomandazioni a genitori e insegnanti che possono trovarsi nelle condizioni di non saper dare le giuste risposte a questa moda che ormai coinvolge circa il 30% dei giovani europei.

I possibili rischi.
Dietro tatuaggi e piercing, rilevano gli esperti, si possono trasmettere infatti infezioni batteriche sulla pelle, che a volte possono entrare nel sangue e coinvolgere perfino il cuore. Si possono trasmettere anche i virus dell’epatite B e C e, in misura minore, anche il virus dell’Aids. Anche gli inchiostri utilizzati per il tatuaggio e i metalli per il piercing possono rappresentare un problema. Per esempio l’henné nero, ottenuto attraverso un composto molto pericoloso come la parafenilendiamina (Ppd), può provocare allergie temibili.

Il piercing inoltre, sottolineano gli esperti, può causare, oltre alle infezioni acute, anche infiammazione cronica che può favorire infezioni ricorrenti. La formazione di cicatrici o di cheloidi (lesioni cicatrizali, di dimensioni abnormi e sfiguranti) è un rischio concreto sia del tatuaggio che del piercing.
Pensiamo che, come emerso da una ricerca condotta dall’Università di Tor Vergata su 2.500 studenti liceali coinvolti con questionario anonimo, il 24% di essi ha avuto complicanze infettive; solo il 17% ha firmato un consenso informato; e uno scarno 54% è sicuro della sterilità degli strumenti che sono stati utilizzati.

Come ridurre i rischi?
Dagli esperti arrivano alcune indicazioni. In primis suggeriscono di controllare l’ambiente dove vengono fatti tatuaggi e piercing: “L’ambiente deve avere le stesse caratteristiche igieniche dello studio del dentista – sottolineano gli esperti – il professionista lavarsi accuratamente le mani e indossare un paio di guanti sterili (aperti di fronte a voi!). Aghi e tubi devono essere usa e getta oppure sterilizzati in autoclave, quindi in confezione sigillata, aperta di fronte a voi. L’inchiostro poi deve essere nuovo (non riutilizzato rimboccando la bottiglia)”. E se qualcosa non va o non convince “meglio salutare e cercare un professionista serio: ce ne sono molti”.

Cosa non fare dopo un tatuaggio.
A tatuaggio completato, ricordano gli esperti, è necessario evitare il nuoto e i bagni con acqua calda o comunque prolungati per almeno qualche settimana. Per quanto riguarda il il piercing invece è necessario curare con grande attenzione la ferita fino a cicatrizzazione completa. Durante questo periodo di alcune settimane vanno praticati lavaggi e disinfezioni almeno tre volte al giorno. Piercing e tatuaggi , ricorda poi  l’Obg sono particolarmente pericolosi, quindi controindicati, nei portatori di vizi valvolari cardiaci, negli affetti da immuno-deficit o patologie croniche, a chi assume farmaci antiaggreganti come l’aspirina, immunosoppressori o anticoagulanti, nei ragazzi con cheloidi e nelle donne in gravidanza

Come eliminarli.
La tecnica che dà oggi i risultati migliori, nelle mani di un dermatologo esperto, è il laser che tuttavia può non essere in grado di rimuovere tutto il tatuaggio e può causare la formazione di croste che talvolta esitano in cicatrici permanenti (oltre ad essere molto costoso).
Altre tecniche come la dermoabrasione, l’asportazione chirurgica, talvolta con autotrapianto di pelle, la criochirurgia possono venir prese in considerazione da un dermatologo esperto ma spesso danno risultati meno soddisfacenti della tecnica laser e causano problemi estetici analoghi.


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27 GEN – Il Ministero della salute del Brasile ha notificato all’Organizzazione Panamericana della Salute la presenza di 23 casi sospetti di febbre gialla, inclusi 14 decessi, nello stato di Minas Gerais ed il 19 gennaio si è avuta la conferma di laboratorio.

Alla data del 23 gennaio 2017 la situazione epidemiologica è la seguente: stato di Minas Gerais, 391 casi di cui 83 con esito fatale, in 39 municipalità. Stato di Espírito Santo: 19 casi di cui 1 con esito fatale in 12 municipalità. Stato di São Paulo: 3 casi, tutti con esito fatale, in 3 municipalità. Stato di Bahia: 6 casi sospetti in 3 municipalità.

Nei distretti colpiti sono state inoltre ritrovate numerose scimmie morte. Generalmente l’osservazione di un’elevata mortalità fra le scimmie è considerata un evento sentinella per la trasmissione all’uomo, utilizzato per definire le aree prioritarie in cui applicare le misure di prevenzione e controllo della malattia.

Il virus della febbre gialla è trasmesso alle persone tramite la puntura di zanzare, principalmente Aedes aegypti, che in Brasile è maggiormente attiva proprio in questo periodo, nei mesi da dicembre a luglio. Considerando che i festeggiamenti per il carnevale inizieranno il prossimo 24 febbraio, si raccomanda ai viaggiatori che intendono recarsi in Brasile di vaccinarsi contro la febbre gialla.

Attualmente, in Brasile, la vaccinazione contro la febbre gialla è raccomandata ai viaggiatori che intendono recarsi a: Acre, Amapá, Amazonas, Distrito Federal (incluso la capitale Brasília), Goiás, Maranhão, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Minas Gerais, Pará, Rondônia, Roraima e Tocantins, e in aree specifiche dei seguenti stati: Bahia, Paraná, Piauí, Rio Grande do Sul, Santa Catarina e São Paulo.

Il vaccino può essere somministrato alle persone di età superiore a 9 mesi e conferisce una protezione valida per tutta la vita. Si raccomanda di consultare un medico se si è affetti da malattie auto-immuni, in caso di immunodeficienze o di altre condizioni debilitanti, fra cui un’età molto avanzata.

Si raccomanda infine di applicare le misure di protezione personale per evitare le punture di zanzara: usare repellenti cutanei rispettando le indicazioni riportate sulle confezioni; indossare abiti che coprano la maggior parte del corpo: soggiornare in stanze con zanzariere o schermi alle porte e alle finestre, oppure in stanze con aria condizionata, oppure dormire in letti provvisti di zanzariera.


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Una nuova sperimentazione potrebbe radicalmente cambiare il modo di curare l’artrosi del ginocchio. I pazienti potrebbero dire addio alle protesi e guarire grazie all’iniezione locale di cellule staminali. La sperimentazione rientra nell’ambito del progetto europeo Adipoa, finanziato con 6 milioni di euro. Il Rizzoli cerca pazienti affetti da questa patologia disposti a testare la nuova cura. I dettagli dell’iniziativa e i requisiti per partecipare.

Una semplice iniezione potrebbe sostituire l’intervento chirurgico, ridurre l’infiammazione e il dolore. Sarebbe questa la nuova frontiera per la cura dell’artrosi del ginocchio. Il condizionale è d’obbligo perché si tratta di un progetto sperimentale. Si chiama Adipoa-2 ed ha l’obiettivo di verificare se questo trattamento sperimentale risulta effettivamente efficace per i pazienti colpiti da osteoartrite al ginocchio, più comunemente chiamata artrosi. Questa è una malattia degenerativa della cartilagine che, ad oggi, ha come unica soluzione a lungo termine la protesi.

Il progetto europeo
“Le prospettive che questa strada apre alla Medicina Rigenerativa nell’ambito delle patologie dell’apparto muscolo-scheletrico sono molto promettenti – ha spiegato Riccardo Meliconi, responsabile della Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e coordinatore della sperimentazione clinica – L’obiettivo è portare un concreto miglioramento nella qualità della vita di persone altrimenti costrette a forti limitazioni motorie oltre che a dolore cronico e intenso.” Il progetto è finanziato dall’Unione Europea per 6 milioni di euro. Il coordinamento è affidato all’Irlanda, con il prof. Frank Barry della National University of Ireland di Galway. Tra i centri di ricerca partecipanti, la Reumatologia del Policlinico di Padova e centri in Francia, Germania, Inghilterra e Olanda (per informazioni www.adipoa2.eu).

I requisiti per partecipare alla sperimentazione
Due le condizioni necessarie per partecipare alla sperimentazione: un’età compresa tra i 45 e i 70 anni e una diagnosi di artrosi del ginocchio sintomatica da lieve a moderata. Sono esclusi tutti coloro che hanno subito traumi significativi o operazioni chirurgiche nel corso dell’ultimo anno, tra cui anche protesi del ginocchio o dell’anca, chi soffre di artriti infiammatorie e chi ha subito precedenti trattamenti che agiscono sulla cartilagine o sul metabolismo osseo. Una serie di altri requisiti specifici necessari per poter partecipare alla sperimentazione verrà valutata, attraverso una prima visita di selezione, dai reumatologi del Rizzoli. Per prenotare la visita di selezione è possibile telefonare al numero dedicato 051 6366947, dal lunedì al venerdì, dalle ore 15.30 alle 17.30, oppure scrivere alla mail adipoa@ior.it.

I pazienti idonei inizieranno un percorso di due anni, che parte con il prelievo del tessuto adiposo, poi “trattato” e iniettato nel ginocchio. Previsti anche una serie di visite e di esami, come Risonanza Magnetica, radiografie, prelievi del sangue, per valutare l’efficacia del trattamento con le cellule staminali sull’artrosi.


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L’intervento è stato realizzato per la prima volta in Italia in due pazienti pediatrici, due adolescenti, affetti da due malattie diverse e da tempo inseriti nella lista di attesa per trapianto di fegato. L’organo asportato al primo paziente, che aveva ricevuto una donazione da cadavere, è stato utilizzato per il secondo adolescente in lista d’attesa

Un trapianto di fegato con tecnica domino, grazie alla quale con un solo donatore cadavere sono stati trapiantati due pazienti.

Il complesso intervento è stato realizzato per la prima volta in due pazienti pediatrici in Italia dai medici e chirurghi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Grazie a questa metodica è stato possibile trasformare il primo ricevente in donatore, mettendo il suo fegato appena asportato a disposizione del secondo. I pazienti sono due adolescenti, affetti da due malattie diverse e da tempo inseriti nella lista di attesa per trapianto di fegato. Entrambi i trapiantati hanno superato positivamente il decorso postoperatorio e sono stati dimessi da alcuni giorni.

La tecnica di trapianto domino è una forma particolare di trapianto da vivente, che può essere applicata solo in casi selezionati presso ospedali dove, oltre alle competenze tecniche chirurgiche ed epatologiche, è presente anche un centro specializzato nella cura delle malattie metaboliche. La realizzazione di questi due trapianti contemporanei, sottolinea una nota del Obg “ha richiesto da parte di tutto l’Ospedale un notevole sforzo organizzativo, essenziale per la buona riuscita degli interventi”.

Il primo paziente, che ha ricevuto l’organo da un donatore cadavere, era affetto da leucinosi, una malattia metabolica genetica recentemente inserita tra quelle sottoposte a screening neonatale obbligatorio, conosciuta anche come malattia delle urine a sciroppo d’acero. Può manifestarsi già nei primi giorni di vita con difficoltà nell’alimentazione, alterazioni neurologiche e urine che odorano appunto di sciroppo d’acero. Se non riconosciuta e trattata adeguatamente, causa un’encefalopatia progressiva, senza però alterare le funzioni principali del fegato. Una rigorosa dieta a ridotto contenuto proteico consente di controllare la malattia, ma non impedisce del tutto lo sviluppo di crisi di scompenso metabolico che, oltre a mettere in pericolo di vita il bambino, possono causare danni neurologici irreversibili. Nelle persone affette da questa malattia, dovuta ad un errore congenito nel metabolismo degli aminoacidi (manca l’enzima preposto alla metabolizzazione della leucina), il trapianto del fegato si rivela una soluzione terapeutica molto efficace, in quanto ripristina una sufficiente attività metabolica e permette di tollerare una dieta pressoché normale, con una drastica riduzione del rischio di complicanze neurologiche.

Il secondo paziente era invece affetto da una cirrosi biliare cronica, causata da atresia delle vie biliari, ed era in gravi condizioni cliniche. L’atresia delle vie biliari è una malattia che provoca l’infiammazione e la conseguente ostruzione dei dotti biliari che trasportano la bile dal fegato nell’intestino. Anche in questi casi il trapianto di fegato rappresenta la strategia di intervento più efficace. I chirurghi del Bambino Gesù hanno quindi asportato il fegato del paziente affetto da leucinosi, applicando particolari accorgimenti tecnici, e lo hanno riutilizzato per il secondo paziente. La leucinosi infatti non altera le funzioni principali del fegato ed il ricevente non corre il rischio di sviluppare la malattia metabolica.

Il primo trapianto domino, prosegue le nota, si aggiunge ad altri risultati recentemente raggiunti dai medici e dai ricercatori del Bambino Gesù, come la scoperta di nuove malattie metaboliche che possono essere curate con il trapianto, l’applicazione delle tecniche di chirurgia mininvasiva nel prelievo di organi da donatore vivente, ma soprattutto la cura mediante il trapianto di un numero sempre maggiore di bambini. Nell’anno appena trascorso infatti sono stati più di 60 i pazienti pediatrici che sono stati curati mediante un trapianto di fegato o di rene o di entrambi questi organi.


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Una dieta troppo povera di cibi da fonti animali può aumentare il rischio di nascite pretermine.

Particolarmente vulnerabili sono in particolare coloro che seguono una dieta vegana e in parte quella vegetariana, soprattutto se non riescono a integrare un elemento chiave, la vitamina b12, la cui carenza può portare proprio ad un maggiore rischio di nascita del bambino prima del termine.

Lo evidenzia una ricerca guidata da Tormod Rogne, dell’Akershus University Hospital, in Norvegia, pubblicata su American Journal of Epidemiology. La ricerca ha monitorato oltre 11mila gravidanze (11.216) in 11 Paesi.

«Abbiamo rilevato che la carenza di questa vitamina è stata associata con un 21 per cento in più di rischio di parto prematuro», spiega Rogne. Oltre a sottolineare come una carenza di vitamina B12 possa anche essere dovuta a malnutrizione e povertà, gli studiosi evidenziano differenze sostanziali di cui tenere conto tra vegani e vegetariani, dando anche alcuni consigli.

«I vegani non mangiano tutti gli alimenti di origine animale e possono quindi diventare carenti di vitamina B12 se non prendono integratori – spiega Vibeke Videm, della Norwegian University of Science and Technology – mentre questa stessa carenza non è comune nei vegetariani che consumano latticini o uova, perché possono facilmente soddisfare le dosi raccomandate attraverso questi alimenti». Ma di quanti latticini c’è bisogno? Secondo Videm, una combinazione di 30 centilitri di latte e 50-75 grammi di formaggio (5-8 fette) vanno bene al di fuori della gravidanza. Il formaggio può essere sostituito con quattro cucchiai di ricotta. Ma in gestazione meglio aggiungere un bicchiere di latte, 3-4 fette extra di formaggio o una buona porzione di yogurt.

ANSA


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La proposta prevede che per iscriversi ai nidi d’infanzia, ai servizi integrativi per la prima infanzia e alla scuola dell’infanzia i bambini debbano avere effettuato non solo le vaccinazioni obbligatorie, ma anche quelle raccomandate dal Piano nazionale prevenzione vaccinale. Il testo passa ora al Consiglio.

Vaccini obbligatori in Toscana per l’accesso al nido e alla scuola materna. La Giunta regionale ha approvato stamani la proposta di legge presentata dall’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi che prevede che l’aver effettuato non solo le vaccinazioni obbligatorie, ma anche quelle raccomandate dal Piano nazionale prevenzione vaccinale, costituisca requisito per l’iscrizione ai nidi d’infanzia, ai servizi integrativi per la prima infanzia (servizi che integrano l’offerta del nido: spazio gioco, centro per bambini e famiglie, servizio educativo domiciliare; tra questi servizi non sono comprese le ludoteche) e alla scuola dell’infanzia (scuola materna).

Approvata dalla Giunta, ora la proposta di legge seguirà l’iter per l’approvazione in Consiglio regionale. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore, la giunta approverà specifiche linee guida e modalità attuative della legge, anche tenendo conto dei casi in cui la vaccinazione deve essere omessa o differita, per accertati pericoli concreti per la salute del bambino, in relazione a specifiche condizioni cliniche. “La legge sarà senz’altro in vigore per l’inizio del prossimo anno scolastico”, afferma la Regione in una nota.

“Quella che abbiamo approvato oggi è una misura a tutela della salute pubblica di tutta la comunità – dichiara nella nota il presidente Enrico Rossi – In primo luogo dei bambini e soprattutto di quelli più deboli: quelli che per motivi di salute, immunodepressi o con gravi patologie croniche, non possono essere vaccinati e sono quindi i più esposti ai contagi. Con questo intervento consolidiamo ciò che di buono è stato fatto in questi anni e facciamo un ulteriore passo in avanti. La Regione Toscana ha oggi confermato di avere un ruolo attivo per proteggere e garantire la salute di tutti non lasciando campo aperto a involuzioni pseudoscentifiche o, per citare il presidente Mattarella riguardo ai vaccini, a “sconsiderate affermazioni prive di fondamento”.

La vaccinazione è un atto di responsabilità dei genitori nei confronti dei propri figli e dell’intera comunità – sottolinea Stefania Saccardi – Vaccinare il proprio bambino vuol dire proteggerlo da tante malattie, oggi drasticamente ridotte proprio grazie ai vaccini. Ed è anche un gesto responsabile nei confronti di quei bambini che, per particolari patologie, non possono essere vaccinati e quindi sono più esposti al rischio di malattie. Negli ultimi anni anche in Toscana, come a livello nazionale, stiamo assistendo a un calo preoccupante della copertura vaccinale. Come Regione, a ottobre abbiamo varato la campagna “Dammi un vaccino”, per ricordare a tutti che il vaccino è lo strumento più efficace e sicuro per la prevenzione delle malattie infettive. Ora abbiamo deciso anche di introdurre l’obbligo delle vaccinazioni per l’ingresso all’asilo nido e alla scuola materna”.

Questi i vaccini previsti dal Piano nazionale come obbligatori per i bambini: poliomielite, difterite, tetano, epatite B. E questi i vaccini raccomandati (che però, avvertono gli esperti, non vanno ritenuti meno importanti di quelli obbligatori): pertosse e haemophilus B (che sono nell’esavalente insieme ai 4 obbligatori), meningococco C e B, pneumococco, morbillo, rosolia, parotite, varicella.

“L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) – evidenzia la Regione – stima che ogni anno circa 3 milioni di persone, tra cui moltissimi bambini, siano salvati grazie ai vaccini. Tuttavia ancora oggi circa un milione e mezzo di persone perdono la vita ogni anno nel mondo per malattie potenzialmente prevenibili con un vaccino. Questo perché un bambino ogni 5 a livello globale non viene vaccinato. E se da una parte i Paesi in via di sviluppo compiono enormi sforzi per migliorare le copertura vaccinali, dall’altra, soprattutto nei Paesi più avanzati si assiste a un calo dell’adesione ai programmi vaccinali”.

Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale si pone l’obiettivo di mantenere una percentuale di copertura vaccinale del 95% per tutte le vaccinazioni, “perché scientificamente garantisce una adeguata protezione di comunità (la cosiddetta immunità di gregge). Questa protezione – spiega la Regione – è fondamentale sia per ridurre la circolazione dei patogeni, che per proteggere quella parte di popolazione che per reali controindicazioni mediche non può effettuare alcune vaccinazioni, o che non è in grado di rispondere al vaccino con un’adeguata risposta immunitaria”.

Secondo i dati diffusi dalla Regione, negli ultimi tre anni anche in Toscana si sta assistendo a un calo che, anche se meno pronunciato di quanto accade nel resto d’Italia, porta le coperture vaccinali per tutte le vaccinazioni al di sotto della soglia del 95% (con la sola eccezione dell’antitetanica). Qualche esempio: per la polio nel 2012 la copertura era al 95,3%, nel 2015 è scesa al 94,9%; per la difterite, 96,5% nel 2012, 94,9% nel 2015; per l’epatite B, 95,1% nel 2012, 94,8% nel 2015. La flessione interessa anche le altre vaccinazioni del calendario regionale quali varicella, parotite, rosolia, morbillo, queste ultime oggetto, tra l’altro, di uno specifico programma nazionale di eliminazione. Anche qui, qualche esempio: morbillo, 91,1% nel 2012, 88,7% nel 2015; rosolia, 91,1% nel 2012, 88,6% nel 2015.


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Lo stabilisce uno studio dell’Università della California di San Diego che ha preso in esame 1.500 donne della Women’s Health Initiative. Fare mezz’ora di attività fisica al giorno, protegge da questo invecchiamento precoce, anche chi trascorre gran parte della giornata seduto. Un invito ad iniziare lo sport da ragazzini e a continuare a praticarlo anche dopo gli 80 anni

Una maniera certa per invecchiare? Stare troppo seduti e dedicare troppo poco tempo all’attività fisica. E’ il messaggio che arriva da uno studio della University of CaliforniaSan DiegoSchool of Medicine, pubblicato su American Journal of Epidemiology.

I risultati dello studio non lasciano adito a dubbi: le donne anziane che trascorrono più di 10 ore della loro giornata sedute e che fanno pochissima attività fisica presentano cellule che sono di ben 8 anni più ‘vecchie’ da un punto di vista biologico, rispetto alle coetanee più attive.

Il problema risiede nei loro telomeri, che come parte del normale processo di invecchiamento, si accorciano e si sfilacciano; ma nelle persone dedite ad attività poco salutari quali il fumo o nei soggetti obesi questo processo subisce un’accelerazione. E non è un bene perché oltre che all’invecchiamento, l’accorciamento dei telomeri correla con le malattie cardiovascolari, con il diabete e con la maggior parte dei tumori.

“La nostra ricerca ha dimostrato – spiega il primo autore dello studio Aladdin Shadyab, Department of Family Medicine and Public Health presso la UC San Diego School of Medicine – che le cellule invecchiano precocemente se si conduce una vita sedentaria ed è noto da tempo che l’età anagrafica non sempre va di pari passo con quella biologica”.

Lo studio ha coinvolto circa 1.500 donne di età compresa tra i 64 e i 95 anni, reclutate tra quelle che partecipano alla Women’s Health Initiative (WHI), uno studio longitudinale condotto negli Usa allo scopo di individuare le cause delle patologie croniche nelle donne in post-menopausa. Alle donne partecipanti allo studio californiano è stato chiesto di compilare dei questionari e di indossare un accelerometro (posizionato sull’anca destra) notte e giorno per una settimana, allo scopo di monitorare i loro movimenti.

“Questo ha consentito di scoprire che le donne che trascorrono molto tempo sedute, se fanno esercizio fisico almeno mezz’ora al giorno (che è quanto viene raccomandato dalle linee guida americane) non presentano questa accelerazione nell’accorciamento dei telomeri. Bisognerebbe dunque cominciare a fare attività fisica sin da giovani e proseguirla come componente normale della vita quotidiana per tutta la vita. Anche a 80 anni”.


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Tutti gli operatori sanitari – e in particolar modo quelli che lavorano per il Ssn – sono eticamente «obbligati a informare, consigliare e promuovere le vaccinazioni in accordo con le più avanzate evidenze scientifiche». Diffondere informazioni non provate, invece, è «moralmente deprecabile» e «costituisce grave infrazione alla deontologia professionale».

E’ uno dei passaggi più controversi del Piano nazionale vaccini 2017-2019, elaborato dal ministero della Salute e approvato ieri dalle Regioni a braccia aperte.

«E’ una giornata importante» ha commentato il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini «Il tema vaccinazioni è fondamentale per un approccio serio in termini di prevenzione, sia rispetto al riaffacciarsi di patologie che credevamo ormai definitivamente superate, sia rispetto alle coperture necessarie per altre gravi malattie e per le fasce più deboli della popolazione».

Il sì unanime delle Regioni si spiega anche con l’accoglimento della loro richiesta di dare maggiore gradualità al nuovo calendario vaccinale, più esteso del precedente. Non in tutte le Regioni, quindi, sarà subito accessibile la nuova offerta di vaccini introdotta dal Piano: da una parte la profilassi per pneumococco, meningococco, varicella, vaccino anti-Hpv, dall’altra i vaccini (gratuiti per fascia d’età e per categorie a rischio) contro meningococco B e rotavirus, varicella (secondo anno e poi 5-6 anni), Hpv nei maschi 11 enni, Ipv meningo tetravalente, pneumococco e zoster.

Il nuovo calendario, ha assicurato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, sarà operativo in poche settimane: «Bisogna aspettare la pubblicazione in gazzetta» ha detto ieri «da quel momento entra in vigore. Poi ci la sarà circolare che darà indicazioni su come procedere e il riparto del fondo (di 800 milioni, ndr)».

Il Codacons, invece, ha già annunciato ricorso davanti al Tar per quei passaggi del Piano che «aprono la strada a una legge nazionale diretta a rendere la vaccinazione un prerequisito per la frequenza ad asili e scuole».


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Dal fumo di sigaretta, all’uso eccessivo di detersivi, candele o incensi. Dai mobili nuovi a vernici, disinfettanti, solventi e muffe. Sono solo alcune delle tanti fonti di inquinamento dell’aria presenti normalmente in casa e che possono costituire un rischio per la nostra salute. A indicare alcune semplici regole da seguire è l’opuscolo “L’aria della nostra casa, come migliorarla?”, pubblicato sul portale dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

L’inquinamento non è solo fuori dalle nostre case e provocato dalle emissioni di auto, caldaie e camini, ma anche dentro le nostre abitazioni e, in generale, nei luoghi chiusi, ovvero “indoor”.

Il primo consiglio è non fumare dentro casa. Una corretta abitudine è invece quella di areare spesso gli ambienti, in particolare quando si cucina o si utilizzano prodotti per la pulizia, dopo la verniciatura di una stanza e in caso si abbiano animali domestici, ma anche in presenza di nuovi mobili da arredo, «poiché potrebbero rilasciare inquinanti chimici per lungo tempo». Limitare l’uso di insetticidi, utilizzare con attenzione prodotti da bricolage come colle, solventi e sigillanti. Nello scegliere le vernici con cui tinteggiare preferire quelle a basse emissioni, come riportato su etichetta. E’ buona norma poi pulire con cadenza i filtri dei condizionatori e far prendere aria ai vestiti ritirati dalla lavanderia prima di riporli nell’armadio. E ancora lavare con regolarità tende e tappezzerie ed evitare temperatura e umidità troppo elevate perché possono favorire la formazione di muffe e acari. Infine non eccedere con l’utilizzo di prodotti di pulizia, detergenti e detersivi, incensi e candele profumate.

«Il pulito – spiega la guida – non ha odore. Preferire aceto e bicarbonato e lasciare prodotti più aggressivi», come candeggina e ammoniaca, «solo quando strettamente necessario».

ANSA


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