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Sono circa 630mila i bimbi con asma in Italia. Per i pediatri lo sport è benefico, con qualche accorgimento. Numerosi studi hanno dimostrato che la capacità cardio-respiratoria del bambino asmatico in buon controllo di malattia è, a parità di allenamento, perfettamente sovrapponibile a quella del bambino sano e che lo sport, se correttamente praticato, può diventare strumento efficace di riabilitazione respiratoria. Il bambino asmatico, quindi, non deve rinunciarvi, ma imparare a svolgerlo in sicurezza.

«È fondamentale – spiega Diego Peroni, consigliere della Società italiana di pediatria (Sip) – istruire bambini e genitori con alcuni suggerimenti, quali svolgere attività fisica all’aperto lontano dalle aree urbane con traffico intenso, evitare le fasce orarie nelle quali gli inquinanti raggiungono il picco di concentrazione nell’aria, privilegiando lo sport la mattina presto o la sera tardi, ma soprattutto raggiungere un buon controllo della malattia, associando allenamento, laddove necessario, a premedicazione farmacologica».

Quale tipo di sport scegliere? «Il nuoto è certamente quello meglio tollerato dai bambini asmatici poiché l’immersione in acqua favorisce l’espirazione e l’incremento della ventilazione polmonare risulta moderato», spiega Stefania La Grutta, Consigliere Simri (Società Italiana Malattie Respiratorie Infantili). La lotta, la scherma, il sollevamento pesi presentano un basso rischio in quanto comportano sforzi intensi, ma brevi e caratterizzati da uno scarso incremento della ventilazione.

Gli sport basati sull’uso della palla possono essere praticati complessivamente senza problemi grazie all’alternanza di periodi di intensa attività a fasi con intensità ridotta. Al contrario, corsa e ciclismo possono più frequentemente scatenare crisi asmatiche, anche se con un buon controllo della malattia e un adeguato allenamento, possono essere comunque praticati. Assolutamente sconsigliate sono le attività subacquee.

ANSA


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Favorire il più possibile il movimento e la socializzazione, impostare le giornate in maniera regolare, sorvegliare il regime alimentare, regolare l’utilizzo di  smartphone, tablet, computer, videogiochi e televisione. Queste le cinque regole suggerite dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale per il periodo estivo, per far sì che i più piccoli non si isolino dal mondo reale preferendo immergersi in quello virtuale dei media digitali.

Tablet, smartphone, videogiochi e televisioni sempre più interattive: la tecnologia è ormai diventata parte integrante della quotidianità delle famiglie, bambini e bambine inclusi, tanto che da molti anni si parla ormai di “bambini digitali”. Soprattutto il ‘telefonino’ è diventato un giocattolo e uno strumento per non annoiarsi. Uno schermo spesso frapposto tra loro e gli adulti ma anche tra i bimbi stessi. Di questo ed altro la Sipps ha discusso a Cava de’ Tirreni nel corso della presentazione dell’ultimo libro di Mena Senatore dal titolo “Bambini digitali, L’alterazione del pensiero creativo e il declino dell’empatia”.

E a ridosso delle vacanze estive molti genitori si domandano cosa fare per stimolare il gioco e la curiosità dei figli per evitare che si isolino dal mondo reale preferendo immergersi in quello virtuale dei media digitali.

La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale suggerisce cinque semplici ma efficaci regole per il periodo estivo:

· Sin dai primi anni d’età e ancor più negli adolescenti, favorire il più possibile il movimento, la socializzazione e le attività di gioco che prevedono un’interazione diretta e non virtuale: utile, per esempio, l’iscrizione a un centro estivo o a un corso sportivo

· Incentivare la permanenza all’aria aperta, naturalmente con la necessaria protezione nei confronti dell’esposizione al sole e con gli opportuni accorgimenti di sicurezza in relazione al luogo e alle attività

· Impostare le giornate in maniera regolare: la mancanza di impegni consente certamente di alzarsi più tardi del solito, ma non giustifica un’anarchia dei ritmi, e la durata fisiologica del sonno va assolutamente rispettata

· Sorvegliare il regime alimentare, sia nella quantità che nella varietà, privilegiando cibi freschi come frutta di stagione e limitando quelli confezionati e a elevato apporto calorico

· Regolamentare l’utilizzo di smartphone, tablet, computer, videogiochi e televisione: le vacanze dovrebbero servire ai bambini per riscoprire il piacere di stare insieme, di relazionarsi, confrontarsi, rispettare le esigenze altrui, scoprire la natura e, perché no, trascorrere del tempo anche con i coetanei meno fortunati o portatori di malattie o disagi

“L’avvicinamento di bambini e ragazzi alle nuove tecnologie è inevitabile e non può e non deve essere ostacolato – spiega Giuseppe Di Mauro, Presidente Sipps -. Deve piuttosto essere limitato e guidato verso un uso consapevole e attraverso programmi di alta qualità, compito che spetta in primo luogo ai genitori e agli altri adulti di riferimento, come gli insegnanti”.

“I dispositivi multimediali non sono raccomandati nei bambini al di sotto dei due anni d’età, durante i pasti e almeno un’ora prima di andare a letto. Sono assolutamente da evitare programmi contenenti immagini veloci e app che mostrino contenuti violenti e per intrattenere un bimbo che piange o si trovi in luoghi pubblici. Possono invece avere effetti positivi nei bambini sui 3-4 anni di età: se visti insieme a un adulto/genitore possono essere utili per imparare parole attraverso l’utilizzo del video”.

Lo sport sembra dunque essere un’ottima medicina contro la noia e contro il desiderio di rifugiarsi nella tecnologia digitale. “Secondo le ultime raccomandazioni dell’Oms i bambini di età compresa tra uno e quattro anni dovrebbero praticare almeno 180 minuti di attività fisica ogni giorno, dei quali un’ora di intensità moderata-vigorosa nei bambini tra i tre e i quattro anni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità invita inoltre a ridurre il più possibile la permanenza davanti a uno schermo e sottolinea come 8 adolescenti su 10 siano sedentari”.

Gli esperti della Sipps sottolineano infine come l’attenzione all’età prescolare sia richiamata anche da due studi recenti, che dimostrano una relazione proporzionale tra tempo trascorso davanti alla TV e disturbi del comportamento e un miglioramento del rischio cardiovascolare con l’adozione sin dall’asilo di buone abitudini di vita.


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Obiettivo recuperare 900 mila tonnellate di pannolini con tecnologia tutta italiana. Il Ministro dell’Ambiente: “Oggi ho firmato il decreto con cui può finalmente decollare un’industria tutta italiana che coniuga il riciclaggio e la conseguente riduzione del problema dello smaltimento dei rifiuti con la creazione di tantissimi posti di lavoro”.

“Un giorno importante e un passaggio epocale per l’economia circolare. Oggi ho firmato il decreto con cui può finalmente decollare un’industria tutta italiana che coniuga il riciclaggio e la conseguente riduzione del problema dello smaltimento dei rifiuti con la creazione di tantissimi posti di lavoro”, così il ministro dell’Ambiente Sergio Costa che ha appena firmato il decreto end of waste per il riciclo dei PAP, prodotti assorbenti della persona come i pannolini, che permetterà  di far sviluppare una tecnologia industriale italiana creando nuovi posti di lavoro. “Si potranno – ha continuato Costa – quindi recuperare e non mandare a incenerimento o discarica ben 900 mila tonnellate l’anno di rifiuti”.

I prossimi in ordine temporale che stanno arrivando a conclusione, dopo vari passaggi istituzionali, che comprendono anche la valutazione presso la Commissione Europea, sono i decreti end of waste per il recupero degli pneumatici, carta e cartone, plastiche miste e rifiuti da costruzione e demolizione.

“Questi sono i sì che ci piacciono. Questi sono i passi giusti per un futuro sostenibile e un’economia circolare che coniughi posti di lavoro e tutela ambientale dando piena realizzazione alla gerarchia dei rifiuti come fissata dall’Unione europea”, conclude il ministro.


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Secondo uno studio cinese, chi continua a fumare dopo aver avuto un ictus è esposto a un maggior rischio di averne un secondo. Il rischio aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fumate al giorno.

Il fumatore che ha avuto un ictus, se non smette o almeno riduce il numero di sigarette, ha molte probabilità di essere vittima di un secondo ictus. Su questo aspetto ha fatto luce uno studio condotto dalla Nanjing Medical University di Jiangsu – curato da Gelin Xu  – che ha preso in considerazione 3.609 pazienti sopravvissuti a un ictus.

Di questi, 1.475, pari al 48%, erano fumatori, mentre il 9% era composto da ex fumatori. Tra coloro che fumava al momento dell’ictus, 908 persone – pari al 62% – sono riuscite a smettere pochi mesi dopo. Tutti quelli che avevano smesso dopo l’ictus presentavano il 29% in meno delle probabilità di averne un secondo rispetto a chi aveva deciso di continuare a fumare.

Rispetto ai non fumatori, coloro che invece continuavano a fumare fino a 20 sigarette al giorno presentavano il 68% in più delle probabilità di avere un altro ictus e il rischio si triplicava con 40 sigarette al giorno.

Fonte: Journal of the American Heart Association 2019

Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science


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Andare a scuola a piedi o in bici, piuttosto che in macchina o in autobus, fa bene ai bambini. Contribuisce infatti a ridurre il rischio di sovrappeso e obesità.

Lo evidenzia una ricerca dell’Università di Cambridge, pubblicata su BMC Public Health.

Lo studio ha valutato l’impatto dell’attività fisica sui livelli di sovrappeso e obesità infantile, mettendo in relazione due dei principali tipi di movimento al di fuori di quello praticato a scuola: spostamenti giornalieri per andare nel proprio edificio scolastico e sport.

I ricercatori hanno preso in esame i dati relativi a 2171 bambini, tra i cinque e gli undici anni, provenienti da tutta Londra. Invece di usare l’indice di massa corporea come misura dell’obesità, hanno misurato il grasso corporeo e la massa muscolare e valutato come questi due indicatori fossero correlati con i livelli di attività fisica.

La ricerca ha evidenziato che quasi la metà dei bambini risultavano praticare sport ogni giorno, e una proporzione simile si spostava verso scuola attivamente. È emerso che i ragazzi che facevano attività sportiva avevano un livello inferiore di massa grassa e più sviluppo muscolare e quelli che andavano a piedi a scuola presentavano altrettanto un livello grasso corporeo inferiore, e quindi meno probabilità di essere sovrappeso o obesi.

ANSA


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Sono potenzialmente tossici e aumentano il rischio di reazioni allergiche: i medici estetici bocciano i cosmetici fatti in casa, realizzati seguendo tutorial che spopolano su youtube e sui blog.

Questo uno dei temi al centro del 40/o Congresso della Società Italiana di Medicina Estetica (Sime).

Le chiamano ‘spignattatrici’ e hanno successo soprattutto tra le giovanissime: sono delle youtuber o blogger che offrono ricette per realizzare in casa creme, smalti e lucidalabbra, nell’ottica di una filosofia ‘green’ che suggerisce “di rinunciare a comprare prodotti di bellezza costosi o nocivi per l’ambiente, per abbracciare una cosmesi genuina ed economica”. Sembrerebbe una pratica innocente, ma non è così.

«In realtà, questi mix possono creare reazioni di tipo allergico. I rischi – spiega il presidente Sime, Emanuele Bartoletti – sono prima di tutto l’origine delle sostanze, spesso non certificata; poi come miscelarle, perché non tutte sono compatibili fra loro. Infine, problemi di conservazione e rischio di contaminazione batterica».

«Il fenomeno delle ‘spignattatrici’ – commenta Alexia Ariano, avvocato esperto in materia – nasce da internet, ma ha dietro le aziende, che da un lato hanno creato dei prodotti ‘assemblabili’ dal consumatore e, dall’altro, hanno esasperato l’interesse per il ‘green’, usando strategie di marketing».

Quello che pochi sanno è che la pericolosità di queste ricette fai date «può avere risvolti penali, se i composti vengono regalati a terze persone, poiché si va a minare la sicurezza altrui. Occorre una seria riflessione sulle insidie nascoste nel mercato cosmetico fai-da-te». I cosmetici, conclude Bartoletti, «non sono più pozioni magiche. Per complessità, studi scientifici e indicazioni possono quasi essere paragonati a un farmaco. Ma proprio per questo, la cute deve essere studiata prima di prescriverne uno».

ANSA


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Il Ministero informa che l’Iss ha rilevato nuovi casi di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di curcuma e che sono in corso verifiche sul territorio da parte delle autorità sanitarie. “I consumatori sono invitati a titolo precauzionale a sospendere temporamente il consumo di tali prodotti”

Il ministero della Salute informa che l’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato nove casi di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di integratori alimentari a base di curcuma e che sono in corso verifiche sul territorio da parte delle autorità sanitarie.

Gli ultimi prodotti segnalati sono:
Curcuma complex B.A.I. aromatici per conto di Vitamin shop
Tumercur Sanandrea
MOVART Scharper SpA stabilimento a Nichelino
Curcuma Meriva 95% 520mg Piperina 5 mg Farmacia dr. Ragazzi, Malcontenta
Curcuma “Buoni di natura” Colfiorito

che si aggiungono ai prodotti già segnalati il 10 e il 16 maggio scorsi:
Curcumina Plus 95%, lotto 18L823 NI.VA prodotto da Frama
Curcumina 95% Kline lotto 18M861 NI.VA prodotto da Frama
Curcumina Plus 95% piperina linea@ lotto 2077-LOT 198914 NI.VA prodotto da Frama
Curcumina Plus 95% piperina linea@ 18e590 NI.VA prodotto da Frama

“I consumatori – dichiara il Ministero della Salute – sono invitati a titolo precauzionale a sospendere temporamente il consumo di tali prodotti. Sono in corso le verifiche per individuare la causa responsabile dei casi di epatite”.


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Dai 60 anni in poi il cervello perde annualmente circa lo 0,2 per cento del suo volume. Un buon modo per contrastare questa perdita è quello di svolgere una leggera attività fisica quotidiana, come 19 minuti di camminata.

Il volume del cervello diminuisce dello 0,2% circa ogni anno partire dai 60 anni. Un restringimento eccessivo è legato a problemi cognitivi. E una leggera attività fisica potrebbe avere effetti benefici su questo processo. L’evidenza emerge da uno studio condotto da un team della Boston University School of Medicine guidato da Nicole Spartano.

Lo studio

Lo studio è stato condotto su 2.354 volontari di mezza età ,che sono stati sottoposti a diversi livelli e frequenza di attività fisica. I ricercatori hanno allora osservato che ogni ora di leggera attività fisica in più era associata ad un aumento del volume cerebrale superiore dello 0,22%. Un’attività fisica d’intensità moderata, come camminare a passo sostenuto, svolta per 19 minuti al giorno, era invece associata ad un volume cerebrale maggiore dello 0,29% rispetto a coloro che svolgevano in media un’attività per meno di 10 minuti al giorno.

Una differenza del volume cerebrale è stata riscontrata anche rispetto al numero di passi: i partecipanti che effettuavano almeno 7.500 passi al giorno presentavano volumi cerebrali maggiori di coloro che avevano una media inferiore a 7.500. I livelli di esercizio fisico dello studio sono inferiori a quelli che, secondo le linee guida, possono apportare sostanziali benefici per la salute. Gli adulti dovrebbero puntare ad almeno 150 minuti a settimana, quindi circa 21 minuti al giorno, di attività fisica d’intensità moderata, oppure 75 minuti a settimana di esercizio fisico vigoroso, e almeno 10.000 passi al giorno.

I partecipanti hanno indossato un piccolo accelerometro per un periodo variabile dai 3 agli 8 giorni. In questo modo sono stati misurati il dispendio energetico e il numero di passi. Il volume del cervello è stato valutato usando la risonanza magnetica. Secondo le stime dei ricercatori, ogni ora aggiuntiva di attività fisica di lieve intensità sarebbe associata a circa 1,1 anni d’invecchiamento cerebrale in meno.

Fonte: AMA Network Open

Ankur Banerjee

(Versione italiana per Quotidiano Sanità/Popular Science)


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La Toscana erogherà gratuitamente, oltre agli spray nasali per la rinite allergica, anche l’immunoterapia specifica per gli allergici agli acari della polvere. Il farmaco dovrà essere prescritto da uno specialista ospedaliero allergologo-immunologo clinico operante all’interno delle strutture pubbliche della Regione.

Circa 750.00-950.000 persone, in Toscana, soffrono di rinite allergica, 190.000-380.000 di asma bronchiale e circa 380.000-760.000 coloro c che risultano positive ai test cutanei o alla ricerca delle IgE specifiche per acari: questo non significa necessariamente che tutte queste persone abbiano sintomi derivanti da tale sensibilizzazione e il ruolo dello specialista allergologo è fondamentale nella definizione clinica di “vera” allergia e quindi di paziente indicato per le specifiche terapie. Per loro, in Toscana, arriva da oggi una importante novità: la Regione erogherà gratuitamente, oltre agli spray nasali per la rinite allergica, anche l’immunoterapia specifica per gli allergici agli acari della polvere. Lo stabilisce una delibera presentata dall’assessore al diritto alla salute e approvata dalla giunta nel corso della sua ultima seduta.

“L’immunoterapia specifica è una terapia indicata per la rinite allergica agli acari della polvere da lieve a grave, associata ad asma allergico agli acari della polvere non ben controllato da corticosteroidi inalatori e broncodilatatori: anche questo farmaco dovrà essere prescritto da uno specialista ospedaliero allergologo-immunologo clinico operante all’interno delle strutture pubbliche della Regione. Viene garantita la continuità terapeutica con farmaci corticosteroidi topici nasali”, spiega la Regione in una nota.

Nella nota si evidenzia come le malattie allergiche respiratorie sono in costante aumento, con un grave impatto sulla qualità della vita, sui costi per l’assistenza sanitaria, e anche sull’assenteismo dal lavoro. La rinite allergica è spesso associata ad altre patologie: asma bronchiale, congiuntivite, rinosinusite, poliposi nasale, infezione del tratto respiratorio inferiore, ipertrofia adenoidea, otite, disturbi del sonno, e persino malocclusione dentale. La catena tra rinite e asma è molto breve, e spesso chi ha problemi di rinite può avere complicazioni asmatiche.

“In molti casi – spiega la nota – la rinite allergica è provocata dagli acari della polvere, in maniera di solito indipendente dai fattori stagionali che caratterizzano altri tipi di allergie, come quelle ai pollini. Da qui la necessità di una terapia immunizzante, che consente di ridurre il ricorso a terapie cortisoniche e con altri farmaci: si tratta però di una terapia costosa, che non tutti potrebbero permettersi (circa 1.400 euro l’anno per almeno tre anni). Per questo la Regione ha deciso di erogarla a carico del Servizio sanitario regionale”.

L’Immunoterapia specifica (ITS) consiste nella somministrazione a dosi crescenti per via orale dei componenti allergizzanti degli acari della polvere di casa: ad oggi è considerato l’unico trattamento in grado di ottenere una riduzione della sensibilità del paziente verso gli allergeni, in questo caso degli acari, ed è in grado anche di limitare la progressione della rinite in asma e il rischio di comparsa di altre condizioni associate. Il miglioramento della qualità di vita del paziente è un dato certo; inoltre, il trattamento con l’ITS consente una riduzione di eventi clinici ben più gravi, e anche il minor ricorso a ricoveri ospedalieri e un contenimento del consumo dei farmaci sintomatici.


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Allattare al seno il proprio bimbo, quando lo si può fare, aiuta a proteggerlo dall’obesità.

Lo evidenzia uno studio condotto dall’Istituto Nazionale della Sanità in Portogallo e promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, presentato all’European Congress on Obesity a Glasgow. La ricerca fa parte della Who Childhood Obesity Surveillance Initiative, guidata dal dottor João Breda, capo dell’ufficio europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili dell’Oms.

Per quanto riguarda l’allattamento al seno, l’analisi, che ha compreso 16 paesi tra i quali l’Italia e 29.245 bambini, ha trovato un effetto protettivo: rispetto ai bambini allattati al seno per 6 mesi, quelli che non erano mai stati avevano il 22% in più di probabilità di essere obesi; mentre quelli allattati però per meno di un semestre avevano il 12% in più di probabilità di essere in sovrappeso. Risultati simili sono emersi anche per quanto riguarda l’allattamento al seno esclusivo, sulla base di dati provenienti da 8 paesi (15.371 bambini). L’analisi ha rivelato anche un rischio maggiore del 50% di obesità infantile in caso di parto prematuro. Il basso peso alla nascita è risultato essere un fattore in qualche modo ‘protettivo’, riducendo il rischio di sovrappeso del 35%, mentre al contrario si è riscontrato che un peso importante aumentava il rischio del 9%. Gli studiosi rilevano che nonostante continue prove derivati dalla ricerca scientifica che mostrano i benefici dell’allattamento al seno, quello esclusivo in Europa rimane al di sotto della raccomandazione globale. Se infatti in quasi tutti i paesi oltre il 77% dei bambini veniva allattato al seno, c’erano però delle eccezioni: in Irlanda, Francia e Malta, il 46%, il 38% e il 35% dei bambini, rispettivamente, non lo erano mai stati. Solo 4 paesi su 12, poi, avevano una prevalenza del 25% o più di allattamento al seno esclusivo (per 6 mesi o più), tra cui Georgia (35%) e Kazakistan (51%).

ANSA


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