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Russare: una problematica molto diffusa, che riguarda abitualmente quasi la metà degli adulti con conseguenze che possono essere importanti per la salute e anche per il rapporto di coppia, perché questa abitudine può provocare liti con il partner.

Diverse possono essere le motivazioni alla base, che vanno dal peso in eccesso a ostruzioni anatomiche, fino a raffreddori e allergie se il problema è transitorio.

Ad esplorare il tema è un approfondimento della Pennsylvania State University. In alcuni, il russare è causato da un’ostruzione genetica anatomica come un setto nasale deviato, tonsille grandi, un palato molle che diventa più flaccido o una circonferenza del collo ampia. Anche le persone con disturbi come la paralisi cerebrale o malattie degenerative soffrono del problema perché hanno meno tono muscolare. Altro elemento scatenante è l’eccesso di peso soprattutto quando l’indice di massa corporea supera 25, perché si può avere tessuto e peso extra intorno alle vie respiratorie. Occasionalmente invece si può russare per un’allergia o un raffreddore.

Alcune strategie anti russamento esistono: ad esempio, è importante sapere che coloro che dormono sulla schiena sono più inclini a russare rispetto a chi dorme su un lato. A volte, addormentarsi col sostegno di un cuscino a cuneo o in una poltrona reclinabile invece che orizzontalmente può aiutare a diminuire il problema. In alcuni casi, russare è associato alle apnee del sonno. “Se si russa e si sente che il sonno è di cattiva qualità, potrebbe essere una buona idea andare dal medico di famiglia per una valutazione”, evidenzia Neerav Goyal, della Penn State Health. L’apnea notturna non trattata può sottoporre i polmoni e il cuore a lavoro extra, e anche contribuire ad altre condizioni potenzialmente letali, come ipertensione, malattie cardiache, ictus e colpi di sonno al volante. Cambiare stile di vita perdendo i chili di troppo “avrà sicuramente un grande impatto”.


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Raffreddore, tosse, mal di gola, otiti e febbre. Gennaio e febbraio sono mesi critici per le infezioni alle vie respiratorie, che costringono spesso a letto i più piccini. Un’alimentazione ricca di frutta e verdura è il presupposto per affrontare al meglio l’inverno, ma accanto a questo ci sono utili indicazioni da tenere a mente per le settimane più fredde dell’anno.

«Il sistema immunitario – spiega Susanna Esposito, ordinario di Pediatria dell’Università di Perugia – cresce insieme al bambino, ed è fisiologico che nei primi 5 anni di vita si ammali di più». Per ridurre il rischio bisogna in primis seguire precise regole igieniche: «non esporre il bimbo a fumo passivo, evitare il ciuccio, areare i locali ed effettuare almeno due volte al giorno lavaggi nasali con acqua fisiologica, per evitare che i batteri scendano dal naso nella laringe», spiega Esposito.

Senza dimenticare di lavare spesso e in modo approfondito le mani. In secondo luogo, niente fretta: l’eliminazione del virus dura in media una settimana e aver sfebbrato non significa che l’infezione sia passata. Non rispettare i tempi di convalescenza favorisce la trasmissione ad altri e rende il piccolo predisposto ad altri germi.

«Circa un bimbo su 4, inoltre, – chiarisce – è particolarmente delicato, ciò significa che va incontro a oltre 6 infezioni respiratorie l’anno. In tal caso, meglio diminuire le ore di frequenza della comunità: oltre le 5 al giorno espone a rischio maggiore di contagio, che avviene soprattutto durante l’ora della nanna».

Infine, considerare l’uso di un aiuto esterno: «la vitamina D ha effetto immunostimolante e può essere utile integrarne l’assunzione soprattutto nei mesi invernali quando si è meno esposti al sole. Ma attenzione al dosaggio, perché un eccesso può provocare effetti tossici».

In alcuni casi il pediatra può valutare inoltre l’uso di immunomodulanti, sostanze che stimolano l’immunità innata e aumentano le difese: «alcuni hanno risultati positivi in letteratura scientifica, anche se non hanno lo steso effetto su tutti. Non ci sono invece sufficienti evidenze per quanto riguarda i benefici di grotte di sale, prodotti omeopatici e probiotici. Mentre gli antibiotici – conclude la professoressa – sono inutili per questo tipo di infezioni».


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Lo sport è un’arma efficace per ridurre la mortalità dovuta al diabete e il controllo della glicemia (zucchero nel sangue)

Sono le raccomandazioni che arrivano dalla Società Europea di Cardiologia Preventiva in un ‘position paper’ pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology.

«Stili di vita sedentari e diete insalubri sono le più importanti cause dell’aumento dei casi di diabete di tipo 2 (circa un adulto su 11 è diabetico nel mondo) e dei problemi cardiovascolari correlati alla malattia diabetica (praticamente tutti i pazienti diabetici sviluppano complicanze cardiovascolari prima o poi)» – spiega l’autore del testo, Hareld Kemps, del Máxima Medical Centre, a Veldhoven, in Olanda.

«Il diabete raddoppia il rischio di morte, ma più i pazienti sono in forma, più il rischio connesso alla malattia cala. Sfortunatamente la gran parte dei pazienti non intraprende programmi di attività fisica». Diversi studi hanno evidenziato, infatti, i benefici della pratica sportiva sul controllo della glicemia e sulla riduzione del rischio cardiovascolare associato al diabete.

«Sono preziosi anche piccoli aumenti del livello di attività fisica – sottolinea Kemps – per i pazienti con diabete e problemi di cuore. Piccole camminate ogni tanto, già da sole, migliorano il controllo della concentrazione di zucchero nel sangue; due ore a settimana di camminata veloce riducono il rischio di problemi cardiovascolari per i pazienti diabetici».


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Una buona notizia dopo tante difficoltà per la bimba nata con l’Atresia esofagea di tipo I. Era stata operata a due mesi di vita a Milano ma una complicanza aveva determinato l’instaurarsi di una stenosi esofagea. Un mese e mezzo fa l’intervento a Torino di ricostruzione dell’esofago. Il tutto lontana dalla famiglia, trasferita in Francia per seguire un’altra figlia ammalata. Ad affiancare la bimba, una famiglia affidataria di Torino.

Mangia per la prima volta a tre anni, grazie ad un eccezionale ed innovativo intervento di ricostruzione dell’esofago, presso l’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino. “Un vero e proprio ‘miracolo’”, lo definisce l’ufficio stampa della Città della Salute, illustrando in una nota il caso.

La bimba ha 3 anni ed è nata con una malformazione congenita: l’Atresia esofagea di tipo I, cioè senza un tratto di esofago, situazione che rende impossibile alimentare il neonato.

Operata a due mesi di vita a Milano, ha purtroppo avuto una complicanza che ha determinato l’instaurarsi di una stenosi esofagea, ovvero un restringimento cicatriziale della zona, che non è stato possibile risolvere, nonostante numerose dilatazioni endoscopiche. Questa situazione non ha quindi permesso di rendere normale la sua alimentazione ed ha creato alla bimba seri problemi di crescita. In pratica non ha praticamente mai potuto alimentarsi per bocca e per i suoi problemi nutrizionali è stata presa in carico successivamente a Torino, presso l’ospedale Infantile Regina Margherita.

Al Regina Margherita è stata alimentata grazie ad un sondino introdotto attraverso la parete addominale nel suo stomaco ma, in seguito, ha necessitato addirittura di una nutrizione esclusiva per via parenterale, ovvero ricevendo tutte le sostanze indispensabili per il suo organismo in crescita attraverso una cannula inserita in una grossa vena.

“Queste necessità cliniche – spiega la nota – hanno messo in seria difficoltà la famiglia naturale, che nel frattempo, per seguire un’altra figlia ammalata, ha dovuto trasferirsi in Francia. Per la bimba c’è stato quindi bisogno di una famiglia affidataria a Torino che le consentisse di continuare le cure e le garantisse un ambiente di crescita sereno”.

Circa un mese e mezzo fa, per permetterle di tornare ad una vita normale con la possibilità di alimentarsi per bocca come tutti i bambini, presso la Chirurgia pediatrica dell’ospedale Infantile Regina Margherita (diretta dal dottor Fabrizio Gennari), in stretta collaborazione con il professor Renato Romagnoli (direttore della Chirurgia universitaria 2 e Centro Trapianti di fegato dell’ospedale Molinette di Torino) e con il dottor Dario Reggio del Servizio di Endoscopia Interventistica della Città della Salute di Torino, A. è stata sottoposta ad un intervento di ricostruzione del suo esofago. “In casi simili – precisa l’ufficio stampa della Città della Salute – si rende quasi sempre necessario sostituire l’esofago utilizzando una parte dello stomaco o con un tratto di intestino, ma in questo caso, nonostante la complessità dovuta agli esiti dell’intervento precedente, i chirurghi sono riusciti ad asportare il tratto cicatriziale ed a ricostruire un normale esofago utilizzando esclusivamente tessuto esofageo”.

Il decorso postoperatorio presso la Rianimazione pediatrica (diretta dal dottor Giorgio Ivani) si è prolungato per più di un mese.

Ora la bimba è ricoverata presso il reparto di degenza ad Alta Intensità della Chirurgia pediatrica e, grazie al suo “nuovo esofago”, sta progressivamente recuperando l’uso della bocca per alimentarsi con il supporto dello staff infermieristico, del Servizio di Logopedia e dei genitori affidatari.

“La sinergia di competenze e la capacità di approccio multidisciplinare presente all’interno della Città della Salute di Torino hanno reso possibile questo miracolo, che riporterà A. ad una vita normale e, a completo recupero, al suo ritorno alla famiglia naturale”, conclude la nota.

Il Direttore generale della Città della Salute di Torino, Silvio Falco, commenta: “Ancora un intervento che testimonia l’eccellenza della Città della Salute di Torino, con la collaborazione tra i nostri ospedali Regina Margherita e Molinette. E conferma quanto sia stata azzeccata la recente scelta di nominare i due nuovi Direttori di Chirurgia, che sono la massima espressione della Scuola universitaria ed ospedaliera del professor Mauro Salizzoni. Un ringraziamento a tutti coloro che si sono presi a cuore la vita della piccola paziente. Questo esempio deve diventare un ponte verso il futuro Parco della Salute”.


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Detox di gennaio: un toccasana per il corpo, ma per quanto riguarda la pelle può creare anche degli squilibri.

Rossori, macchie e acne stagionale possono essere in agguato quando si cambia dieta, anche se in meglio. Questo perché i livelli di infiammazione possono cambiare in maniera anche veloce dando un taglio ad alcol, zuccheri e alimenti trasformati.

Ci vuole un po’, insomma, perché anche la pelle si riassesti su un nuovo equilibrio e per aiutarla il più possibile ad apparire lo specchio della dieta sana che si sta seguendo arrivano dalla visagista inglese ed esperta di trattamenti estetici Emma Appleby alcuni consigli, diffusi online dal Daily Mail. Primo consiglio è evitare gli alimenti con un indice glicemico alto, quindi quelli con un elevato livello di zucchero e carboidrati raffinati.

«Gli alimenti con un alto indice glicemico – spiega infatti Appleby – aumentano i livelli di insulina nel sangue e possono far aumentare anche l’infiammazione e la produzione di sebo nella pelle causando brufoli e acne». Anche un po’ di esercizio fisico e una sauna possono aiutare a mantenere la pelle sana. Ma secondo la visagista è bene rimuovere il trucco e pulire la pelle prima di dedicarvisi, in modo che il sudore possa liberamente scorrere dai pori, per poi lavarsi subito dopo con acqua fredda per rimuovere i batteri e far tornare i pori alle loro dimensioni normali.

Utilizzare il siero può servire: alla Vitamina C, meglio se applicato al mattino, per proteggere la pelle dai danni dei radicali liberi, all’acido ialuronico per mantenere l’idratazione. «Includere l’ingrediente vitamina B3 (Niacinamide) nel regime di cura della pelle fa bene – aggiunge Appleby – in quanto aiuta a rafforzare la funzione di barriera cutanea». Infine, fare un peeling chimico professionale con regolarità.


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Variare il cibo, ridurre il consumo di sale, di alcuni oli e grassi, limitare il consumo di zucchero ed evitare l’alcol: sono i cinque suggerimenti che dà l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per affrontare il nuovo anno con una dieta sana, che ci aiuti a combattere le infezioni ed evitare altri problemi di salute, come obesità, diabete, malattie cardiache.

Per avere una dieta bilanciata, è importante mangiare un mix degli alimenti di base, come grano, mais, riso, patate, legumi, frutta e verdura fresca e cibo di origine animale (come carne, pesce, uova e latte).

Meglio prediligere i cereali integrali, e se si ha voglia di uno spuntino vanno bene verdure crude, arachidi e noci non salate e frutta fresca.

Per ridurre il sale, di cui la maggior parte delle persone nel mondo consuma il doppio della dose giornaliera raccomandata (pari ad un cucchiaino da te), l’Oms raccomanda di usarlo con moderazione quando si cucina, e di ridurre l’uso di salse e condimenti salati, evitare gli snack salati, e se si mangia frutta secca, scegliere le varianti senza sale e zuccheri aggiunti. E’ anche una buona mossa non mettere sul tavolo sale e condimenti e controllare le etichette dei cibi.

Per diminuire i grassi, soprattutto quelli trans, il suggerimento invece è di sostituire burro e strutto con olio di semi di soia, mais, cartamo e girasole, mangiare carne bianca e pesce, preferire la cottura al vapore invece delle fritture.

Mentre per ridurre gli zuccheri, spesso nascosti nei cibi e bevande processati, va limitato il consumo di bibite gasate e zuccherate, come succhi di frutti, liquidi o in polvere, energy e sport drink, e non dare cibi zuccherati ai bambini.

Infine l’alcol, che non può far parte di una dieta sana: “Non c’è un livello sicuro per il suo consumo – conclude l’Oms – Per molti, anche basse quantità possono rappresentare un grave rischio per la salute”. Va evitato se si è incinte, si allatta, se si guida, si utilizzano macchinari, se si hanno problemi di salute o si prendono farmaci che possono interagire con l’alcol. 


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Dal 1° aprile 2019 la Regione Toscana abolirà il superticket di 10 euro sulla digitalizzazione. Lo prevede una delibera approvata dalla giunta regionale, e illustrata dal presidente Enrico Rossi e dall’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi nella conferenza stampa di fine anno.

La delibera, dedicata soprattutto alle esenzioni per disoccupati, lavoratori in cassa integrazione e in mobilità, fa cenno anche all’avvio del percorso di eliminazione del contributo sulla digitalizzazione introdotto nel 2012. Viene prevista la costituzione di un apposito gruppo di lavoro per completare l’iter necessario per rendere la misura operativa dal 1° aprile 2019.

“Con questa delibera – ha spiegato l’assessore Saccardi -, oltre a rinnovare una serie di esenzioni che ormai da tempo fanno parte delle scelte della Regione Toscana, abbiamo anche delineato un percorso per eliminare, dal 1° aprile 2019 (il tempo necessario per l’adeguamento dei sistemi informatici e per l’organizzazione), il contributo di 10 euro per la digitalizzazione”.

Il contributo era stata inserito in seguito alla Finanziaria del 2011, che imponeva alle Regioni un gettito, attraverso l’adozione di superticket. La Toscana introdusse i ticket aggiuntivi, facendo però la scelta di graduarli in base al reddito, ed esentando dal pagamento le famiglie con reddito inferiore ai 36.000 euro. Nel 2012 introdusse il contributo di 10 euro per la digitalizzazione, da applicare a tutte le prestazioni di diagnostica per immagini (Rm, Tc, ecografie, Rx, scintigrafie). Un contributo dovuto da tutti gli utenti (fino a un massimo di 30 euro l’anno) e applicato anche alle prestazioni erogate in pronto soccorso a cui non consegue il ricovero.

“Questo contributo ci sembrava ormai anacronistico – chiarisce Stefania Saccardi – Quindi abbiamo deciso di abolirlo, in questa fase difficile in cui il governo promette di togliere il superticket, ma ancora non ha fatto nessun atto. L’ideale sarebbe stato metterlo nella Finanziaria, Invece, niente. Siamo curiosi di vedere con che provvedimento lo eliminerà. A livello nazionale, il superticket costa quasi mezzo miliardo, oltre 400 milioni”.

In Toscana, il contributo di 10 euro per la digitalizzazione pesa sul bilancio della sanità per oltre 18 milioni (circa 12,5 milioni per le prestazioni ambulatoriali, 5 per il pronto soccorso). “Un provvedimento importante, quello di eliminarlo – sottolinea Saccardi -, accompagnato anche da quello sulle esenzioni per molte categorie”.

Confermata per il 2019 l’esenzione per disoccupati, cassintegrati, lavoratori in mobilità

La delibera conferma anche per l’anno 2019 l’esenzione dalla partecipazione alla spesa per le prestazioni specialistiche ambulatoriali erogate in favore dei lavoratori e loro familiari a carico, residenti in Toscana, disoccupati, in cassa integrazione e in mobilità. Questi i requisiti:

– disoccupati e familiari a carico che abbiano cessato un lavoro dipendente o autonomo, in possesso di Dichiarazione di immediata disponibilità presentata al Centro per l’Impiego di competenza, con reddito del nucleo familiare fiscale fino a 27.000 euro (codice esenzione E90);

– lavoratori collocati in cassa integrazione o in contratto di solidarietà difensivo e familiari a carico appartenenti ad un nucleo familiare fiscale con reddito fino a 27.000 euro (codice esenzione E91);

– lavoratori in mobilità e familiari a carico iscritti nelle liste di mobilità, in possesso della Dichiarazione di immediata disponibilità presentata al Centro per l’Impiego di competenza, appartenenti ad un nucleo familiare fiscale con reddito complessivo fino a 27.000 euro (codice esenzione E92).

Inoltre la delibera proroga la validità delle attestazioni rilasciate ai cittadini toscani, ai fini della compartecipazione sanitaria, sulla base dell’ISEE, nell’anno 2018, fino al 31 marzo 2019.


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Di recente, il colosso della condivisione di immagini, uno dei social network più in voga tra i giovanissimi, ha deciso di rendere più dura la vita a chi cerca contenuti relativi ai disordini alimentari sul suo sito. 

Fra i tanti problemi che si trovano ad affrontare i piani alti delle aziende dei social media, quello della glorificazione dei comportamenti dannosi, per se stessi o per gli altri, e la loro emulazione, è sicuramente uno dei più complessi. Youtube, Facebook, Twitter e Instagram, sono tutti – chi più, chi meno – alla ricerca di strategie per ridurre il fenomeno che può riguardare tantissimi comportamenti, dalle tecniche per costruire armi in casa a come indursi il vomito per non ingrassare, fino alla “gara” a chi si procura più tagli sul corpo.

Il confine tra libertà d’espressione e il rischio di arrecare danno agli altri utenti può essere davvero sottile.

Di recente, Instagram, il colosso della condivisione di immagini e uno dei social network tra i più utilizzati tra i giovanissimi, ha deciso di rendere più dura la vita a chi cerca contenuti relativi ai disordini alimentari sul suo sito.

Già nel 2012 aveva creato una lista di hashtag impossibili da cercare, inclusi quelli relativi ad anoressia e bulimia, inviando la ricerca a pagine di informazione sul disturbo, con tanto di numeri verdi da chiamare.

Nonostante ciò, di recente si è scoperto che un gran numero di parole, inclusi alcuni hashtag che “promuovono” la bulimia, non erano stati inseriti nella “lista nera”.

Inoltre, se si inseriva “bulimia” nella barra di ricerca di Instagram, venivano fuori anagrammi della parola, creati dagli stessi utenti per aggirare le liste bloccate. Cliccandoci sopra si rischiava di ritrovarsi su pagine potenzialmente dannose.

A ottobre del 2017, una ricerca dell’Università di Exeter ha rilevato la presenza di un numero allarmante di account sui vari social media con contenuti che incoraggiavano i comportamenti legati ai disordini alimentari. Un altro studio dell’Università di Adelaide aveva scoperto che le donne che usavano l’hashtag “fitspiration” (termine che richiama la perdita di peso) su Instagram avevano un rischio maggiore di sviluppare un disordine alimentare.

A seguito dell’inchiesta della BBC, Instagram ha aggiornato la sua policy aggiungendo una serie di parole alla lista bloccata, inclusi gli anagrammi e spelling “sbagliati” relativi ai disordini alimentari.

Il sito ha dichiarato che farà tutto il possibile per continuare a dare assistenza alle persone più a rischio per lo sviluppo di disturbi mentali: “Con tutti i giovani che vengono su Instagram per connettersi agli altri, condividere e scoprire cose nuove, la nostra priorità è far sì che lo facciano in un ambiente sicuro”, è quanto ha dichiarato un portavoce del social network a The Independent.

“Non possiamo tollerare contenuti che incoraggiano le persone a sviluppare un disordine alimentare e usiamo tutti gli strumenti e le tecnologie a nostra disposizione per individuarli ed eliminarli”. Ma non finisce qui: “Non ci limitiamo a rimuovere contenuti e hashtag, ma cerchiamo di offrire alle persone che postano determinati contenuti la possibilità di accedere a consigli e assistenza, rivolgendosi anche direttamente a Papyrus UK o ai Samaritans”.

Gli esperti di comunicazione sanno che la consapevolezza e la possibilità di accedere a una rete di sostegno sono elementi essenziali per intraprendere un percorso di ricerca di aiuto.

A febbraio 2018, uno studio commissionato dalla Beat (una Fondazione sui disordini alimentari che agisce nel Regno Unito), ha rivelato che più di un terzo degli adulti britannici non è in grado di riconoscere i sintomi di un disordine alimentare. Gli oltre duemila intervistati erano più inclini a considerare la perdita di peso o il desiderio di essere magri come indicatori di un disturbo alimentare piuttosto che una bassa autostima o lo sviluppo di un rapporto ossessivo col cibo.

“Questi risultati sono preoccupanti – afferma Andrew Radford, direttore esecutivo della Beat – perché sappiamo che la mancanza di consapevolezza può impedire, a chi ne ha bisogno, di accedere alle cure”.

La pagina di “aiuto” per i disordini alimentari nella versione italiana di Instagram esiste, ma rimanda solo ad enti e associazioni inglesi. Per maggiori informazioni si può fare riferimento al sito del Ministero della Salute.


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Quando va bene (e si fa per dire) il rischio è di una cheratite batterica, ma ci sono quelli che riportano ulcere e addirittura perforazioni della cornea, con il rischio di perdere l’occhio. Eppure, la pennichella o addirittura il riposo notturno, con le lenti a contatto, è una cattiva abitudine molto più frequente di quanto si possa pensare.

Dormire con le lenti a contatto può mettere in guai seri. Dovrebbe essere retaggio del buon senso comune, ma a ricordacelo è uno studio di prossima pubblicazione su Annals of Emergency Medicine.

Nei soli Stati Uniti sono circa 45 milioni le persone che indossano lenti a contatto (in Italia sono circa 4 milioni); le lenti hanno sicuramente molti vantaggi, ma anche delle rigide istruzioni per l’uso. Andare a dormire senza rimuoverle, ad esempio, può provocare infezioni della cornea, come la cheratite microbica, con ricadute potenzialmente molto serie.

Sul numero di gennaio, Annals of Emergency Medicine pubblicherà sei storie, redatte grazie ad una collaborazione tra i Centers of Diseases Control and Prevention (CDC) e EMERGEncy ID Net (un network di sorveglianza collaborativa basata su dipartimenti di emergenza) che dovrebbero servire da ‘avvertimento’ in questo senso. I CDC stimano che ogni anno, circa un milione di pazienti si recano in pronto soccorso o in ambulatorio per una cheratite.

“Dormire con le lenti a contatto – afferma il primo autore dell’articolo Jon Femling, Dipartimento di Medicina d’Emergenza, University of New Mexico School of Medicine – è rischioso, può causare delle infezioni e a volte danni permanenti. Addormentarsi, anche solo per fare un pisolino, senza rimuovere le lenti può aumentare enormemente il rischio di andare incontro a gravi problemi”.

Tra i casi riportati nell’articolo c’è quello di un uomo valutato per occhi arrossati, con visione offuscata che riferiva l’abitudine di dormire con le lenti a contatto almeno 3-4 notti a settimana e di nuotare con le lenti. La diagnosi in questo caso è stata di cheratite batterica e micotica.

Un altro caso riguarda una ragazza adolescente che dormiva con le lenti acquistate senza prescrizione medica. Nel suo caso la conseguenza di questa insana abitudine è stata un’ulcera corneale con successiva cicatrice.

Si leggerà poi della storia di quell’uomo che, dopo aver indossato per due settimane le stesse lenti, si è ritrovato con una perforazione della cornea, infezione batterica e che è stato necessario sottoporre a trapianto per salvare l’occhio.

“Dormire con le lenti a contatto – conclude Femling – è uno dei comportamenti più a rischio e più comuni riferiti da adolescenti e giovani adulti portatori di lenti a contatto. Se si vogliono evitare infezione e corse al pronto soccorso, un’attenta cura degli occhi diventa un must”.


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In vista dell’approssimarsi delle festività natalizie la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale ha elaborato 10 suggerimenti con messaggi educazionali su alimentazione, tempo libero e sicurezza dentro e fuori casa.

Panettoni, pandori, torroni, cioccolatini, frutta secca e tante altre prelibatezze. Non solo. Mercatini, strade addobbate a festa, luci e suoni che invadono le vie delle città: i bambini sono ormai pronti a tuffarsi nella magica atmosfera del Natale. La festa sognata tutto l’anno dai più piccoli è ormai alle porte e i bimbi sono impazienti di scartare i propri regali sotto l’albero.

In occasione delle festività di Natale e Capodanno, la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale fornisce ai genitori utili consigli per trascorrere questi giorni ‘a misura di bimbo’, stilando un decalogo per mamme e papà che contiene importanti messaggi educazionali per ciò che riguarda l’alimentazione, il tempo libero e la sicurezza dentro e fuori le mura domestiche.

“Il Natale – afferma il Dottor Giuseppe Di Mauro, Presidente SIPPS – rappresenta un importante momento da trascorrere in famiglia, cercando di vivere momenti di gioia e serenità. La salute dei nostri figli è importante, sia quella fisica sia quella legata al benessere psico-emotivo. Durante questi giorni di vacanza, allo svago, al gioco e alla distrazione i bambini dovrebbero dedicare il proprio tempo anche ad attività che spesso tralasciano: il riposo, ad esempio, è fondamentale per i più piccoli, così come si dovrebbe evitare di esporli a dannosi stimoli sonori. L’auspicio è che le festività natalizie, oltre a lasciare un bel ricordo, siano vissute all’insegna della serenità e del recupero di tanti valori che oggi sembrano persi ma dei quali la nostra società ha davvero bisogno, anche per guardare al nuovo anno con la maggior fiducia possibile”.

Questo il decalogo della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale:

– Insegnare ai bambini il rispetto degli altri e dare loro esempio attraverso un gesto di solidarietà può essere un modo semplice ed efficace per trasmettere loro il significato più profondo di questi giorni di vacanza. Il Natale dovrebbe infatti essere la festa della condivisione e della fratellanza.

– Mai discutere di fronte ai propri bambini. Lo stato d’animo dei genitori si ripercuote, inevitabilmente, su tutta la famiglia e spesso le festività natalizie si trasformano in un pretesto per dare sfogo a conflitti e tensioni spesso sopite. Le vacanze diventino, dunque, un momento di convivialità e di unione.

– Leggere sempre con attenzione le etichette degli alimenti: è una buona abitudine da trasmettere ai propri figli per renderli consapevoli di cosa stanno mangiando. Da non trascurare, ovviamente, le etichette e il foglietto illustrativo dei farmaci: rivolgersi sempre al pediatra per il loro corretto utilizzo e in caso di dubbi.

– Dare alla frutta un ruolo di primo piano sulle tavole imbandite. Arance, mandarini, mele, pere, melograni, ad esempio, apportano sempre un tocco di colore e allegria e, pur rispettando le tradizioni di ogni Regione, non bisogna far mancare ai bimbi un giusto apporto di fibre, vitamine e sali minerali.

– Evitare assolutamente gli eccessi alimentari. Ogni anno i Pronto Soccorso registrano casi di bimbi ‘intossicati’ a causa delle abbuffate natalizie.

– Diversificare il più possibile le attività. Inoltre, i bambini che vanno a scuola, dovrebbero fare i compiti un po’ alla volta per renderli meno pesanti.

– Non fate diventare i piccoli schiavi della tecnologia: davanti a cartoni animati, computer e videogiochi, i bambini si incantano, senza poi contare quelli che ormai hanno sempre lo smartphone in mano. Portate i vostri figli almeno un paio d’ore all’aria aperta o invitate a casa i loro amici.

– Trovare una via di mezzo tra la monotonia e i sovraccarichi di ogni genere. Passati i 15-18 mesi qualche trasgressione può essere concessa, ma l’organismo del bambino necessita di regolarità.

– Comprare giocattoli a norma e dunque certificati dal marchio CE, puntando al loro corretto utilizzo. La sicurezza riguarda poi anche lo sport: bisogna rispettare le norme basilari (comportamentali, gradualità, eventuale appoggio a un istruttore) fare uso di opportune dotazioni protettive, oltre ad alcune abitudini, come quella dei fuochi di Capodanno, purtroppo funestate da incidenti ogni 31 dicembre.


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