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Sottovalutato il pericolo del binge drinking, cioè l’abitudine dei giovani di concentrare il consumo di grande quantità di alcol in poche ma costanti occasioni, come il sabato sera. Lo rileva uno studio condotto al Gemelli di Roma

Le abbuffate alcoliche (o binge drinking) tipiche di molti giovani (che magari si limitano a bere al sabato sera e non toccano un dito di alcol durante la settimana) potrebbero portare allo sviluppo di alcol-dipendenza. Lo dimostra uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – Università Cattolica e pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports del gruppo editoriale di Nature, dal team del professor Giovanni Addolorato, direttore dell’Unità Operativa Semplice di Area (UOSA) Patologie Alcol correlate all’interno della UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia, e del professorAntonio Gasbarrini, direttore Area Gastroenterologia ed Oncologia Medica.

Il binge drinking è una modalità di assunzione di alcolici che nell’ultimo decennio si è notevolmente diffusa nel nostro Paese anche fra gli adolescenti. È caratterizzata dall’assunzione di oltre 4-5 Unità Alcoliche (drinks) in unica occasione e in breve tempo, lontano dai pasti e per avvertire gli effetti psicotropi del cosiddetto ”sballo”. Una unità alcolica, pari a circa 12,5 grammi di etanolo, corrisponde a circa 125 millilitri di vino a media gradazione – quindi un bicchiere – o 330 mL di birra – una lattina o una bottiglia – o 30 mL di super alcolici – un bicchierino da bar.

“Lo studio osservazionale coordinato dai Professori Giovanni Addolorato e Antonio Gasbarrini, dell’Istituto di Patologia Speciale Medica dell’Università Cattolica – spiega una nota del Policlinico – ha dimostrato che tale comportamento, spesso ritenuto – sottostimandone la reale pericolosità – un “normale passaggio adolescenziale” è un fattore di rischio per lo sviluppo di alcol-dipendenza”.

Finanziato dalla Fondazione Roma e dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie Epatiche (FIRE), lo studio ha coinvolto 2704 giovani di età compresa tra i 13 e i 20 anni che frequentavano le scuole superiori della Capitale e di altre città del Lazio. I ragazzi hanno compilato questionari per valutare il loro consumo di bevande alcoliche, di fumo, l’uso di droghe e il quadro psicologico individuale. Circa l’80% del campione ha dichiarato di consumare bevande alcoliche (nonostante nel nostro Paese la vendita di alcolici ai minori sia vietata e nonostante la posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità contraria al consumo di bevande alcoliche negli adolescenti).

“La maggior parte dei giovani coinvolti nell’indagine – riferisce la nota – non era mai stata informata né dai familiari né dal personale sanitario circa i rischi connessi al consumo di bevande alcoliche in considerazione, soprattutto, della giovane età. Il 6,1% dei soggetti intervistati presentava un disturbo da uso di alcol, in particolare il 4,9% presentava una diagnosi di abuso di alcol mentre il rimanente 1,2 % presentava una diagnosi di dipendenza da alcol”.

“La quota dei ragazzi con diagnosi di alcol-dipendenza era esclusivamente presente nel gruppo di giovani habitué del binge drinking – fa notare il professor Addolorato – mentre era assente in chi non era solito a questo comportamento; questo indica che il binge drinking è un fattore di rischio molto forte per lo sviluppo di dipendenza da alcol nei ragazzi”.

“Tali dati – sostiene Addolorato – in altre parole, dimostrano che le abbuffate alcoliche rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbo da uso di alcol e in particolare di dipendenza da alcol, e indicano che, verosimilmente, fra qualche anno dovremmo confrontarci con un aumento di incidenza di patologie alcol-correlate nella popolazione oggi giovanile che nel frattempo sarà diventata adulta”. Per prevenire tutto ciò, conclude la nota del Policlinico, è auspicabile che vengano incrementati programmi informativi adeguati a divulgare agli adolescenti i rischi connessi al consumo di bevande alcoliche e al binge drinking.


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L’ideale sarebbe arrivare a 150 minuti settimanali di attività fisica a moderata intensità, ma già con 90 minuti a settimana una donna di mezza età che decide di smettere di fumare può registrare un minore incremento del peso

Anche solo camminare a passo svelto per circa 90 minuti a settimana ridurrebbe il rischio di prendere peso tra le donne di mezza età che vogliono smettere di fumare. I risultati migliori, però si otterrebbero facendo 150 minuti di attività fisica di moderata intensità a settimana. È quanto suggerisce uno studio pubblicato da Menopause e condotto da un team di ricercatori guidato da Juhua Luo, dell’Indiana University di Bloomington, negli USA.

Lo studio. Luo e colleghi hanno monitorato 4.717 fumatori di età compresa tra 50 e 70 anni. Di questi, 2.282 erano donne che, al momento di smettere di fumare, hanno preso, complessivamente, 3,5 chili in più di peso. Tra le donne, però, che facevano attività fisica moderata per 150 minuti a settimana, l’aumento medio di peso è stato di 2,55 chili, mentre tra coloro che non facevano attività fisica, o la riducevano, l’aumento di peso è stato di 3,88 chili, in media, dopo aver smesso di fumare.Per le donne che svolgevano un alto livello di attività fisica all’inizio e alla fine dello studio, dopo aver smesso di fumare, l’aumento medio di peso registrato è stato di 2,63 chili. Infine, aumentare l’attività fisica ha avuto un beneficio maggiore per le donne che erano obese rispetto a quelle di peso normale.

“Abbiamo scoperto che anche poca attività fisica riduce al minimo l’aumento di peso dopo che le donne sperimentano dopo aver smesso di fumare”, commenta Juhua Luo . “Sorprendentemente le donne che facevano poca attività fisica e intensificavano l’esercizio dopo aver smesso di fumare avevano lo stesso beneficio delle donne fisicamente attive sia prima che dopo aver smesso di fumare”.

Fonte: Menopause


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Non è un caso, forse, se molte mamme utilizzano il ‘baby talk’, il linguaggio fatto di suoni, cambi di intonazioni nella voce e parole che attirano l’attenzione dei piccoli. Più sono esposti a questo modo di parlare più infatti i bimbi sviluppano meglio il loro vocabolario.

Lo rileva uno studio dell’Università di Edimburgo, pubblicato su Cognitive Science. Gli studiosi hanno registrato esempi di discorsi indirizzati a 47 bambini che imparavano l’inglese. Hanno controllato le caratteristiche, oltre ad ad analizzare dei diminutivi che terminavano in ‘y’ e che contavano sillabe ripetute. Sono state poi state prese in esame anche parole onomatopeiche, come woof (il verso dei cani) e splash (che indica ad esempio il rumore prodotto da un tuffo).

I ricercatori hanno esaminato il tasso di sviluppo del linguaggio dei piccoli misurando la dimensione del vocabolario a 9, 15 e 21 mesi, scoprendo che quelli che sentivano una proporzione più alta di diminutivi e parole con sillabe ripetute, entrambi parte del ‘baby talk’, sviluppavano il linguaggio più rapidamente, mentre ciò non avveniva per quanto riguarda le espressioni onomatopeiche.

“I nostri risultati – conclude Mitsuhiko Ota, che ha guidato la ricerca – suggeriscono che diminutivi e riduplicazioni, che sono frequenti nel baby talk , in molte lingue diverse, possono facilitare la fase iniziale dello sviluppo del vocabolario”.


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Nelle giornate più calde è buona norma mettere a disposizione una vasca per permettere al cane di rinfrescarsi. Durante le passeggiate, necessarie per assecondare il bisogno di correre, è bene avere al seguito una riserva di acqua. Attenzione anche all’asfalto bollente: può bruciare i polpastrelli degli amici a quattro zampe

Il caldo di questi giorni sta mettendo a dura prova anche i nostri amici animali. I cani in particolare non hanno una significativa sudorazione, la funzione termoregolatrice avviene soprattutto con l’aumento della frequenza respiratoria e in piccola parte mediante le ghiandole presenti nei polpastrelli”. È quanto scrive l’Ausl di Modena in un comunicato.

Risentono quindi molto più di noi dei rialzi termici e i colpi di calore possono essere mortali: “Mentre i gatti si muovono con una discreta autonomia sia in casa che in giardino riuscendo sempre a trovare un luogo più fresco – spiega infatti Giovanni Zecchini, Direttore del Servizio Veterinario dell’Azienda USL –, non è detto che il cane riesca a fare la stessa cosa. È quindi molto importante che abbia sempre acqua fresca abbondante, conservata all’ombra, e una cuccia coibentata e protetta dal sole”.

“Nelle giornate più calde – si legge – è buona norma mettere a disposizione una vasca per permettere al cane di rinfrescarsi. Durante le passeggiate, necessarie per assecondare il bisogno di correre, è bene avere al seguito una riserva di acqua. Attenzione anche all’asfalto bollente: può bruciare i polpastrelli degli amici a quattro zampe. Durante i viaggi lunghi si raccomanda di prevedere alcune soste, utili per il ristoro di animali e padroni”.

“Tra i comportamenti assolutamente da evitare – suggerisce l’Ausl – : portare fuori il cane nelle ore più calde (consiglio che vale anche per il proprietario), lasciarlo al sole o in macchina (nemmeno con i finestrini abbassati). Sbagliato anche tagliare il pelo al cane: procura stress ed espone il corpo all’azione diretta del sole, mentre proprio il pelo ha un’importante azione termoisolante.

Occhio all’alimentazione: la ciotola va svuotata con cura dai residui rimasti perché con il caldo il cibo può fermentare ed essere invaso da larve di mosche. Gli alimenti in scatola o in sacchi vanno conservati in luogo fresco”.


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L’Agenzia del farmaco ha pubblicato sei pillole video da condividere sui social e 1 opuscolo da scaricare, stampare e conservare per ricordare a tutti i pazienti, in particolare a quelli che si accingono a partire per le ferie, che in estate è necessario dedicare ancora maggiore attenzione alla conservazione, al trasporto e all’utilizzo dei farmaci.

L’OPUSCOLO

I VIDEO

“Il sole e le alte temperature mettono a rischio la conservazione dei medicinali; per non ridurne l’efficacia, la qualità e la sicurezza basta seguire pochi semplici ma utili accorgimenti”.

“AIFA – afferma il Direttore Generale, Mario Melazzini – rilancia e rinnova la campagna Farmaci & Estate per sensibilizzare i pazienti ad un uso corretto e sicuro dei medicinali durante la bella stagione. Le pillole video e l’opuscolo realizzati per l’occasione servono a ricordare a tutti che in estate occorre qualche accorgimento in più per conservare e trasportare i farmaci nella maniera più corretta. Oltre a questi consigli pratici è importante leggere sempre con attenzione il foglio illustrativo e consultare il medico o il farmacista in caso di dubbi”.

1. In estate è preferibile usare formulazioni solide, meno suscettibili alle alte temperature.

2. I farmaci vanno conservati in luogo fresco e asciutto, ad una temperatura mai superiore a 25 gradi.

3. Alcuni farmaci possono indurre reazioni cutanee con l’esposizione al sole, è utile informarsi con il proprio medico, evitare l’esposizione tra le 11 e le 16 e utilizzare sempre la protezione solare.

4. Ogni farmaco va tenuto nella sua confezione originale per sapere la data di scadenza e avere a disposizione il foglio illustrativo.

5. In auto i farmaci non vanno esposti al sole, è importante usare un contenitore termico e non metterli nel bagagliaio ma nell’abitacolo.

6. Se si viaggia in aereo bisogna ricordarsi di mettere i farmaci nel bagaglio a mano e portare con se le prescrizioni, in particolare se si tratta di farmaci salvavita.


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Uno studio australiano ha scoperto una correlazione tra assunzione di alcolici in gravidanza e insorgenza di problemi cognitivi nei bambini fino all’età di sei-sette anni. Correlazione che si attenua quando i bambini giungono ai 10-11 anni

Le madri che allattano al seno e bevono alcolici presentano una maggiore probabilità di avere bambini con problemi cognitivi rispetto alle donne che non bevono durante la fase dell’allattamento. A suggerirlo è uno studio australiano pubblicato da Pediatrics. La ricerca è stata guidata da Louisa Gibson della Macquarie University.

I ricercatori hanno esaminato i risultati dei test cognitivi completati da 5.107 bambini e dei questionari compilati dalle madri, che raccoglievano informazioni sull’allattamento del bambino e su quanto spesso fumavano sigarette o bevevano alcolici in gravidanza o in allattamento. Dai risultati è emerso che i bambini nati da madri che consumavano alcolici durante la fase dell’allattamento, all’età di sei-sette anni, avevano punteggi più bassi relativamente al ragionamento non verbale. Invece non è stata registrata alcuna alterazione a livello cognitivo nei bambini nati da madri fumatrici rispetto alle non fumatrici.

I bambini esposti all’alcool attraverso il latte materno avrebbero avuto punteggi più bassi di valutazione cognitiva rispetto ai bambini non esposti, anche se le madri non avevano fumato né bevuto alcool in gravidanza. Gli effetti dell’alcool sembrano comunque perdere di evidenza quando i bambini raggiungono i 10-11 anni.

“Questo studio è importante perché ci dice che non c’è un livello di alcool sicuro per una madre che allatta”, ha sottolineato Louisa Gibson, autrice principale dello studio. “Mentre sono abbastanza chiari gli effetti negativi dell’alcool e del fumo durante la gravidanza, gli effetti di queste sostanze veicolate al bambino attraverso il latte materno sarebbero ancora dubbi”, ha spiegatoSvetlana Popova, del Centre for Addiction and Mental Health dell’Università di Toronto, che non era coinvolta nello studio. “Questo studio conferma che bere durante l’allattamento può causare riduzione dose-dipendente delle capacità cognitive”.

Infine, secondo Lauren Jansson, della Johns Hopkins University di Baltimora, che ha scritto un editoriale sulla ricerca, poiché l’allattamento al seno ha molti benefici per la salute, le madri che cercano di smettere di bere durante l’allattamento dovrebbero ricevere un ulteriore sostegno.

Fonte: Pediatrics


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Una dieta di tipo mediterraneo è un’alleata preziosa, anche in caso di psoriasi.

Uno studio condotto su oltre 3500 persone colpite da questa malattia ha infatti scoperto che più la loro dieta era sana, meno gravi erano i sintomi. In particolare, quanto più i pazienti aderivano ai dettami di un regime alimentare di tipo mediterraneo, con un consumo importante di frutta, verdura, cereali integrali, pesce, olio d’oliva e noci, e limitato di carni rosse, latticini e alcolici, tanto meno gravosa diventava la psoriasi.

La ricerca è stata svolta in Francia, dall’Henri Mondor University Hospital di Creteil, e pubblicata su Jama Dermatology. Oltre a chiedere ai pazienti affetti da psoriasi la gravità dei loro sintomi, è stato anche misurato il grado di avvicinamento a un ideale di dieta mediterranea.

I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: un primo più distante da questo regime alimentare, un secondo medio e un terzo che era invece quello maggiormente vicino. I ricercatori hanno adattato i risultati ad età, livelli di esercizio, obesità, fumo e altri potenziali fattori di rischio per la psoriasi ed è emerso che rispetto alle persone nel gruppo più distante dalla dieta mediterranea, quelle nel gruppo medio e maggiormente vicino avevano il 29% e il 22% in meno di probabilità di avere sintomi gravi.

Sebbene un rapporto diretto causa-effetto tra dieta mediterranea e diminuzione della psoriasi debba essere provato anche da ulteriori ricerche, secondo gli studiosi la dieta mediterranea anti-infiammatoria potrebbe avere effetti diretti e salutari sul sistema immunitario o sul microbioma nell’intestino. La dieta mediterranea è inoltre ricca di vitamine A, D, E, acido folico e omega-3, tutti con un effetto anti-infiammatorio.


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Non esiste il genitore perfetto, e per fortuna perché accettando i propri errori e trasformando il proprio comportamento il genitore può dare un esempio concreto di umanità matura. L’ideale, infatti, piuttosto che nell’assenza di errore, è nell’essere consapevoli e nel tentare di correggere i comportamenti negativi, insieme ai figli.

Non è facile essere genitori: sono tanti i modi di esserlo e non ce ne sono di perfetti. Si tratta di un’esperienza che arricchisce l’esistenza ma che mette di fronte a sfide quotidiane, alcune delle quali possono anche essere perse. È importante per l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna sottolineare come i genitori non debbano colpevolizzarsi per eventuali errori commessi, piuttosto sarebbe utile invitarli a riconoscere dove si è sbagliato, per la crescita psicologica personale e dei figli.

Essere genitore comporta garantire protezione, insegnare i limiti, far sviluppare la capacità di interazione nel contesto sociale e di gestione dei conflitti, favorire esperienze di autonomia, conservando una condizione di sicurezza. Azioni che richiedono un impegno psicologico costante, non facile da sostenere nella quotidianità. “Esserci”, mantenere una relazione costruttiva con i figli, riconoscere il proprio ruolo e anche i propri limiti non è semplice ma è molto importante: il buon esempio, infatti, è più importante di molti insegnamenti verbali. E tutto questo è tanto più valido quando si parla di “imparare a sbagliare”.

Oltre alla complessità del compito genitoriale in sé, padri e madri avvertono anche una significativa pressione psicologica e sociale nell’esercitare la loro funzione educativa. Alle volte rincorrono un ideale di genitore perfetto, un genitore sempre all’erta, che non sbaglia mai e che deve sempre trovare la risposta giusta al momento giusto. Tuttavia siamo esseri umani imperfetti e l’errore è inevitabile.

Non esiste dunque il genitore perfetto, e per fortuna perché accettando i propri errori e trasformando il proprio comportamento il genitore può dare un esempio concreto di umanità matura. L’ideale, infatti, piuttosto che nell’assenza di errore, è nell’essere consapevoli e nel tentare di correggere i comportamenti negativi, insieme ai figli. Un genitore consapevole dei propri limiti dà un insegnamento prezioso al figlio che impara così a crescere accettandosi nella propria soggettività e limitatezza fisica e psicologica.

Alla capacità di riconoscere dove si è sbagliato dovrebbe poi seguire la richiesta di scuse, che sono lo strumento di salvaguardia di tutti i rapporti umani e soprattutto di quello con i familiari. In assenza di tale richiesta di fronte a errori che colpiscono le persone può sorgere infatti malessere, sofferenza e rancore. Spesso, ciò che fa più soffrire nelle relazioni non è l’ingiustizia subita, ma la mancanza di riparazione da parte di chi l’ha commessa, cosa che può comportare una crescita del risentimento della persona offesa, causando in alcuni casi un impoverimento del rapporto e perfino la sua chiusura, con possibile profondo turbamento per le persone coinvolte.

Molti genitori possono pensare che scusarsi con un figlio li faccia apparire deboli e meno autorevoli ai suoi occhi. Dimostrare invece di avere capito di aver sbagliato, di essere dispiaciuti di non aver avuto un comportamento rispondente al proprio ruolo e al bisogno del figlio, è indispensabile per dare un’immagine positiva. Un ragazzo che fa esperienza di figure genitoriali consapevoli, coerenti e rispettose della sua dignità sviluppa un senso di sé positivo e avrà più fiducia nelle relazioni significative.

Si insegna che la consapevolezza dello sbaglio aiuta a tollerare la frustrazione associata a esso. Si può apprendere anche guardando l’altro che sbaglia, in un confronto reciproco, crescendo insieme. In conclusione, la volontà e l’atto di riparare possono promuovere il perdono, che è l’esito di un lavoro psicologico spesso non facile. Il figlio può sperimentare così sia che si può sbagliare, sia che si può perdonare e apprendere l’importanza di una relazione basata sul rispetto e la fiducia.


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Prima di partire per le vacanze e mettere i farmaci in valigia bisogna innanzitutto porsi un paio di domande: andiamo in un luogo caldo? Viaggiamo con dei bambini? In estate, poi, dobbiamo prestare una maggiore attenzione alla scelta della preparazione farmaceutica (pomata, compressa, sciroppo, gocce etc.) da portare con noi e alle corrette modalità di conservazione.

“Agosto è alle porte e milioni di italiani si stanno preparando per le vacanze. Oltre ai teli da spiaggia, le creme solari e un buon libro non potranno mancare in valigia anche alcuni farmaci. Per chi già segue terapie croniche, ma anche per la prevenzione. I più accorti, infatti, vorranno essere preparati nel caso si abbia qualche piccolo incidente con la salute proprio in viaggio. E sia che andremo in un posto caldo sia al fresco, al mare o in montagna, dovremo fare molta attenzione a come conserveremo la nostra piccola “farmacia” portatile”.

È quanto scrive la Società Italiana di Farmacologia che ha rilasciato alcuni consigli sul tema farmaci in vacanza.

“Prima di partire per le vacanze e mettere i farmaci in valigia – scrive la Sif – bisogna innanzitutto porsi un paio di domande: andiamo in un luogo caldo? Viaggiamo con dei bambini? In estate, poi, dobbiamo prestare una maggiore attenzione alla scelta della preparazione farmaceutica (pomata, compressa, sciroppo, gocce etc.) da portare con noi e alle corrette modalità di conservazione”.

Consigli generali:
– Un farmaco va sempre conservato in un luogo fresco ed asciutto, a temperature non superiori ai 24°C.
– Preferire le formulazioni solide a quelle liquide, in quanto, in generale, meno sensibili alle temperature elevate
– Se viaggiamo in auto, i farmaci vanno trasportati nell’abitacolo più fresco. Se viaggiamo in aereo è meglio nel bagaglio a mano: nelle stive degli aerei la temperatura scende anche di molti gradi sotto lo zero.
– Se sei in terapia con farmaci salvavita, ricordarsi di portare con sé la prescrizione medica.
– Non sostituire mai la confezione originale del farmaco, è questa che rende riconoscibile il farmaco stesso, riporta la data di scadenza e contiene il foglietto illustrativo, utile se si ha qualche problema o se lo deve consultare per te un’altra persona che non ti conosce e non ha preparazione medica.
– Controllare sempre il foglietto illustrativo del farmaco, alcuni farmaci possono causare reazioni da fotosensibilizzazione, che possono presentarsi come dermatiti, eczemi e altre manifestazioni cutanee.
– Non conservare i farmaci in ambiente umido: l’umidità può alterare compresse, capsule e cerotti medicati.
– Conservare in frigorifero gli sciroppi e i colliri e le preparazioni liquide.
– Se viaggiamo con un bambino e andiamo in una zona dove può essere difficile reperire medicinali, è opportuno prima di partire consultare il pediatra su cosa mettere in valigia, in base alle esigenze del bambino, altrimenti sono sufficienti due o tre farmaci base.

I farmaci che possono servire sono:
– Un antidolorifico/antipiretico come il paracetamolo (da utilizzare anche nei bambini).
– Un antinfiammatorio come l’ibuprofene.
– Un farmaco per il trattamento delle cinetosi (mal d’auto, mal di mare, etc.).
– Un cortisonico per via iniettabile, utile in caso di reazione allergica.
– Un antibiotico a largo spettro da assumere per via orale, se viaggiamo con bambini anche in formulazione pediatrica.
– Pomate a base di cortisone e di antistaminici, che possono essere utili nelle punture di insetti, eritemi solari o contatti con meduse (da utilizzare anche nei bambini).
– Un farmaco per l’iperacidità gastrica o un procinetico.
– Un antidiarroico e un antiemetico. Se si viaggia con un bambino può essere utile anche una soluzione reidratante orale, che può aiutare il piccolo a recuperare i sali minerali persi con il vomito o la diarrea.
– Un piccolo kit di pronto soccorso: disinfettante, garze sterili e cerotti.


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Ecco alcuni consigli per i genitori da parte della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale. Portare con sé tanta acqua, evitare le bevande zuccherate ed i thè preconfezionati, mangiare tanta frutta, evitare pranzi troppo elaborati e difficilmente digeribili. Il presidente Sipps Giuseppe Di Mauro: “Insieme ai cereali ed ad un’adeguata assunzione di acqua, la frutta e la verdura costituiscono le basi della piramide alimentare. Introdurre sempre una quota di calcio”.

L’estate è finalmente arrivata! Anzi, per molti ha già preso il via da alcuni giorni. Soprattutto per i bambini, che si sono messi alle spalle l’anno scolastico e si sono riversati nelle località di mare e di montagna di tutta Italia per godersi le vacanze. Per i piccoli il menu dei mesi di luglio e agosto non prevede solo bagni e passeggiate nei boschi ma anche strappi alla regola sul fronte alimentare. E così non sono pochi i bimbi che rischiano di tornare sui banchi di scuola con qualche chilo di troppo.

Cosa fare, dunque, per trascorrere i mesi estivi all’insegna della sana e corretta alimentazione? E quali, invece, i cibi da evitare? La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale fornisce ai genitori utili consigli su quali alimenti debbano trovare posto in tavola per un corretto sviluppo dei più piccoli.

Questo il decalogo della Sipps

Acqua: Portatene tanta, soprattutto se con voi ci sono bambini, se avete deciso di passare molte ore in spiaggia o fuori casa e se la giornata si presenta calda e umida. L’acqua disseta anche più se in una bottiglia da un litro e mezzo si aggiunge il succo di mezzo limone poiché i sali minerali reintegrano quelli persi con il sudore. Il giorno prima potete mettere nel congelatore alcune bottigliette che serviranno a tenere fredde le bevande nel frigo portatile.

Bevande zuccherate: Meglio evitare l’aranciata o la bibita a base di cola, poiché poco dissetanti per la loro alta concentrazione di zucchero. Inoltre, la caffeina contenuta nelle bibite gusto cola, oltre a non essere indicata per i bambini, può provocare disidratazione, pericolosa per chi vuole trascorrere giornate sotto il sole.

Thé: ‘No’ a quelli confezionati, troppo ricchi di zucchero e, quindi, di calorie. Il thé è un’ottima bevanda che con i suoi flavonoidi ci protegge dai danni dei radicali liberi. Potete prepararlo voi addolcendolo con poco zucchero e tanto succo di limone. C’è anche il thé verde, ricchissimo di antiossidanti e con un gusto così delicato che di solito non ha bisogno di essere zuccherato.

Succhi di frutta: Possono diventare un buono spuntino di emergenza, ma non sono comunque sostituti della frutta, unica con il suo contenuto in fibra e il suo alto potere saziante, o dell’acqua perché, pur contenendo vitamine, sono ricchi di zuccheri che rendono queste bevande poco dissetanti ma iperglicemizzanti. In ogni caso, se proprio dovete usarli, scegliete sempre quelli senza zuccheri aggiunti!

Frutta: Decisamente sì, ottima sia come spuntino che a fine pasto. L’estate ce ne offre moltissima. Ricca di acqua, vitamine, minerali, fibra e fitonutrienti, la frutta non ha controindicazioni.

Pranzo: Evitate piatti elaborati come pasta al forno o timballi, spesso ricchi di grassi che rallentano la digestione e creano sensazione di pesantezza. Un panino può diventare un buon pasto. Scegliete pane fresco e non condito e riempitelo di tanta verdura (pomodori, insalata, verdure grigliate) e qualche fetta di prosciutto o arrosto di tacchino o mozzarella o uovo sodo.

Riso: Un ottimo piatto può essere la classica insalata di riso. Il riso è ricco di amido, un tipo di carboidrato molto digeribile. Usate il riso parboiled che non scuoce e mantiene i chicchi ben separati. Questo vi eviterà di utilizzare molto olio. Potete usare i condimenti già pronti ma all’acqua, oppure verdure fresche come i pomodori.

Verdure: Non è comodo né igienico portarsi da casa verdure cotte o insalate. Una valida alternativa possono essere ortaggi come cetrioli, da sbucciare sul momento, o finocchi. Sono ricchi di acqua e di potassio con pochissime calorie. Ottimi come spuntino o da mangiare durante il pranzo.

Secondi: Se nelle vostre insalate di riso o di pasta avete aggiunto del tonno, o del prosciutto, o del formaggio, avete preparato dei piatti unici, che oltre ai carboidrati forniscono anche proteine. Un secondo sarebbe di troppo. Evitate carne panata fritta come può essere quella confezionata, ma anche quella fatta in casa, poiché troppo ricca di grassi. Anche le frittate sono sconsigliate in spiaggia. Pur essendo comode da portare fuori casa, le uova richiedono infatti una lunga digestione.

Divertimento: Giocate insieme ai vostri figli o fate sì che i vostri piccoli non si annoino. Oltre a nuotare, a fare castelli di sabbia ci sono tanti giochi che si possono fare in spiaggia ma anche in montagna. Dove è possibile si può giocare a pallone o a racchette e, perché no? Una bella partita a bocce non ha mai stancato nessuno!

“La prima regola è mangiare sano, con attenzione soprattutto alla varietà nei tipi di verdure e di pesce, su cui le famiglie italiane sono un po’ carenti, e adottare alcuni accorgimenti, come quello di consumare i pasti in famiglia e coinvolgere i figli nella spesa e nella preparazione dei cibi”. E’ quanto afferma Andrea Vania, Dirigente di I livello e Responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica del Dipartimento di Pediatria di Sapienza Università di Roma. “Il mio consiglio – prosegue l’esperto della Sipps – è quello di coinvolgere i bambini nella spesa, non tanto per consentire loro di comprare le merendine che preferiscono, ma perché siano loro a suggerire di provare un pesce o una verdura che non hanno mai provato. Coinvolgiamoli anche in cucina: questo è un punto importante, che spesso viene dato come indicazione comportamentale anche nel trattamento dell’obesità”.

Gli esperti si soffermano sulla piramide alimentare, modello di corretta distribuzione dei nutrienti nella dieta, anche e soprattutto nel periodo estivo. “Insieme ai cereali ed ad un’adeguata assunzione di acqua – informa Giuseppe Di Mauro, Presidente Sipps -, la frutta e la verdura costituiscono le basi della piramide alimentare. Se ne devono assumere ogni giorno e 2-3 volte al giorno, scegliendo frutta e verdura fresca di stagione che vanno consumate con la buccia, che fornisce fibra, e a pezzi, a morsi perché ciò contribuisce ad aumentare il senso di sazietà. “Ogni giorno – conclude il Presidente Di Mauro – bisogna introdurre una quota di calcio pari a quanto raccomandato per età del bambino, che si ottiene assumendo latte e latticini: dal latte parzialmente scremato allo yogurt naturale con l’aggiunta di frutta fresca, fino ai formaggi freschi”. 


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