Non solo malattie respiratorie: se i genitori fumano i bambini hanno un maggior rischio cardiovascolare.
Fumare sul terrazzo o areare non basta, perché ad essere “incriminato” è anche il fumo di “terza mano”, che si deposita sui vestiti, sulle pareti, sui mobili, e che, a contatto con i gas dell’aria, sprigiona sostanze tossiche che rimangono negli ambienti anche per mesi, inalate o assorbite anche attraverso il contatto con la pelle.
Se ne è discusso al Congresso della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica(Siaip) a Milano, dove sono stati presentati i risultati di uno studio pubblicato su Thorax, condotto da un team di ricercatori dell’Università La Sapienza. «Stiamo parlando di effetti a lungo termine», precisa il primo autore, il professor Lorenzo Loffredo. «Avere un rischio cardiovascolare aumentato non vuol dire che il figlio di fumatori rischia un infarto, ma che potrebbe avere un rischio aumentato di eventi cardiovascolari in età adulta». Gli studiosi avevano evidenziato in precedenza che negli adulti il fumo aumenta lo stress ossidativo, attivando un enzima e diminuendo la biodisponibilità di ossido nitrico, che protegge da aterosclerosi e rischio cardiovascolare.
“Nello studio – spiega Anna Maria Zicari, professoressa aggregata di Pediatria – i figli di fumatori hanno dimostrato di avere una minore produzione di ossido nitrico e più stress ossidativo con conseguente alterazione della dilatazione arteriosa”. In Italia esistono ancora ambienti in cui si fuma, come l’automobile, luogo particolarmente a rischio.”Studi recenti hanno dimostrato che le concentrazioni tossiche possono essere più di venti volte superiori a quelle nell’ambiente domestico”, spiega ancora Loffredo.
“Ciononostante il 65% dei fumatori ha dichiarato di fumare in auto e purtroppo ancora un 21% lo fa in presenza dei bimbi”. “Il danno che possiamo procurare ai figli – conclude la Presidente Siaip Marzia Duse – è “nascosto” e silente, ma si renderà evidente quando saranno nel pieno dell’attività sociale e lavorativa”.