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Il PS viene ridisegnato allo scopo di “superare il modello di triage focalizzato sulla gestione delle attese” orientandosi, invece, verso “un approccio che individui in maniera tempestiva il percorso più appropriato”. Via i colori dai codici di Ps, che diventano numeri a seconda del livello di urgenza. Vengono approfonditi ed aggiornati gli ambiti del Fast-track, del See & treat e dell’Osservazione breve intensiva.

Il Pronto soccorso è una delle aree a maggiore complessità in un ospedale. In Toscana ogni giorno 4.100 persone si presentano a un pronto soccorso, per un totale di un milione e 500.000 accesi in un anno. Mediamente, il 75% del tempo speso da un paziente in Pronto soccorso è un tempo di attesa. Su questo ha lavorato la Regione Toscana, cercando nuove soluzioni per ridurre, quando possibile, le attese, e assicurare maggiore attenzione alle persone con fragilità. Una delibera approvata recentemente dalla Giunta ridisegna l’organizzazione del Pronto soccorso a partire dalla funzione di triage (i codici colore).

“È infatti emersa, in maniera sempre più evidente, la necessità di superare un modello di triage focalizzato sulla gestione delle attese e di orientarsi verso un approccio che assicuri in maniera tempestiva l’individuazione del percorso più appropriato”, si legge nel provvedimento.

L’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi ha illustrato i contenuti della delibera e la nuova organizzazione del Pronto soccorso nel corso di una conferenza stampa fissata venerdì 28 luglio, nella Sala stampa di Palazzo Strozzi Sacrati.

Il testo del provvedimento illustra un nuovo modello, che sarà operativo da gennaio 2018, in cui, all’interno di ogni PS, saranno individuate tre linee di attività:
•    Linea di attività ad alta complessità
•    Linea di attività a complessità intermedia
•    Linea di attività a bassa complessità articolata in: o Codici Minori (con medico) o See & treat (gestito dall’infermiere) o Fast track (invio diretto dal triage alla gestione specialistica).

“Con l’aumento e la revisione dei protocolli See & treat (S&T) e l’introduzione di percorsi Fast track (FT),è prevedibile un aumento della casistica gestibile nella linea a bassa complessità”, si osserva nella delibera, che raccomanda, nei PS con più di 40.000 accessi l’anno, la costituzione di team medico-infermieristico per la gestione della “bassa complessità”, con il compito di “ottimizzare la presa in carico, il trattamento e la dimissione dei pazienti arruolabili”.

Il nuovo sistema di Triage per la codifica di priorità e tempi massimi di attesa prevede 5 livelli di priorità:

1 EMERGENZA Assenza o rapido deterioramento di una o più funzioni vitali
Tempo di attesa: Immediato

2 URGENZA INDIFFERIBILE
a) Rischio di compromissione delle funzioni vitali
b) Condizione stabile con rischio evolutivo
Tempo massimo di attesa: entro 15 minuti

3 URGENZA DIFFERIBILE
Condizione stabile senza rischio evolutivo con sofferenza e ricaduta sullo stato generale che solitamente richiede più di due risorse (Le risorse vengono suddivise in due tipologie delle quali solo quelle di tipo 1 entrano nella valutazione per l’identificazione del percorso. Le “risorse di tipo 1” comprendono gli esami strumentali, radiologici e di laboratorio, le consulenze specialistiche e tutte  le altre prestazioni correlate ad un livello più alto di complessità e che  richiedono un aumento del tempo di permanenza del paziente in PS. Sono invece considerate “risorse di tipo 2” tutte le attività a minore complessità o eseguite routinariamente in PS, che non determinano una variabilità organizzativa in termini di allungamento significativo del tempo di permanenza in PS)
Tempo massimo di attesa: entro 60 minuti

4 URGENZA MINORE
Condizione stabile senza rischio evolutivo che solitamente richiede fino a due risorse
Tempo massimo di attesa: entro 120 minuti

5 NON URGENZA
Condizione stabile senza rischio evolutivo, non urgente o di minima rilevanza clinica, che solitamente non richiede risorse
Tempo massimo di attesa: entro 240 minuti

Sarà costituito, per un periodo di tre anni eventualmente rinnovabile, un gruppo tecnico a supporto delle attività di monitoraggio regionale sull’implementazione del nuovo modello organizzativo.

Con successivo atto sarà poi stabilito l’adeguamento del campo di applicazione della normativa sulla partecipazione alla spesa per le prestazioni erogate in regime di Pronto Soccorso, a seguito di una simulazione sulla casistica degli eventi di Pronto soccorso per controllare quali codici a priorità numerica sono assimilabili, per le caratteristiche di urgenza e di tipologia del bisogno rappresentate, alle situazioni classificate con codice di priorità bianco e azzurro, da effettuarsi entro il mese di novembre del corrente anno in tempo utile per adeguare i sistemi informativi gestionali.


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Un singolo minuto di esercizio fisico intenso ogni giorno, come una breve corsetta, è legato a una migliore salute delle ossa nelle donne.

Uno studio pubblicato sull’International Journal of Epidemiology mostra infatti che coloro che hanno fatto brevi sessioni di attività ad alta intensità di carico avevano una migliore salute ossea. La buona salute ossea ha molti vantaggi per la salute, incluso un rischio ridotto di fratture in età avanzata. A causa dei cambiamenti ormonali, le donne in menopausa sono ad alto rischio di sviluppare osteoporosi e debolezza ossea. Tuttavia è noto che questo rischio diminuisca con l’aumentare dell’attività fisica, purché questa sia di carico sulle ossa, ovvero non ciclismo e nuoto, ma salti, ginnastica e corsa. La forza di gravità e le contrazioni muscolari, infatti fungono da stimolo per la formazione dell’osso stesso.

I ricercatori dell’Università di Exeter e dell’Università di Leicester hanno esaminato i dati relativi a più di 2.500 donne e hanno confrontato i livelli di attività (misurati dai monitor a polso) con la salute delle ossa (misurata con una scansione ad ultrasuoni dell’osso del tallone).

Hanno così scoperto che le donne che in media hanno fatto 60-120 secondi di attività ad alta intensità al giorno hanno una salute ossea del 4% migliore rispetto a quelli che hanno fatto meno di un minuto. I miglioramenti aumentavano al crescere del tempo dedicato: hanno infatti trovato una salute ossea del 6% migliore tra coloro che hanno fatto più di due minuti al giorno.

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Morbillo: elevati i costi da pagare – sia in termini di salute sia economici – quando la copertura vaccinale scende anche di poco come conseguenza di esitazione a vaccinare i figli: per ogni riduzione del 5% della copertura per la vaccinazione morbillo-parotite-rosolia, i casi di morbillo si triplicano e i costi aumentano di 2,1 milioni di dollari, solo di spesa pubblica per fronteggiare i casi aggiuntivi.

Sono le stime che emergono da simulazioni eseguite su dati americani da Nathan Lo della Stanford University School of Medicine, in California e Peter Hotez, del Baylor College of Medicine a Houston. Lo studio, frutto di simulazioni di differenti scenari di esitazione al vaccine e quindi differenti cali di copertura, è stato pubblicato sulla rivista Jama Pediatrics. Gli esperti sono partiti da dati dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie in Usa ed hanno stimato l’aumento dei casi di morbillo e la comparsa di focolai epidemici nei diversi stati Usa in seguito a ipotetici cali della copertura vaccinale dei bambini di 2-11 anni, cali che inesorabilmente finiscono per verificarsi quando da parte delle famiglie c’è esitazione nei confronti delle vaccinazioni e quindi ritardi negli appuntamenti del calendario vaccinale.

L’aumento dei casi conseguente a un calo di copertura di appena il 5% risulta di circa tre volte, per un totale di circa 150 casi aggiuntivi; la spesa in più si stima sia pari a 2,1 milioni di dollari.

ANSA


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Consigli di nutrizione diretti ai ragazzi fanno bene anche ai genitori. È quanto emerge da una ricerca dell’Università di Turku, in Finlandia

Gli studiosi hanno preso in esame i dati di un progetto denominato Strip (Special Turku Coronary Risk Factor Intervention Project), che includeva 1107 bambini e i loro genitori, divisi in due gruppi di cui uno di controllo, e che principalmente era rivolto alla prevenzione, raccomandando di ridurre i cibi con grassi saturi nella dieta in favore di quelli insaturi, come pesce azzurro, salmone, sgombro, frutta secca.

Sono stati esaminati oltre che i risultati sui bambini anche quelli sulle mamme e i papà. Dall’analisi è emerso che la consulenza alimentare orientata ai più giovani ha aumentato l’assunzione di grassi polinsaturi e monoinsaturi e ha ridotto l’assunzione di quelli saturi anche nei genitori rispetto a quelli inseriti nel gruppo di controllo, in un’età dei ragazzi compresa tra i 9 e i 19 anni . Inoltre, nelle mamme e in maniera simile nei papà , pure se in questi ultimi il dato non era statisticamente significativo, diminuiva anche il colesterolo ‘cattivo’, quello Ldl.

ANSA


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Sul sonno ci sono decine di falsi miti, a partire dal quantitativo necessario, che non è 8 ore per tutti. A descriverne 40 è stato Graham Law, presidente onorario della British Sleep Society, nel libro ‘Sleep Better: The science and the myths’.

«C’è molta mitologia su come avere una buona notte di sonno – afferma Graham -, molta della quale ha le migliori intenzioni. Tuttavia alcuni dei miti più persistenti non solo sono sbagliati, possono essere pericolosi per la salute e il benessere».

Alcuni dei luoghi comuni descritti nel libro sono piuttosto diffusi.

Non è vero ad esempio che una buona notte di sonno deve essere senza interruzioni, o che ‘un’ora dormita prima di mezzanotte equivale a due dormite dopo’. Anche le convinzioni che dormire meno fa dimagrire o che gli anziani abbiano bisogno di più sonno sono sbagliate.

Altri sono più ‘fantasiosi’, come chi crede che la testa possa esplodere durante il sonno (in realtà la ‘exploding head syndrome’ è una condizione benigna per cui si sentono dei rumori immaginari al risveglio) o che per fare un buon pisolino si debba tenere in mano un cucchiaio.

«Ho sentito centinaia di storie ed esempi da studenti e partecipanti a ricerche – spiega l’autore, che insegna all’università di Lincolnshire – ci sono 40 miti nel libro, ma ne abbiamo lasciati fuori molti molti altri».

ANSA


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Alzarsi dalla sedia e muoversi ogni mezz’ora fa bene in caso di diabete. Le recenti linee guida dell’Associazione Americana del Diabete riguardanti l’esercizio fisico nelle persone con diabete o prediabete, sottolineano l’importanza di stare meno seduti e muoversi più spesso.

«Fare più attività fisica» evidenzia Roberto Miccoli, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa «è sicuramente un buon consiglio per tutti, soprattutto per chi ha il diabete tipo 2. Uno stile di vita sedentario, infatti, si associa a molteplici rischi, che vanno dallo sviluppo del diabete alle complicanze cardiovascolari della malattia».

«Uno studio recente ha dimostrato che interrompere prolungati periodi di posizione seduta con brevi intervalli di esercizio fisico leggero si associa ad un migliore controllo della glicemia» aggiunge Miccoli «quindi se si lavora per 6-7 ore dietro una scrivania, si partecipa a lunghe riunioni o si sta davanti alla tv, secondo gli esperti dell’Ada è consigliabile alzarsi ogni 30 minuti e muoversi per almeno 3 minuti. Tali brevi esercizi non dovrebbero, ovviamente, rimpiazzare il normale programma di attività fisica del singolo, ma dovrebbero aggiungersi ai 120-150 minuti di esercizio leggero da compiere ogni settimana».

«Fare 30 minuti di esercizio al giorno, come risulta da due recenti pubblicazioni sulla rivista Diabetologia» conclude l’esperto «riduce il rischio di diabete del 25% e camminare per 10 minuti dopo i pasti può abbassare la glicemia del 22%. In definitiva, adottare uno stile di vita attivo, può ridurre il rischio di diabete ed aiuta a migliorare la salute di coloro che ne sono già affetti».

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«Sono molto preoccupato per alcune notizie che mi arrivano da alcuni pazienti giovanissimi, pronti ad assumere qualsiasi pillola alla ricerca di prestazioni sessuali da pornostar».

L’allarme arriva dal professor Fabrizio Iacono, docente di Urologia all’Università Federico II di Napoli. «Spesso» aggiunge «i ragazzini acquistano queste pillole tramite il web, senza preoccuparsi dei rischi che possono derivare per la salute. Pericoli enormi perché gli adolescenti comprano queste pillole dell’amore on-line, non certo nelle farmacie, e inoltre ne fanno un uso ‘ricreativo’ e molto pericoloso».

La moda degli “acquisti on-line” di farmaci e talvolta anche di smart drugs è diffusa a livello nazionale, ma il timore è che a Napoli si stia sviluppando un mercato particolarmente florido. Per questo l’urologo napoletano lancia un appello ai ragazzi, ma anche ai genitori: «Non fate sciocchezze» dice «utilizzare questi prodotti è rischioso e insensato». Iacono spiega che molti giovani «fanno scorta di queste pasticche in vista dell’estate, con l’idea di poter avere approcci da veri “latin lovers”. Il grosso problema è che la maggior parte di questi prodotti non solo non servono a garantire prestazioni migliori, ma sono addirittura pericolosi».

ANSA


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Avere un buon livello d’istruzione, non fumare e conservare l’udito sono i tre fattori chiave per cercare di prevenire la demenza senile. L’istruzione consente al cervello di contrastare il declino cognitivo, non fumare garantisce una migliore salute cardiovascolare e un buon udito permette di sperimentare nuovi ambienti.

Apprendere nuove cose, mangiare e bere in modo sano, non fumare, evitare la solitudine, salvaguardare l’udito; sono alcuni dei fattori che permetterebbero di prevenire almeno un terzo dei casi di demenza.  Lo sostiene un gruppo di 24 esperti internazionali ai quali la rivista scientifica The Lancet ha commissionato un’ampia e accurata analisi dei fattori di rischio che sono dietro alla demenza. Gli esperti ne hanno evidenziato nove come particolarmente importanti: proseguire l’istruzione oltre i 15 anni, ridurre la pressione arteriosa, l’obesità e la perdita dell’udito, ridurre il fumo, combattere la depressione, evitare la sedentarietà, l’isolamento sociale e il diabete.

“Anche se la demenza viene diagnosticata in una fase più avanzata della vita, i cambiamenti cerebrali di solito iniziano a svilupparsi molti anni prima – dice Gill Livingstone, professore dell’University College di Londra – Un approccio più ampio alla prevenzione della demenza rispetto a questi fattori di rischio potrebbe aiutare la società che invecchia a prevenire il crescente numero di casi di demenza”.

Il quadro della situazione
Le più recenti stime dell’Alzheimer’s Association International rilevano che circa 47 milioni di persone nel mondo vivono con una demenza e il costo delle malattie neurodegenerative  si aggira attorno agli 818 miliardi di dollari all’anno. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero delle persone coinvolte sarà quasi tiplicato nel 2050, arrivando a 131 milioni di pazienti.

I ricercatori hanno scoperto che il 35% di tutti i casi di demenza potrebbe essere prevenuto. Occorre lavorare su tre aspetti fondamentali: aumentare il grado di istruzione, smettere di fumare e ridurre la perdita dell’udito. Non completare l’istruzione secondaria, secondo i ricercatori, può rendere meno resilienti le persone al declino cognitivo quando invecchiano e preservare l’udito può aiutare le persone a sperimentare ambienti più ricchi e stimolanti, costruendo così una riserva cognitiva.

Smettere di fumare riduce l’esposizione alle sostanze neurotossiche e migliora la salute del cuore, che a sua volta influenza la salute del cervello.

Fonte: Lancet


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Dopo un anno di sperimentazione, l’erogazione di alcuni servizi al pubblico attraverso le farmacie convenzionate diventa sistema. “Il sistema regionale delle farmacie è un partner sempre più importante della sanità pubblica”, ha detto Saccardi alla firma dell’accordo di collaborazione

Prenotare una visita specialistica o un esame, pagare il ticket, attivare la tessera sanitaria: in Toscana si può fare anche in farmacia. Dopo un anno di sperimentazione (l’accordo quadro sperimentale era stato siglato il 14 luglio 2016), ora l’erogazione di alcuni servizi al pubblico attraverso le farmacie convenzionate diventa sistema.

L’accordo di collaborazione, della durata di tre anni, è stato firmato tra Regione Toscana, le tre grandi aziende sanitarie, Urtofar (Unione regionale toscana titolari di farmacia) e Cispel Toscana (Confederazione italiana servizi pubblici enti locali). A firmare, l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, i direttori delle tre aziende sanitarie, il presidente dell’Urtofar Marco Nocentini Mungai, e Alessio Poli per la Cispel.

“Le farmacie svolgono un ruolo importante nella sanità toscana – commenta l’assessore Saccardi in una nota della Regione che fa il punto sull’accordo – Non solo per l’erogazione dei farmaci, ma come punto di riferimento per i cittadini per tutta una serie di servizi. Il sistema regionale delle farmacie è un partner sempre più importante della sanità pubblica. Questo accordo le coinvolge anche per servizi fondamentali come le prenotazioni Cup, il pagamento del ticket, l’attivazione della carta sanitaria elettronica. Questi servizi, che finora venivano svolti solo da una parte delle farmacie, vengono ora portati a sistema, per andare sempre più incontro alle esigenze dei cittadini e semplificare il loro accesso ai servizi sanitari. La presenza di una farmacia è un presidio della sanità pubblica anche nei luoghi più lontani e difficili”.

Le farmacie private della Toscana – dichiara Marco Nocentini Mungai, Presidente dell’Urtofar – esprimono grande soddisfazione per la decisione dell’assessore Saccardi di rinnovare per tre anni l’accordo per i servizi amministrativi in farmacia. Si tratta di un accordo molto importante che accresce e struttura il ruolo socio-sanitario della farmacia sul territorio. L’elevato numero di farmacie aderenti, conferma la volontà della categoria di essere sempre più parte integrante del sistema sanitario e di avvicinare i cittadini ai servizi sanitari semplificandone la fruizione, mediante l’elevato numero di punti di accesso”.

“Con il rinnovo dell’accordo, le forme di collaborazione fra Regione Toscana e sistema delle farmacie pubbliche e private si consolida – dice Alessio Poli, coordinatore Farmacie di Confservizi Cispel Toscana -, definendo chiaramente le modalità con cui le farmacie, nel quadro della convenzione con il servizio sanitario regionale, possono erogare servizi sociosanitari al pubblico. Le farmacie pubbliche toscane trovano conferma della bontà del proprio lavoro in un’intesa che la Regione ha deciso di confermare, dopo il primo anno, per ulteriori tre anni, rientrando assieme alle farmacie private in una logica sinergica che ha permesso all’intero settore di conseguire un potenziamento dei servizi sul territorio a favore dei cittadini. La scommessa dei prossimi mesi, oltre a consolidare i servizi esistenti, sarà quella di verificare la possibilità di introdurne dei nuovi, quali il ritiro dei referti in farmacia, la possibilità di effettuare il cambio del medico di famiglia e molto altro ancora”.

“Prima  -riferisce la Regione – questi servizi venivano svolti dalle farmacie in maniera disomogenea, a ‘macchia di leopardo’, e non in tutte le Asl. Con l’accordo sperimentale del luglio scorso, e ancor più con quello firmato stamani, di durata triennale, il servizio viene esteso a tutto il territorio (pur con adesione volontaria e non obbligatoria da parte delle farmacie)”.

Prenotazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali (visite ed esami) e riscossione ticket. Il Cup in farmacia è un servizio con il quale, attraverso sistemi informatici messi a disposizione dalle aziende sanitarie, è possibile prenotare, disdire e modificare in tempo reale visite ed esami specialistici; presentandosi in una farmacia aderente munito di modulo/i ricetta/e SSN (ricetta rossa/promemoria/NRE=numero di ricetta elettronica), l’assistito può prenotare le prestazioni prescritte tramite un operatore incaricato dalla farmacia e abilitato a questa funzione. Le Asl renderanno disponibili alle farmacie aderenti il software gestionale per l’erogazione del servizio, e forniranno adeguata informazione. Le farmacie aderenti sono autorizzate a riscuotere il ticket: non solo quello corrispondente alle prestazioni prenotate (come previsto dall’accordo precedente), ma anche quelli relativi a tutte le prestazioni prenotate su sistema Cup aziendale.

Attivazione della tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico. I cittadini che lo vorranno potranno attivare tessera sanitaria e fascicolo sanitario elettronico in farmacia anziché alla Asl. Le Asl si impegnano a rendere disponbili alle farmacie aderenti tutti gli strumenti necessari per l’erogazione del servizio e a dare alle farmacie tutta l’informazione adeguata. Le farmacie si impegnano a fornire questo servizio secondo orari definiti (minimo 5 ore al giorno per 5 giorni la settimana, distribuite tra mattina e pomeriggio), e a dotarsi autonomamente della strumentazione necessaria (computer, stampante, lettore di codice a barre, lettori di TS, buste Pin, ecc.).

Tutte le farmacie aderenti all’accordo dovranno esporre, ben visibile al pubblico, la cartellonistica necessaria che identifica la farmacia come aderente all’accordo, con il logo “PuntoSI”, che identifica i servizi omogenei del Servizio sanitario toscano sul territorio.


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Se i genitori hanno divorziato in modo brusco, interrompendo i rapporti tra loro, i figli, sia durante l’infanzia, sia nell’età adulta, saranno più vulnerabili alle sindromi respiratorie. Lo stesso non può dirsi per i figli di coloro che si separano rimanendo in rapporto amichevoli.

I bambini i cui genitori si separano e non hanno più rapporti sembrano essere più vulnerabili a sindromi respiratorie come i raffreddori rispetto ai bimbi i cui genitori rimangono sposati o si separano rimanendo in buoni rapporti. “In letteratura ci sono evidenze circa la predisposizione ad ammalarsi, nell’infanzia e nell’età adulta, di bambini figli di genitori divorziati”,  dice Michael Murphy, psicologo ricercatore dell’Università Carnegie Mellon di Pittsburgh.

Lo studio
Per realizzare lo studio i ricercatori hanno isolato 201 adulti sani, esposti a rinovirus39 (RV39) e li hanno monitorati per cinque giorni per vedere come i loro sistemi immunitari reagivano e se sviluppavano la sindrome respiratoria.I partecipanti alla ricerca avevano in media 30 anni e 92 di loro (46%) hanno riferito che i genitori erano divorziati o separati da quando erano bambini. Tra quanti avevano genitori divorziati, 51 avevano riferito che i genitori non si parlavano. Lo studio ha evidenziato che gli adulti con genitori divorziati in cattivi rapporti avevano il triplo delle possibilità di sviluppare un raffreddore rispetto agli adulti i cui genitori vivevano insieme.

Le persone con genitori divorziati in buoni rapporti e che avevano continuato a parlarsi non erano più suscettibili di ammalarsi rispetto agli adulti appartenenti a famiglie unite. I figli di coppie divorziate che avevano smesso di parlarsi avevano 3,3 volte più probabilità di sviluppare raffreddori rispetto a quelli con genitori che erano rimasti insieme. I primi presentavano anche livelli più elevati di un indicatore di infiammazione e questo potrebbe spiegare perché erano più inclini ad ammalarsi. In totale, il 74% dei partecipanti allo studio ha sviluppato un’infezione da RV39.

Fonte: PNAS


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