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Cioccolato, olio extravergine di oliva, resveratrolo che è contenuto nel vino rosso e beta carotene che si trova invece nelle carote, acidi grassi come quelli derivanti dal salmone, mirtilli. E poi le spezie che contengono acido rosmarinico come ad esempio il rosmarino stesso, il timo, la maggiorana, l’origano e l’acido ellagico, che ad esempio si trova nelle bacche di goji.

Ecco come, anche con un’alimentazione a base di cibi che contengono antiossidanti, polifenoli, vitamina E e B, si può preparare la pelle all’esposizione al sole mesi prima che arrivi l’estate.

Ne ha parlato al congresso di dermatologia Sidemast a Sorrento Serena Lembo, ricercatrice e docente della cattedra di Dermatologia dell’Università di Salerno.

Per prepararsi all’esposizione al sole, in situazioni normali e ancor più se vi è una predisposizione a sviluppare problemi, se si è di fototipo chiaro o si segue una terapia con immunosoppressori – ha spiegato – si può iniziare a proteggersi con le creme o assumendo composti naturali o sintetici con funzione antiossidante, capaci cioè di fornire alle cellule i substrati necessari per neutralizzare ed eliminare i radicali liberi dell’ossigeno che inevitabilmente si producono durante l’esposizione al sole. Da non dimenticare inoltre i tocoferoli derivanti dall’olio d’oliva, gli acidi grassi del salmone o degli oli di pesce, l’acido ellagico dei frutti di bosco, l’acido rosmarinico, gli isoflavoni della soia e non ultima, la nicotinamide di sintesi, riserva energetica per le cellule.

ANSA


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Il 53% dei maschi italiani soffre di problemi alla prostata ed il 30% fa ‘flop’ con il sesso a causa di disturbi spesso sottovalutati, a partire dalla disfunzione erettile, che interessa 3 mln di uomini, e l’eiaculazione precoce che invece colpisce circa 4 mln di maschi.

I dati arrivano dalla Società italiana di urologia (Siu), che lancia anche un allarme per gli under-30 sempre più disinformati pure a causa delle ‘bufale’ veicolate dalla Rete. Proprio per informare correttamente parte la II edizione della campagna “Controllati”, con visite e controlli gratuiti dal 1 giugno al 15 luglio.

Le patologie più diffuse, spiega il segretario generale Siu Vincenzo Mirone, «sono prostatite o tumore della prostata (53%), disturbi sessuali (30%) come disfunzione erettile 15,5%, eiaculazione precoce 7,5%, calo della libido 7,6%) e patologie testicolari, nella fascia di età tra i 25 ed i 75 anni». Questi i risultati emersi dalla Campagna di prevenzione #Controllati 2016, che ha coinvolto 81 centri urologici e quasi 10 mila pazienti (con 2.400 schede compilate).

Per sensibilizzare il maschio a prendersi cura della propria salute intima, parte dunque dal 1 giugno la seconda edizione della campagna, sarà possibile prenotare on line una visita gratuita.

ANSA


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Rimedi erboristici e disturbi gastrointestinali nei bambini: non ci sono evidenze scientifiche per dire che siano efficaci, anche se non producono effetti collaterali gravi. I genitori dovrebbero consultare un medico prima di provare autonomamente le terapie a base di erbe

Curare i disturbi gastrointestinali dei bambini con le erbe? Meglio di no. A questa conclusione è giunta una metanalisi condotta da ricercatori tedeschi dell’Università di Duisburg- Essen. Dennis Anheyer e colleghi  hanno esaminato i dati di 14 studi precedentemente pubblicati, per un totale di 1.927 bambini affetti da problemi gastrointestinali acuti quali diarrea, disidratazione, colica, stitichezza, dolore addominale e sindrome dell’intestino irritabile. I dati raccolti non hanno prodotto evidenze sufficienti a favore dei rimedi a base di erbe. Anzi, alcuni di questi 14 studi suggeriscono che alcuni farmaci a base di erbe possono facilitare la diarrea, il dolore addominale e la colica. In ogni caso,non sono evidenziati gravi effetti collaterali associati ai rimedi erboristici.

I commenti
“La mancanza di una ricerca concreta è purtroppo un problema generale nella pediatria, ma un problema particolare nella medicina basata sui prodotti vegetali è che per molti rimedi a base di erbe non sono disponibili prodotti autorizzati e standardizzati”, ha sottolineato Dennis Anheyer. “In altre parole, anche se uno studio dimostra che un’erba può essere sicura ed efficace per un problema specifico, ciò non significa necessariamente che ogni singola versione di quella erba reperibile in commercio possa funzionare bene e senza effetti collaterali”. Anheyer ha precisato che nonostante sia possibile utilizzare i rimedi vegetali in aggiunta ai farmaci tradizionali o per contribuire a ridurre la dipendenza dalla terapia farmacologica, i genitori dovrebbero consultare un medico prima di provare autonomamente le terapie a base di erbe.

Fonte: Pediatrics 2017


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Per più del 40% delle persone con psoriasi l’estate può essere un momento difficile. Aria condizionata e cloro possono favorire aumento secchezza e prurito della pelle, ustioni e scottature scatenare fenomeni infiammatori e recidive. Cresce anche il rischio di abbandono delle terapie e cure fai da te. I consigli da seguire

Per le persone con psoriasi l’arrivo dell’estate può essere un’arma a doppio taglio: se da un lato sole e acqua di mare, in alcuni casi, possono migliorare l’aspetto delle lesioni cutanee e il clima caldo-umido consente di mantenere la pelle più morbida, dall’altro sbalzi di temperatura, aria condizionata e cloro possono determinare il rilascio di sostanze che favoriscono l’aumento della secchezza e il prurito; ustioni e scottature possono scatenare la riattivazione della psoriasi o portare allo sviluppo di nuove placche. Non solo, con l’estate aumenta anche il disagio psicologico: secondo un sondaggio della National Foundation of Psoriasis americana oltre quattro pazienti su dieci nascondono le lesioni sotto abiti, pantaloni e maglie a maniche lunghe anche in spiaggia, e rinunciano alla vita all’aria aperta, e sempre quattro su dieci mostra mostrano segni di depressione. Soprattutto in questo periodo può aumentare il rischio di abbandono delle terapie: i pazienti potrebbero infatti arbitrariamente applicare la cosiddetta “vacanza terapeutica” consigliata per le terapie di vecchia generazione, come gli immunosoppressori, e non più necessaria con le nuove cure personalizzate, più efficaci, sicure e senza problemi di tossicità.

Quali sono quindi le regole da seguire? Dal 92° Congresso nazionale della Sidemast, la Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse in corso a Sorrento arrivano delle indicazioni. “Le persone con psoriasi beneficiano dell’esposizione al sole purché questa sia effettuata gradualmente e con adeguata fotoprotezione (SPF50), rinnovando l’applicazione ogni 2 ore ed evitando l’esposizione nelle ore centrali della giornata – ha spiegato Andrea Costanzo, Ordinario di Dermatologia all’Università Humanitas di Milano – ustioni e scottature possono scatenare la riattivazione della psoriasi o portare allo sviluppo di nuove placche. Le scottature attivano un vero e proprio ‘fenomeno di Koebner’, ossia lo sviluppo di placche nelle zone soggette ad uno stimolo, fisico come la scottatura solare o meccanico come lo sfregamento o traumi locali”.

Fondamentale è quindi mantenere la pelle costantemente idratata. Evitare l’alcool in quanto può interferire con alcuni farmaci per la psoriasi. Prestare attenzione al sudore, che può irritare la pelle già sensibile e peggiorare le placche. Il clima ideale è fresco, ventilato e al chiuso. Consigliabile inoltre non esporsi all’aria condizionata. Soprattutto bisogna seguire sempre le indicazioni del proprio dermatologo: il rischio di abbandono delle terapie proprio in questo periodo dell’anno è alto.

“Alcuni pazienti infatti decidono arbitrariamente di diminuire o, peggio, interrompere le terapie proprio in questo periodo – continua Costanzo –  ma la cosiddetta ‘vacanza terapeutica’ che veniva consigliata nel periodo estivo in cui venivano sospesi i farmaci di vecchia generazione come gli immunosoppressori non è più necessaria: le nuove terapie personalizzate, sono più efficaci, sicure e non hanno problemi di tossicità, non devono essere sospese e hanno effetti a lungo termine. Sono oggi disponibili infatti moderni farmaci che si dimostrano efficaci già dalle prime settimane e che permettono di ottenere la clearance cutanea completa sino al 90 e 100%, come il nuovissimo farmaco Ixekizumab appena presentato al congresso di Sorrento”.

Attenzione anche alle cure “fai da te” un errore che, come emerso dai dati dell’Indagine Mosaico 2015, interessa circa il 25% dei pazienti con malattie autoimmuni quindi anche con psoriasi, in cui il fenomeno arriva al 50%.

“Una sospensione temporanea o definitiva delle terapie senza consultare il dermatologo potrebbe esporre a ricadute e peggioramenti, rendendo vani gli sforzi fatti sino a quel momento – ha aggiunto Costanzo – sappiamo che alcune terapie sono difficili da gestire, prevedono modalità di assunzione complicate o effetti collaterali sgraditi, quindi una buona comunicazione e l’alleanza terapeutica col curante sono fondamentali per garantire l’aderenza del paziente alla terapia. In questa ottica terapie sempre più maneggevoli a rapida efficacia rafforzano la motivazione del paziente, specialmente nelle forme moderate-gravi”.


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L’epidemia di morbillo che si è scatenata in Italia non ha risparmiato nessuna zona d’Italia. Anche in Toscana l’aumento rispetto all’anno precedente è stato esponenziale: dal primo gennaio al 30 aprile i casi di morbillo sono stati 249, erano stati 26 nell’intero 2016. Di fronte a questi dati allarmanti l’assessore regionale al diritto alla salute, Stefania Saccardi, lancia un appello in favore delle vaccinazioni, rivolgendosi ai genitori, ma anche a tutti gli operatori sanitari.

Meno vaccinazioni, più casi di morbillo, tra i bambini ma anche tra gli adulti. Accade in Toscana, come in molte altre regioni. Per questo motivo l’assessore regionale al diritto alla salute, Stefania Saccardi, lancia un appello in favore delle vaccinazioni. “Un appello – ha detto l’assessore –  che rivolgo prima di tutto ai genitori di bambini in età di vaccinazione: quella contro il morbillo non è tra le vaccinazioni obbligatorie, ma tra quelle cosiddette raccomandate. Però la malattia può avere conseguenze anche pesanti, mentre le reazioni indesiderate sono molto lievi. Un analogo appello lo rivolgo agli operatori sanitari: sono molti i medici e gli infermieri che quest’anno hanno contratto il morbillo, in molti casi da pazienti ricoverati. E’ quindi opportuno che chi sta a contatto con i pazienti si vaccini contro il morbillo, per la propria salute, quella dei propri familiari e quella dei pazienti”.

Dopo l’escalation dei casi di morbillo, e il concomitante calo delle vaccinazioni, fenomeni che si stanno entrambi riscontrando in Toscana come nel resto d’Italia, l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi rivolge un appello alla vaccinazione, in particolare ai genitori e agli operatori sanitari. “Voglio ricordare ancora una volta – ha aggiunto – che la vaccinazione è un atto che riguarda non solo chi la fa, ma l’intera comunità: chi si vaccina protegge non solo se stesso, ma anche chi, per motivi di salute, non può vaccinarsi ed è quindi più esposto. E’ quello che gli esperti chiamano effetto gregge: per garantirlo, la copertura vaccinale deve essere del 95%, mentre anche in Toscana è scesa molto al di sotto di questo livello”.

Il calo delle vaccinazioni
Anche in Toscana, dove pure il livello di copertura è più alto rispetto alla media nazionale, nessuna vaccinazione raggiunge il livello del 95% che garantisce l’immunità di gregge. In particolare per quanto riguarda la vaccinazione antimorbillo, che viene fatta assieme a parotite e rosolia, si è scesi dal 91,25% del 2006 all’88,67% del 2015. E nel 2016, ma i dati non sono ancora definitivi, si è perso qualche altro punto percentuale.

Il quadro epidemiologico del morbillo
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità dicono che dal 1° gennaio al 30 aprile del 2017 i casi di morbillo segnalati in Italia sono stati 1.920: di questi, l’88% non erano vaccinati, e l’8% avevano ricevuto una sola dose di vaccino; 176 i casi segnalati tra operatori sanitari.
In Toscana, nello stesso periodo, i casi di morbillo sono stati 249. Erano stati 26 nell’intero 2016, 20 nel 2015, 65 nel 2014, 102 nel 2013. Dei 249 casi di quest’anno, solo 47 erano vaccinati, mentre l’81,1% non aveva copertura vaccinale. Di questi 249, 39 erano operatori sanitari. Sempre per quanto riguarda i 249 casi del 2017, il 14,9% sono arrivati al pronto soccorso, il 41,8% sono stati ricoverati. Sui 249 casi, 121 (il 48,6%) hanno riportato almeno una complicanza, tra cui diarrea, stomatite, epatite, insufficienza respiratoria, polmonite, otite.

La vaccinazione antimorbillo
Secondo quanto indica il calendario regionale delle vaccinazioni, la vaccinazione contro il morbillo consta di 2 dosi, per via sottocutanea, di cui la prima al 14-15esimo mese, in preparazioni combinate con i vaccini contro la parotite e la rosolia – Mpr – o contro parotite, rosolia e varicella – Mprv -, la seconda dose è prevista a 5 – 6 anni. Nelle età successive, la vaccinazione è offerta a tutti i soggetti a rischio. Nei contatti dei casi e in occasione di focolai epidemici, la vaccinazione viene offerta attivamente a tutti.


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Il contatto con gli animali da compagnia aiuta i bambini a difendersi dalle allergie e dalle infezioni intestinali: Lo studio aggiunge un’ulteriore, positiva evidenza alla letteratura relativa al rapporto tra bambini e pet

I cuccioli e gli altri animali da compagnia aiutano i bambini ad “accumulare” due tipi di batteri nell’intestino, che sono associati a un minor rischio di allergie e obesità. E’ quanto riferisce uno studio canadese pubblicato da Microbiome. Quando i ricercatori hanno analizzato i campioni di feci di 746 bambini, hanno scoperto che il contatto con cani e gatti di casa durante la gravidanza e la prima infanzia era associato a livelli più elevati di due microrganismi intestinali: Ruminococcus e Oscillospira, che sono correlati ad una minore probabilità di sviluppare allergie e obesità rispettivamente.

Le varietà di microbi potrebbero essere trasmessi dalla madre durante il parto anche nel parto cesareo, dopo di che gli animali domestici possono trasferire direttamente i microbi benefici quando entrano in contatto diretto con i bambini e i neonati, depositandoli sulle superfici domestiche.

Lo studio

Circa il 45% delle famiglie partecipanti allo studio non aveva animali domestici e un altro 8% ne aveva avuti solo durante il periodo della gravidanza. Tra le famiglie con animali da compagnia, sia durante la gravidanza che dopo, il 44% aveva solo cani, il 34% solo gatti e il 20% entrambi gli animali. I bambini esposti agli animali in gravidanza o nell’infanzia, presentavano almeno il doppio delle probabilità di avere elevati livelli di Ruminococcus e Oscillospira.

Tra i bambini, le cui madri ricoverate avevano assunto antibiotici per prevenire la trasmissione vaginale del gruppo B Streptococcus durante il parto, quelli esposti agli animali da compagnia in gravidanza o dopo il parto presentavano livelli minori di Streptococcus nelle feci. E’ noto che questa famiglia di batteri causi la polmonite nei neonati. L’esposizione all’animale da compagnia è stata correlata a livelli più bassi nelle feci di enterobatteri anche nei bambini nati con cesareo che, di norma, presentano livelli elevati di questi microbi a tre mesi di età. E’ noto che tali batteri sono associati a Salmonella e ad altre infezioni.

Le conclusioni

Tutti questi risultati si aggiungono alle crescenti evidenze che collegano l’esposizione agli animali da compagnia o agli animali da fattoria con un minor rischio di problemi di salute come l’asma e le allergie, secondo quanto ha riferito Tove Fall, ricercatore allUniversità di Uppsala in Svezia. Lo studio, dicono i ricercatori, dimostra che alcuni batteri sono più comuni nella flora intestinale dei bambini nati in case dove vivono animali, non si sa come questi batteri influenzano la salute dei piccoli, ma in generale una maggiore diversità e ricchezza della flora batterica intestinale si pensa possa aiutare a proteggere il bambino da malattie legate al sistema immunitario.

Fonte: Microbiome


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In una lettera i coordinatori delle Aggregazioni Funzionali Territoriali dell’Asl Toscana Centro lanciano un appello alla vaccinazioni, dicono sì all’obbligatorietà per l’iscrizione all’asilo e chiedono alla Regione di valutare anche “la possibilità e l’opportunità di rendere obbligatorie le vaccinazioni anche per gli operatori sanitari”.

Appello alla vaccinazione da parte dei 1.163 Medici di Medicina Generale e della continuità assistenziale dell’Azienda USL Toscana centro. Il richiamo all’importanza delle vaccinazioni è contenuto in una lettera a firma dei coordinatori delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), che esprimono preoccupazione per la scarsa adesione alle vaccinazioni da parte degli operatori sanitari e lanciano un appello a favore delle vaccinazioni e di una legge che le renda obbligatorie per l’iscrizione dei bambini ai nidi e alle scuole materne. Ma invitano la Regione a introdurre l’obblico anche per gli operatori sanitari.

Il testo della lettera

Le vaccinazioni sono una misura di medicina preventiva di assoluta importanza e comprovata efficacia. Secondo l’OMS sono seconde soltanto alla potabilizzazione dell’acqua in termini di morti evitate. Purtroppo, all’aumentare delle prove scientifiche di efficacia e di scarsissimo rischio della pratica vaccinale, assistiamo sempre più frequentemente a voci assolutamente ‘fuori dal coro’, che mettono in dubbio l’efficacia di tale pratica o ne millantano presunti effetti collaterali non supportati da alcuna prova scientifica. Tali atteggiamenti mettono a rischio la salute pubblica, causando un preoccupante calo delle coperture vaccinali.

Purtroppo anche alcuni operatori sanitari (medici e non) sembrano in qualche modo aderire a queste correnti di pensiero, assolutamente prive di alcun fondamento scientifico.

I coordinatori di AFT scriventi, visto il loro ruolo di coordinamento clinico nella Medicina Generale, sentono il dovere etico e professionale di raccomandare a tutti gli operatori sanitari, ed in particolare ai medici di medicina generale, di fornire agli utenti una informazione sulla pratica vaccinale corretta e supportata da prove scientifiche.

E’ inoltre importante sottolineare come l’adesione totale degli operatori sanitari al piano vaccinale nazionale e regionale sia un obbligo etico imprescindibile. Infatti, nello specifico caso degli operatori sanitari, la mancata vaccinazione comporta non soltanto un rischio per il singolo e un nocumento nell’immunità di gregge (nei casi in cui questa sia applicabile), ma anche un grave rischio di trasmissione di malattie potenzialmente gravi o addirittura letali alla popolazione fragile con cui gli operatori vengono a contatto, data la peculiarità del loro lavoro.

Gli scriventi esprimono anche il loro parere assolutamente favorevole circa la possibilità di rendere obbligatorie le vaccinazioni per l’iscrizione alle scuole materne e agli asili nido e chiedono alla Regione di valutare la possibilità e l’opportunità di rendere obbligatorie le vaccinazioni anche per gli operatori sanitari.

Riteniamo infine molto utile implementare la formazione e il coinvolgimento dei MMG sulle tematiche vaccinali, magari con un ruolo attivo delle AFT.

Elisabetta Alti AFT Gavinana Firenze
Fausto Amorini AFT Monsummano Lamporecchio Larciano
Sandro Andreotti AFT Montagna Pistoiese
Sergio Baglioni AFT Statuto Vittoria
Barbara Baldini AFT Centro
Giovanni Banchi AFT Mugello Ovest
Franca Bigioli AFT Novoli Piagge
Vittorio Boscherini AFT Greve Impruneta
Luciano Caciagli AFT 6 ex Az. USL 11
Giovanni Castaldo AFT C1 Prato
Stefano Cavaliere AFT A2 Prato
Antonia Daraio AFT Rifredi Castello
Anna Di Natale AFT Lastra a Signa Signa
Francesco Falcini AFT Mugello Ovest
Daniele Francini AFT Pistoia 1
Giancarlo Francini AFT C2 Prato
Giancarlo Guarino AFT Bagno a Ripoli
Arrigo Lombardo AFT Oltrarno Galluzzo
Marino Lupi AFT Fucecchio Cerreto G.
Maria Grazia Mori AFT Valdarno
Mauro Mugnai AFT Gioberti Bellariva Settignano
Alessio Nastruzzi AFT San Jacopino
Giuseppe Paladino AFT Sesto Fiorentino
Alessandro Pescitelli AFT Scandicci
Piero Piazzini AFT Castelfiorentino Montespertoli
Donata Pistocchi AFT Campo di Marte
Giovanni Redegalli AFT San Casciano v.p.,Tavarnelle v.p.,Barberino vde
Francesco Repice AFT Montecatini Terme
Lara Romagnani AFT Pistoia 2
Antonio Romei AFT Talenti Canova
Mauro Ruggeri AFT Prato A1
Giovanni Salvestrini AFT Valdisieve
Angelo Scaduto AFT 4 ex Az. USL 11
Rosanna Sciumbata AFT E Prato
Sabrina Sergio Gori AFT Quarrata Serravalle
Ettore Giustini Saffi AFT Agliana Montale
Caterina Masini AFT Empoli
Luciano Fanciullacci AFT Empoli
Fabrizio Peruzzi AFT Empoli
Stefano Tafi AFT Buggiano Chiesina U. Pescia Uzzano
Maurizio Veloci AFT Campi Bisenzio
Andrea Santini AFT B. Prato Aldo Fani AFT Prato


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E’ stato eseguito nei giorni scorsi al Trauma center dell’ospedale fiorentino di Careggi il primo prelievo multi organo in Italia da donatore a cuore fermo.

“La procedura – spiega il dottor Adriano Peris direttore delle cure intensive per il trauma e i supporti extracorporei – è particolarmente complessa perché permette il prelievo, non solo degli organi addominali grazie al sistema ECMO che mantiene l’ossigenazione dei tessuti in assenza di battito cardiaco, ma anche dei polmoni con una tecnica di perfusione a bassa temperatura che ne consente la conservazione in previsione del trapianto”.

“Il donatore, nonostante il tempestivo intervento del 118, del Pronto Soccorso e dell’ECMO team di Careggi è deceduto per arresto cardiaco, successivamente – prosegue Peris – il Coordinamento locale donazione e trapianti ha gestito le procedure di prelievo degli organi con l’intervento di equipe chirurgiche dei centri di Firenze, Pisa e Siena”.

“È l’undicesimo caso in cui viene attivata la procedura di donazione a cuore fermo a Careggi dall’ottobre del 2016 – conclude Peris – il terzo nel 2017. Questi interventi grazie alla generosità dei donatori e dei loro familiari, sono una conferma dell’efficienza del programma nazionale di donazione a cuore fermo avviato da circa due anni dal Centro Nazionale Trapianti (CNT) e dall’Organizzazione Toscana Trapianti (OTT) con il supporto della Regione presso l’Azienda ospedaliero – universitaria di Careggi”.


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Un italiano su 4 ha il “fegato grasso”, ovvero soffre di “steatosi epatica non alcolica”, una patologia che predispone alle malattie croniche di fegato (fino alla cirrosi) e alle malattie cardiovascolari.

Colpa di diete sbagliate (troppo grasse e piene di zuccheri) e anche degli effetti che questi squilibri alimentari hanno sulla flora intestinale (microbiota).

Si tratta, spiegano in una nota gli esperti della Società Italiana di Gastroenterologia e Endoscopia digestiva (Sige), di una vera e propria epidemia di “fegato grasso” (al momento è la più comune malattia di fegato nel mondo, presente nell’80-90 per cento degli obesi e nel 30-50 per cento dei diabetici).

Il fegato grasso (cioè le cellule epatiche piene di trigliceridi), spiega Antonio Craxì, presidente SIGE, è figlio di dieta esagerata in grassi e calorie, tipica dei regimi dietetici di tipo “occidentale”, che si sono troppo discostati dalle nostre radici alimentari, dal regime dietetico amico della salute per eccellenza, la dieta mediterranea.

Secondo stime americane, entro il 2030 il fegato grasso sarà la principale causa di cirrosi e la prima causa di ricorso al trapianto di fegato, superando le epatopatie croniche da virus dell’epatite B e C (che grazie alle nuove terapie e al vaccino sono destinate a ridursi nel tempo) e la cirrosi alcolica.

Il rimedio è a portata di mano: la dieta mediterranea ci aiuta a “coltivare” una sana flora intestinale e a proteggerci dal fegato grasso.

ANSA


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Il piccolo, 4 anni e proveniente dalla Toscana, è affetto da una malattia rara che colpisce 1 bambino ogni 100.000. Si tratta di un difetto congenito della formazione della bile. All’Istituto di trapianti Ismett di Palermo lo hanno sottoposto a un trapianto di fegato associato ad una derivazione interna dell’intestino, tecnica utilizzata per la prima volta in Italia e per la seconda volta nel mondo.

Per quasi quattro anni si è nutrito soltanto di latte e patate perché il suo intestino, troppo malato, non gli permetteva di mangiare altro. Si tratta di un piccolo paziente toscano, affetto fin dalla nascita da colestasi intraepatica familiare progressiva di tipo I (PFIC1). Il piccolo è stato sottoposto presso l’Irccs Ismett (Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione) di Palermo ad un intervento estremamente innovativo, ovvero un trapianto di fegato associato ad una derivazione interna dell’intestino.

“La tecnica – spiega una nota dell’Ismett – è stata utilizzata per la prima volta in Italia e per la seconda volta nel mondo”. Precedentemente lo stesso intervento era stato realizzato in Giappone, da un’équipe mista di cui faceva parte anche il professore Jean de Ville de Goyet, da qualche mese responsabile della Chirurgia Addominale Pediatrica di Ismett.

Il bimbo, precisa l’Istituto, “è affetto da una malattia estremamente rara che colpisce 1 bambino ogni 100.000. Si tratta di un difetto congenito della formazione della bile. Nei pazienti che presentano questa patologia, il flusso biliare dal fegato all’intestino è interrotto a causa di un difetto genetico: la bile rimane perciò nel fegato e lo intossica, compromettendone le funzioni. Una malattia che lo aveva costretto ad appena due anni ad essere sottoposto a trapianto di fegato. Un intervento lungo che sembrava riuscito ma dopo poco tempo la malattia si è presentata nuovamente e questa volta più aggressiva di prima. Spesso, infatti, nei bambini affetti dal tipo I di colestasi, il trapianto non è risolutivo e può comportare una dissenteria cronica ed estremamente grave”.

Per questo il bimbo non era più in grado di mangiare quasi nulla. Qualsiasi cosa ingeriva, infatti, gli scatenava delle forti scariche di dissenteria. “Negli ultimi mesi – racconta la madre del piccolo Francesco – le sue condizioni erano ulteriormente peggiorate. Riusciva a mangiare pochissimo. Il suo addome era sempre più gonfio e non vedevamo alcun miglioramento”. Qualche giorno dopo l’intervento a Palermo, invece, il piccolo ha finalmente consumato un piatto di lasagne. “Non potevo crederci – prosegue nel suo racconto la donna – vederlo mangiare qualcosa di diverso dalle patate è stata un’emozione grandissima. Volevo ringraziare tutto l’Ismett ed il prof de Ville de Goyet per tutto quello che ha fatto. Ha ridato la vita non solo a mio figlio ma anche a me e mio marito”.

Il bimbo è stato sottoposto al nuovo trapianto di fegato lo scorso 7 marzo. Questa volta l’intervento è stato associato ad un’altra operazione. Si è contemporaeneamente intervenuti sul canale della bile, si è fatto in modo di far confluire questa direttamente nel colon. “Normalmente i bambini che soffrono di questo tipo di patologia – spiega il prof Jean de Ville de Goyet, a capo dell’équipe che ha eseguito l’intervento – possono beneficiare della derivazione della bile all’esterno, creando una stomia sull’addome. Ovvero viene creata un’apertura per poter mettere in comunicazione l’intestino con l’esterno che scarica all’interno di una sorta di sacchetto. Negli ultimi anni è stato proposto di derivare la bile nel colon, ma questo tipo di operazione  viene effettuata a bambini non trapiantati. Nel caso di Francesco, vista anche la sua giovanissima età, abbiamo scelto di realizzare nello stesso tempo questi due interventi essenziali, ovvero agire sul canale della bile al momento del trapianto e fare in modo che la bile scarichi dritto nel colon. Questa operazione combinata consentirà al piccolo di non avere più dissenteria cronica, di tornare ad una dieta normale e contemporaneamente gli ha permesso di non avere nessun drenaggio esterno. Sono certo che questo intervento sicuramente migliorerà la sua qualità di vita”.

Il piccolo è stato dimesso dall’Ismett meno di un mese dopo il doppio intervento. Resterà a Palermo ancora qualche settimana per i controlli periodici e poi potrà ritornare in Toscana.


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