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Pubblicati dall’Organizzazione internazionale nuovi dati sul consumo degli antibiotici. “Occorre diminuire l’uso inadeguato. Un trattamento su un paziente infettato da batteri resistenti può costare fino a 40 mila dollari”. In media nei Paesi Ocse si consumano 20,5 dosi di antibiotico per 1.000 abitanti. In Italia sono 27,8.

“L’antibiotico resistenza pone un onere significativo sui sistemi sanitari e bilanci nazionali. Gli ospedali spendono, in media, tra i 10.000 e i 40.000 dollari per il trattamento di un paziente infettato da batteri resistenti. I costi sociali possono essere alti come i costi sanitari, a causa della perdita di produttività e di reddito. È tutto ciò è preoccupante perché stiamo andando verso una ‘era post-antibiotica’, dove le infezioni comuni possono diventare, ancora una volta, fatali”. A rinnovare l’allarme è l’Ocse che ha pubblicato un nuovo report sul tema con i dati aggiornati al 2014.

Negli ultimi 10 anni il consumo è cresciuto in media nei Paesi Ocse del 4%, arrivando fino alla media di 20,5 dosi ogni 1.000 abitanti. Il Paese che ne consuma di più è la Turchia (41 dosi ogni 1.000 abitanti), seguita dalla Grecia (34), Corea (31,7), Francia (29), Belgio (28,4) e Italia (27,8). Lo stato che ne consuma di meno è invece il Cile (9,4 dosi) e i Paesi Bassi (10,6). Da notare come in Italia negli ultimi 10 anni l’uso degli antibiotici sia cresciuto del 6%.

Antibiotico resistenza in crescita.
In generale l’aumento dell’uso degli antibiotici che si sta registrando influenza anche l’andamento dei livelli di resistenza agli antibiotici che è cresciuta in media del 5% attestandosi nei Paesi al 15%. Un fenomeno globale, se è vero che tra il 2005 e il 2014 la prevalenza di antibiotico resistenza è aumentata in 23 paesi su 26 mappati.
E in questa graduatoria l’Italia è il terzo paese con la più alta percentuale di antibiotico resistenza (33-34% nel 2014, raddopiata dal 2005 quando era al 16-17%). Peggio di noi solo Paesi come la Grecia e la Turchia che come abbiamo visto hanno consumi ancora più elevati dei nostri.
 

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Le indicazioni sono contenute in una delibera approvata oggi. Per il primo accesso si dovrà tenere conto di codici di priorità, garantendo la prestazione entro 48 ore se urgente, entro 10 giorni se l’urgenza è “breve”; negli altri casi, entro 15 giorni per le visite specialistiche ed entro 30 per le prestazioni diagnostiche. In una seconda delibera gli indirizzi per la revisione della gestione del follow up oncologico

Continua il percorso intrapreso dalla Regione Toscana per tagliare le liste di attesa. Due delibere approvate nel corso dell’ultima seduta di giunta, mercoledì scorso, danno alle aziende indicazioni specifiche per la programmazione dell’offerta specialistica e la gestione delle liste di attesa, e anche per la revisione delle modalità organizzative del follow up oncologico.

“Quando, a fine 2015, abbiamo varato la legge di riforma – dice l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi – abbiamo indicato la riduzione delle liste di attesa come una delle maggiori criticità del nostro sistema sanitario, come del resto di tutti i sistemi sanitari occidentali, e abbiamo preso l’impegno di mettere in atto una serie di misure concrete per affrontarlo e risolverlo. Le prime indicazioni le abbiamo date in luglio, poi, ai primi di ottobre, abbiamo siglato un accordo con i medici di famiglia; ora, con queste due delibere, diamo ulteriori indirizzi specifici, e tempi molto stringenti: i direttori della programmazione delle aziende dovranno presentare all’assessorato un piano di abbattimento delle liste di attesa entro il 1° dicembre. I piani saranno valutati e condivisi dall’assessorato, e dovranno diventare operativi entro il 1° gennaio 2017, per arrivare a regime entro il primo semestre”.

Il primo passo dovrà essere quello di separare completamente il primo accesso (gestito dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta) dalla successiva presa in carico o follow up (gestito dagli specialisti). “Nel primo contatto, il quesito diagnostico, in quanto ancora sconosciuto, presenta tutte le caratteristiche dell’imprevedibilità, e quindi necessita di certezza e tempestività delle prestazioni utili alla risposta”, osserva la Regione in una nota che illustra il provvedimento. È dunque previsto che per il primo accesso si debba tenere conto di codici di priorità, garantendo la prestazione entro 48 ore se urgente, entro 10 giorni se l’urgenza è definita “breve”; negli altri casi, entro 15 giorni per le visite specialistiche ed entro 30 giorni per le prestazioni diagnostiche.

Per le prestazioni di secondo accesso (o follow up), dovrà essere garantita la presa in carico nel tempo da parte dello specialista per il controllo dei propri pazienti, riducendo il fenomeno della frammentazione dei percorsi di presa in cura. Dovranno essere previste agende dinamiche a validità annuale a scorrimento giornaliero, gestite direttamente, o attraverso servizi dedicati. “I medici di medicina generale avranno un ruolo fondamentale anche nella gestione dei percorsi della cronicità”, spiega la Regione.

La delibera ridefinisce anche gli ambiti di garanzia dei tempi massimi: per le prestazioni specialistiche di base l’offerta deve essere determinata a livello di zona; le altre prestazioni devono essere garantite a livello di azienda sanitaria; quelle ad alta specialità devono essere garantite comunque a livello di Area vasta.

La seconda delibera dà gli indirizzi regionali per la revisione delle modalità organizzative nella gestione del follow up oncologico, allo scopo di “assicurare la massima attenzione alle persone con patologie oncologiche nelle fasi successive al trattamento e al tempo stesso garantire una maggiore appropriatezza nell’uso delle risorse”. Anche in questo caso, l’obiettivo è “garantire al paziente un accesso più semplice possibile agli interventi in grado di soddisfare il suo bisogno di cura, superando l’attuale frammentarietà delle risposte”. “La domanda per patologia oncologica – osserva l regione – si caratterizza per essere diffusa, complessa, e sempre ad alto impatto emotivo, e richiede risposte con caratteristiche di elevata integrazione professionale, tempestive ed omogenee, all’interno di percorsi assistenziali con accessi guidati, che assicurino la continuità di cura”.

Tra le indicazioni contenute nella delibera, l’istituzione in ogni Cord (Centro oncologico di riferimento dipartimentale) di un Punto Servizi, cui il paziente sa di poter fare riferimento per assistenza, orientamento e supporto: “Unica interfaccia per tutti gli accertamenti previsti dal follow up per i pazienti oncologici seguiti dalla struttura, che quindi non dovranno più rivolgersi ai sistemi di prenotazione delle prestazioni di primo accesso”. Ad ogni paziente inserito in un programma di follow up deve essere fornito un programma di controlli periodici concordato tra gli specialisti di riferimento.

Sulla base dei dati del Registro Tumori, in Toscana si diagnosticano circa 25.000 nuovi casi di tumore l’anno. I pazienti affetti da tumore in Toscana sono stimati oltre 180.000 e determinano ogni anno circa 465.000 visite specialistiche e oltre 390.000 prestazioni di diagnostica per immagini.

La nota ricorda infine che “la Regione ha responsabilizzato le direzioni aziendali, inserendo il miglioramento dei tempi di attesa tra gli obiettivi di mandato dei direttori generali”.


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Le uova, spesso messe sul banco degli imputati per il contenuto di colesterolo che può danneggiare anche le arterie del cuore, possono invece essere un’arma in più contro l’ictus. Il loro consumo, fino a una al giorno, riduce il rischio del 12%.

A sostenerlo uno studio dell’EpidStat Institute di Ann Arbor, nel Michigan, pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Nutrition. Secondo i risultati della ricerca il consumo di uova, fino a una al giorno, non è associato a problemi coronarici, mentre è legato a una riduzione del 12 per cento del rischio di ictus. Questi risultati provengono da una revisione sistematica e una meta-analisi di studi tra il 1982 e il 2015, in cui sono state valutate le relazioni tra l’assunzione di uova e malattie delle coronarie in 276mila persone e il loro consumo e l’ictus in 308mila.

Alexander Dominik, autore principale dello studio, spiega che devono essere approfonditi gli aspetti che portano a comprendere meglio la connessione tra il consumo di uova e il rischio di ictus. Tuttavia, Dominik evidenzia che «le uova hanno molti attributi nutrizionali positivi, tra cui antiossidanti, che hanno dimostrato di ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione. Sono anche un’ottima fonte di proteine, che è stata correlata con un abbassamento della pressione sanguigna».

Un uovo grande – evidenziano ad esempio gli studiosi – ha 6 grammi di proteine di alta qualità e antiossidanti come la luteina e la zeaxantina, presenti all’interno del tuorlo, così come le vitamine E, D, e A.

ANSA


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Il progetto di una protesi facciale è stato realizzato con uno smartphone, avvalendosi di un’app scaricabile gratuitamente. L’eccezionale risultato, ottenuto da un dentista peruviano, è stato poi trasformato in realtà da una stampante tridimensionale. La nuova protesi, adesa con un magnete a tre viti in titanio e fissata nell’arcata orbitaria superiore, ha restituito la voglia di vivere ad un cinquantenne brasiliano col volto deturpato da un intervento demolitivo per asportare un carcinoma invasivo

Ha avuto la fortuna di sopravvivere ad un carcinoma del cavo orale estremamente aggressivo, grazie ad un intervento chirurgico demolitivo che ha impedito che il cancro arrivasse al cervello. La zona del volto occupata un tempo dall’occhio destro, dal naso e dallo zigomo, dopo l’intervento dei chirurghi, era però ridotta ad un cratere, che ha devastato l’identità di Carlito Conceiao, un 54enne brasiliano di San Paolo.

Un dramma che a distanza di qualche anno ha trovato una soluzione inedita e incredibile, quella di una protesi progettata con lo smartphone e poi stampata in tre dimensioni.

Ancora più incredibile il percorso che ha portato a questa soluzione. Rodrigo Salazar – riporta il quotidiano New York Post – un dentista peruviano specializzato in riabilitazione orale, ha lavorato a questo progetto per due anni avvalendosi di un’app gratuita per cellulari, l’Autodesk 123D Catch, che è  grado di convertire le fotografie in modelli 3D. L’ingegnoso dentista ha scattato con il suo cellulare 15 fotografie della testa del paziente, convertendole poi in un modello 3D virtuale che ha stampato con una stampante low cost. E’ così riuscito a ottenere un modello sul quale è stata quindi plasmata la nuova protesi in silicone per quel volto deturpato. Una serie di ‘artisti clinici’ si sono quindi offerti per rifinire a mano la protesi in modo che risultasse quanto più naturale possibile.

La protesi è inserita sul volto del paziente, per mezzo di magneti che la fanno aderire a tre viti in titanio fissate sull’arcata orbitaria superiore. Può essere dunque facilmente rimossa e addirittura lavata, prima di essere riposizionata in sede.

Un’idea ingegnosa che ha restituito la voglia di vivere ad un uomo, padre di due figli, costretto dopo l’intervento demolitivo a vivere con una protesi di pessima qualità che continuava a ‘cadergli’ dal viso lasciando esposta la vasta area deturpata dalla chirurgia e facendolo sprofondare nella depressione.

La progettazione delle protesi da stampare 3D hanno dei costi molto elevati. Questo caso apre scenari del tutto inediti e low cost, sdoganando l’uso del telefonino anche per questo utilizzo decisamente inaspettato.

Il Daily Mail ha dedicato a questa storia un video che ripercorre la storia della protesi di Carlito.


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In Europa il batterio meningococco B (MenB) causa circa l’85 per cento dei casi di meningite tra i bambini piccoli. La maggior parte supererà l’infezione senza effetti seri. Ma più di 1 bambino su 10 soffrirà della perdita di un arto o di disabilità neurologica. Più di 1 su 3 presenterà altre problematiche cognitive, fisiche e psicologiche.

Un chicco di caffè. Una forma familiare, che evoca fragranza e conforto. Ma chi ”possiede” questa forma è il batterio della Neisseria meningitidis, più conosciuta come meningite. Un chicco di caffè che normalmente è presente nelle cavità del naso e della faringe di una persona su dieci, senza dare fastidio. Poi, invece, alcune persone, non si sa ancora perché, passano dalla condizione di portatore a quella di malato. In Toscana nel 2015 sono stati 38 i casi. Quest’anno, 31 (a ottobre 2016). 12 i morti complessivi. “La malattia meningococcica – spiegano gli esperti – è una patologia improvvisa potenzialmente mortale. Si stima che più di uno su dieci tra chi ne è colpito possa morire. In 24 ore”. Se ne è parlato a Siena, presso il centro ricerche di GSK.

In Europa il batterio meningococco B (MenB) causa circa l’85 per cento dei casi di meningite tra i bambini piccoli. La maggior parte supererà l’infezione senza effetti seri. Ma più di 1 bambino su 10 soffrirà della perdita di un arto o di disabilità neurologica. Più di 1 su 3 presenterà altre problematiche cognitive, fisiche e psicologiche. Anche se può sembrare poco elegante monetizzare il dramma delle persone, in base a stime del Regno Unito, il costo del trattamento a vita per un bambino con conseguenze severe da meningite batterica ammonta a 2,24 milioni di euro.

Le armi contro la malattia: vaccinazione e diagnosi corretta.

Gli episodi di infezione invasiva meningococcica verificatisi in Toscana nel 2015, ma anche in altre Regioni, non rappresentano un evento inatteso o anomalo e non configurano una particolare situazione di emergenza, se affrontati in modo corretto come è stato fatto finora. E sono due gli strumenti principali che abbiamo a disposizione per difenderci: la vaccinazione ed una corretta diagnosi della malattia. “La vaccinazione è l’unico strumento per prevenire la meningite da meningococco. Il batterio  è infatti presente nella gola del 10 per cento circa delle persone senza dare alcun segno: solo in alcuni, e per motivi ignoti provoca la malattia – spiega Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Pisa – Con il vaccino quindi non solo proteggiamo il singolo, ma riduciamo il numero di quei “fantasmini” (veri e propri portatori dell’infezione ignari della loro condizione) presenti tra noi che senza saperlo trasmettono una malattia che può avere un’evoluzione drammatica in poche ore. Con la vaccinazione per la meningite meningococcica otteniamo anche quell’immunità di gregge che rappresenta un fattore chiave in termini di sanità pubblica per limitare la circolazione del batterio e ridurre i casi di malattie”.

“Noi lavoriamo nei vaccini perché crediamo nella scienza e nella possibilità di fornire un contributo sostanziale al miglioramento della salute pubblica – aggiunge Daniele Finocchiaro, Presidente e amministratore delegato di GSK Italia -. Per questo abbiamo continuato ad investire nel settore quando molti si allontanavano, attirati da diverse sirene di scienza ed economia e per lo stesso motivo abbiamo riconosciuto subito, preservato e stiamo investendo in questa perla italiana, ora centro mondiale di eccellenza GSK per la ricerca sulle infezioni batteriche e per la produzione di numerosi vaccini. Ogni 8 minuti una persona nel mondo muore di meningite e ogni anno con la vaccinazione in generale potremmo evitare fino a 3 milioni di morti e 750mila casi di disabilità: il nostro posto ieri, oggi e domani è perciò a fianco delle Autorità sanitarie per contribuire al mantenimento delle coperture vaccinali necessarie alla protezione delle nostre comunità”.

Vaccino contro il Meningococco B

“La sottostima dei casi di malattia causata dal meningococco è purtroppo un fenomeno noto e dovuto a diversi fattori – prosegue Chiara Azzari, Responsabile del Centro di Immunologia pediatrica dell’Ospedale Meyer di Firenze -. In questo senso l’applicazione standardizzata di una  più adeguata metodica di diagnosi ci dice che le infezioni sono molte di più di quelle che si pensa. Utilizzando test diagnostici come la PCR-RT si può ridurre uno dei rischi di sottostima di malattia meningococcica invasiva, nel nostro Paese si stima di circa 3 volte, inoltre il test fornisce un responso diagnostico molto rapido. Per poter disegnare delle corrette strategie vaccinali è infatti molto importante giungere ad una valutazione corretta del numero di casi di malattia  e della loro distribuzione”.

“E’ una lotta dove ognuno deve dare il proprio contributo e sapere che da qui possiamo aiutare molte persone in tutto il mondo a proteggersi dalle principali malattie infettive è una grande fonte di motivazione per me e per tutti i colleghi della ricerca e della produzione – sottolinea Rino Rappuoli, Chief Scientist di GSK Vaccines -.  Ma soprattutto la messa a punto del vaccino per il Meningococco B, oggi registrato in oltre 35 paesi, ha rappresentato per noi un traguardo molto importante che permetterà non solo di salvare molte vite umane, ma anche di cambiare le prospettive della lotta contro la meningite nel mondo. Già raccomandato in nove  regioni italiane e utilizzato in America e in Canada per far fronte a focolai di meningite che si sono verificati in quelle zone, il vaccino GSK contro il Meningococco B dal settembre del 2015 è stato introdotto nel piano di prevenzione nazionale in UK destinandolo a tutti i nuovi nati. Proprio i dati preliminari realtivi a questo programma di immunizzazione dimostrano che il nostro vaccino contro il Meningococco B ha avuto – tra i bambini vaccinati – una effectiveness vicina all’83% contro qualsiasi ceppo di meningite B e pari al 94% contro i ceppi prevenibili con la vaccinazione”.


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Come ogni anno con l’arrivo di novembre scatta il periodo migliore per vaccinarsi per l’influenza, prima che il virus inizi a circolare.

Quest’anno, ricordano gli esperti, si rischia una stagione particolarmente dura, ed è quindi ancora più importante che le categorie considerate a rischio, a partire dagli anziani, si vaccinino.

Secondo i dati Influnet nel nostro Paese ogni anno si registrano da 5 a 8 milioni di casi di sindrome influenzale. Circa 8.000 decessi possono essere direttamente correlati con l’influenza e di questi il 90% riguarda soggetti di età superiore ai 65 anni. «Oltre agli anziani deve vaccinarsi chi ha qualche patologia che indebolisce il sistema immunitario, come il diabete o le malattie cardiovascolari, le stesse categorie che dovrebbero proteggersi dalla polmonite – sottolinea Michele Conversano, presidente di Happy Ageing -.

Per gli anziani è dimostrato che i maggiori benefici ci sono con il vaccino antinfluenzale adiuvato, al quale è aggiunta una proteina che fa riconoscere meglio l’antigene dal sistema immunitario. Buoni risultati si hanno anche con l’intradermico, più recente e con meno studi a supporto».

ANSA


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Troppi energy drink in un lasso di tempo ristretto possono mettere ko il fegato.

Lo affermano gli esperti dell’università della Florida, che hanno descritto su Bmj Case Reports il caso di un uomo ricoverato con epatite acuta dopo averne consumati 4-5 al giorno per tre settimane.

Il paziente, un muratore di cinquant’anni, ha sviluppato anoressia e dolori addominali che sono sfociati in nausea e vomito, attribuiti erroneamente ad una influenza, ed è andato in ospedale solo quando ha sviluppato un’itterizia diffusa. Una biopsia del fegato ha confermato un’epatite acuta, che secondo i medici era dovuta all’eccesso di niacina, o vitamina B3, il cui consumo giornaliero era di circa 200 milligrammi.

Ogni lattina, sottolineano gli autori, contiene 40 grammi di niacina, ovvero il doppio della dose giornaliera raccomandata. Circa il 50% dei cedimenti del fegato negli Usa sono dovuti a supplementi alla dieta, spesso in preparati “naturali”. «Con il mercato degli energy drink in continua espansione – scrivono gli autori nelle conclusioni – i consumatori dovrebbero essere coscienti dei potenziali rischi dei singoli ingredienti. Vitamine e altri nutrienti, come la niacina, sono presenti in quantità che eccedono le dosi raccomandate quotidiane, portando a rischi di accumulazione e tossicità».

ANSA


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L’acqua micellare è un prodotto di ultima generazione per la pulizia del viso, struccante e detergente insieme, pensato appositamente per sciogliere e rimuovere anche il make up waterproof, per definizione più resistente, da occhi, labbra e viso. L’enorme vantaggio di utilizzare l’acqua micellare sta nel fatto di poter utilizzare un unico prodotto per la pulizia completa del viso, senza necessità di risciacquare, ma con quella sensazione finale di freschezza assoluta che si riesce ad avere solo dopo avere pulito la pelle in profondità.

La sua composizione si basa proprio sulle cosiddette micelle, vale a dire degli agglomerati sferici di tensioattivi detergenti che, a contatto con il viso, si aprono catturando le impurità e rimuovendole dal viso: il tutto in un composto leggero e delicato, proprio come l’acqua. Per questa consistenza estremamente leggera, l’acqua micellare è la soluzione ideale per tutti tipi di pelle, in particolar modo per quelle più delicate e sensibili, che verranno deterse alla perfezione senza bisogno di trattamenti troppo aggressivi.

Sapone detergente

Per tutte le donne che, invece, non vogliono rinunciare alla sensazione unica del contatto con l’acqua, via libera al sapone detergente disponibile in saponetta, in gel e, novità, anche in mousse.

Le saponette per il viso che si trovano in commercio sono particolarmente delicate, proprio per detergere senza seccare eccessivamente la pelle del viso, quasi sempre prive di agenti schiumogeni e lasciano la pelle morbida e bene idratata dopo il risciacquo finale, anche se da un punto di vista di sterilità non sono il massimo. Da preferire in tal senso i gel detergenti, che donano alla pelle del viso anche una particolare sensazione di freschezza.


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Ogni mese, nella nostra farmacia, è disponibile gratuitamente la rivista OPTIMA SALUTE. Un mensile pensato specificatamente per gli utenti della farmacia, dove è possibile trovare articoli che riguardano la salute, la bellezza, il mangiare ed il viver sano.

Ci sono approfondimenti per tutta la famiglia: si parla di medicina e salute, ma anche di bellezza, alimentazione, sport, bambini e piccoli animali, notizie utili per le patologie e problemi stagionali (come le allergie in primavera o le malattie da raffreddamento nei mesi invernali), suggerimenti per la prevenzione e curiosità.


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Le bibite gassate, anche quelle “dietetiche”, aumentano il rischio di diabete, oltre che di una malattia autoimmune tipica degli adulti.

Lo rileva una ricerca pubblicata sull’European Journal of Endocrinology, secondo cui basta una lattina e mezza al giorno per raddoppiare il rischio. Lo studio del Karolinska Institute ha esaminato i dati di 2.800 persone, verificando i loro consumi di bibite gassate e lo stato di salute.

Chi beve più di due porzioni da 200 millilitri al giorno, scrivono gli autori, ha un rischio 2,4 volte maggiore di avere il diabete di tipo 2 rispetto a chi non ne beve, e aumenta anche quello di sviluppare una malattia autoimmune chiamata Lada che ha caratteristiche simili al diabete. Per chi consuma un litro di queste bevande al giorno invece il rischio è maggiore di dieci volte.

«I dolcificanti artificiali nelle bevande “diet” potrebbero stimolare un appetito “distorto”, con un aumento dell’assunzione di cibo. Potrebbero anche influire sulla flora batterica intestinale, portando ad una intolleranza al glucosio». I ricercatori proseguiranno lo studio con i dati di otto diversi paesi, per verificare se l’effetto rimane. «Stiamo anche studiando come contrastare questo effetto» spiega l’autrice principale, Josefin Edwall Lofvenborg «per esempio con l’assunzione di omega 3».

ANSA


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