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Può esserci un maggiore rischio di un nuovo infarto o ictus se si interrompe la terapia con aspirina a basse dosi, utilizzata proprio per ridurre la probabilità di eventi cardiovascolari.

Questo farmaco impedisce i coaguli, ma tra il 10 al 20% dei sopravvissuti a un infarto ne interrompe l’uso quotidiano nei primi tre anni successivi, e in un quadro più ampio sono stati segnalati tassi di interruzione fino al 30% e una scarsa aderenza alla terapia in una percentuale fino al 50% dei pazienti.

È quanto emerge da una ricerca dell’Università di Uppsala, in Svezia, pubblicata su Circulation. Gli studiosi hanno preso in esame i dati di 601.527 persone, che hanno preso l’aspirina a basso dosaggio per infarti e prevenzione dell’ictus tra il 2005 e il 2009. I partecipanti erano over 40 e avevano un tasso di aderenza superiore all’80% nel primo anno di trattamento. In tre anni in cui sono stati seguiti, ci sono stati 62.690 eventi cardiovascolari.

I ricercatori hanno riscontrato che un paziente ogni 74 che ha smesso di assumere l’aspirina ha avuto un evento cardiovascolare aggiuntivo all’anno. È stato inoltre riscontrato che vi era un tasso superiore del 37% di eventi cardiovascolari in coloro che avevano interrotto la terapia rispetto a coloro che hanno continuato e il rischio è aumentato poco dopo la sospensione e non sembrava diminuire nel tempo.

«Fintanto che non ci sono sanguinamenti o interventi chirurgici importanti – spiega Johan Sundstrom, autore principale della ricerca – lo studio mostra i significativi benefici per la salute pubblica che possono essere ottenuti quando i pazienti rimangono in terapia».

ANSA


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