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In Danimarca, un team di ricercatori ha studiato i dati di oltre 657 mila bambini nati nel Paese scandinavo tra il 1999 e il 2010, per osservare l’eventuale legame tra vaccinazione MMR (morbillo, parotite e rosolia) e autismo.

Il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR) non è associato ad un aumento del rischio di autismo anche tra i bambini ad alto rischio perché hanno un fratello con il disturbo. È quanto suggerisce uno studio condotto dai ricercatori dello Statens Serum Institut di Copenhagen, in Danimarca.

Il gruppo danese ha studiato la connessione tra il vaccino MMR e l’autismo in una coorte nazionale di tutti i bambini nati in Danimarca da madri danesi dal 1999 al 2010, seguendoli dalla nascita fino all’agosto del 2013. Il team ha esaminato i dati relativi a 657.461 bambini, di cui il 95% era vaccinato. Nel periodo di studio, 6.517 bambini hanno ricevuto una diagnosi di autismo e  i ricercatori hanno osservato che i” bambini vaccinati presentavano il 7% in meno di probabilità di sviluppare l’autismo rispetto ai bambini che non sono stati vaccinati”.

Le conclusioni

Lo studio ha messo in evidenza che i bambini con fratelli autistici avevano probabilità sette volte maggiori di essere diagnosticati con autismo rispetto ai bambini senza questa storia familiare della patologie. I maschi avevano quattro volte più probabilità di ricevere diagnosi di autismo rispetto alle femmine. Infine, i bambini privati delle vaccinazioni infantili avevano il 17% in più di probabilità di ricevere una diagnosi di autismo rispetto ai bambini che effettuavano le vaccinazioni raccomandate.

“I genitori non dovrebbero saltare le vaccinazioni per paura dell’autismo – sottolinea l’autore principale dello studio principale, Anders Hviid – I pericoli della mancata vaccinazione includono, tra le conseguenze, una recrudescenza del morbillo”. Secondo i ricercatori, è suffciente una riduzione del 5% nella copertura vaccinale per triplicare i casi di morbillo nella comunità.

Fonte: Ann Intern Med 2019


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Suonare la batteria può dare dei benefici ai ragazzi con una diagnosi di autismo e supportarne l’apprendimento.

Lo rileva un progetto, condotto dall’università di Chichester e dallo University Centre Hartpury, che ha mostrato che la capacità degli studenti di seguire le istruzioni dei loro insegnanti è migliorata in modo significativo, così come le interazioni sociali con i coetanei e il personale scolastico.

La ricerca ha coinvolto alcuni alunni della Milestone School di Gloucester, che si occupa di ragazzi che necessitano di un sostegno scolastico, prevedendo un programma di lezioni di batteria di dieci settimane comprendente due sessioni di 30 minuti ogni settimana. Ogni lezione è stata impartita da tutor di percussioni utilizzando drum kit elettronici forniti da enti di beneficenza nel Gloucestershire.

I risultati preliminari rilevati dagli insegnanti dei ragazzi hanno mostrato un grande miglioramento nel controllo del movimento nel periodo in cui i ragazzi suonavano la batteria, inclusa la destrezza, il ritmo, i tempi. Anche il controllo del movimento è risultato migliorato durante l’esecuzione di compiti quotidiani al di fuori dell’ambiente scolastico, ad esempio con una migliore capacità di concentrazione durante i compiti a casa.

Vi sono stati inoltre una serie di cambiamenti positivi osservati nel comportamento all’interno dell’ambiente scolastico, come una migliore concentrazione e una migliore comunicazione con colleghi e adulti. «Suonare la batteria è una miscela unica di attività fisica, coordinazione e musicalità – spiega il dottor Steve Draper, coinvolto nello studio – tutte cose note per essere utili al benessere».


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L’autismo è una malattia altamente ereditabile la cui genesi dipende per l’83% da tratti genetici ereditari.

Lo rivela un lavoro di Sven Sandin della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York, pubblicato sulla rivista JAMA, studio che aggrava il peso di fattori ereditari sulla genesi dell’autismo, una malattia complessa e caleidoscopica, che si dipana con vari livelli di gravità.

E’ accertato che vi sia la connivenza di fattori ereditari, infatti la malattia ricorre spesso con più casi nella stessa famiglia. Ma finora si pensava che i geni avessero un peso pari (50% e 50%) a quello di fattori ambientali (tutto ciò che può potenzialmente influenzare lo sviluppo cerebrale del bambino sin dalla sua vita intrauterina e nei primissimi anni, dall’esposizione a determinate sostanze, a stili di vita familiari, a infezioni contratte etc).

Lo studio ha coinvolto 37.570 coppie di gemelli, 2.642.064 coppie di fratelli (non gemelli), 432.281 coppie di “fratellastri” figli della stessa madre e 445.531 figli dello stesso padre. A 14.516 bambini nel corso del tempo è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico. Confrontando gemelli e non gemelli si può stimare il peso di geni e ambiente sulla presenza o assenza di certe malattie, perché mentre i gemelli identici (omozigoti) hanno Dna identico al 100% (quindi tutte le differenze tra loro sono ascrivibili a fattori ambientali non condivisi da entrambi), i fratelli condividono lo stesso Dna per il 50%; i fratellastri invece per il 25%.

Dallo studio è emerso che il rischio di due fratelli di essere entrambi autistici sale al crescere della loro somiglianza genetica: significa che l’ereditabilità dell’autismo è alta (83%) mentre i fattori ambientali esterni contano meno (17%).

ANSA


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L’apprendimento della musica migliora le connessioni cerebrali nei bambini sani e potrebbe risultare utile in quelli con disturbi dello spettro autistico e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). È quanto emerge da uno studio condotto in Messico e pubblicato da RSNA.

L’apprendimento della musica migliora le connessioni cerebrali nei bambini sani e potrebbe risultare utile in quelli con disturbi dello spettro autistico e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). È quanto emerge da uno studio condotto in Messico e pubblicato da RSNA. Gli studiosi hanno riscontrato che dopo nove mesi di lezioni nei bambini sani, l’imaging del tensore di diffusione (DTI) rivelava una crescita delle fibre cerebrali e nuove connessioni in aree del cervello associate a disturbi dello spettro autistico e disturbo da deficit di attenzione/iperattività.

”L’esperienza musicale, quando si è molto piccoli, può contribuire a un miglior sviluppo cerebrale, ottimizzando la creazione e la fissazione di reti neurali, Inoltre favorisce il processo di mielinizzazione e stimola i tratti impegnati nelle regioni frontali, in particolare il forceps minor”, ha commentato Pilar Dies-Suarez, primario di radiologia presso l’ Hospital Infantil de Mexico Federico Gomez a Città del Messico, principale autrice dello studio. Il forceps minor è un fascio di fibre che collega le superfici laterali e mediali dei lobi frontali e si estende attraverso l’estremità anteriore del corpo calloso. Recentemente è stato studiato il suo coinvolgimento nei disturbi e nelle patologie legate alla corteccia frontale.

Lo studio
I ricercatori hanno studiato 23 bimbi di cinque e sei anni, senza una storia clinica di disturbi sensoriali, della percezione o neurologici. Nove di questi bambini avevano precedentemente seguito delle lezioni di discipline artistiche. Prima e dopo nove mesi di training musicale, questi bambini sono stati sottoposti a risonanza magnetica DTI, che individua cambiamenti microstrutturali nella materia bianca del cervello.

Dopo le lezioni di musica, i risultati dell’imaging del tensore di diffusione hanno mostrato un incremento nell’anisotropia funzionale in diverse aree del cervello, specialmente nel forceps minor. “Quando un bambino riceve un’istruzione di tipo musicale, il suo cervello viene spinto a eseguire diversi compiti”, aggiunge Dies-Suarez. “Tra questi figurano capacità uditive, cognitive, emotive e sociali, che sembrano attivare queste diverse aree del cervello. Tali risultati potrebbero essere emersi dalla necessità di creare maggiori connessioni tra i due emisferi del cervello”. Con ulteriori studi e repliche, i ricercatori sostengono che i loro risultati potrebbero essere utili alla creazione di strategie mirate di intervento in disturbi come autismo e ADHD.

Fonte: RSNA 2016


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