I bambini che passano più tempo all’aria aperta e che fanno sport sono colpiti meno frequentemente da miopia. A dimostrarlo è stato un ampio studio dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam.
Un gruppo di ricercatori olandesi, coordinato da Caroline Klaver dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam, ha esaminato 5.711 bambini della città olandese che avevano preso parte, sin dalla nascita e insieme alle loro madri, a uno studio a lungo termine. A sei anni, i bambini sono stati sottoposti a un accurato esame medico e si è scoperto che i miopi si attestavano al 2,4% miope. Klaver e colleghi avrebbero così scoperto che i bambini affetti da miopia avevano trascorso meno tempo all’aria aperta, avevano livelli di vitamina D più bassi, un indice di massa corporea superiore e avevano praticato meno sport.
In realtà anche l’origine non europea, il basso livello di istruzione della madre e la famiglia a basso reddito sarebbero stati fattori associabili all’insorgenza della miopia, ma i ricercatori hanno individuato anche che lo stile di vita potrebbe concorrere all’aumento di questo rischio. Mentre una limitazione dello studio sarebbe dovuta al fatto che non state raccolte informazioni sulla miopia dei genitori, “un fattore di rischio ben noto”, come hanno sottolineato gli stessi autori.
Lo stile di vita nei primi anni di vita è molto spesso associato allo sviluppo della miopia – spiega Klaver, principale autore dello studio -. Non stare fuori e fare lavori vicino alla fonte di luce aumenterà molto questo rischio”. “Le differenze nella miopia riscontrate tra diversi gruppi etnici – dice Jeremy Guggenheim, professore di optometria alla Cardiff University, nel Regno Unito, non coinvolto nello studio – potrebbero in effetti essere dovute ai diversi stili di vita tra i gruppi etnici. Questo studio e altri recenti lavori suggeriscono che l’effetto di prevenzione del tempo trascorso all’aria aperta sia vantaggioso anche prima, tra i 3 e i 6 anni”. E anche se lo studio non individua cause specifiche per la miopia, “i fattori di rischio individuati concordano con quello evidenziati negli ultimi anni”, conclude Guggenheim.
Fonte: British Journal of Ophtalmology