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L’uomo aveva perso da 30 anni la vista all’occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e, negli ultimi anni, la funzione visiva dell’occhio destro per una patologia cronica rara che ha distrutto la cornea e la superficie oculare. Lo straordinario intervento eseguito a Le Molinette ha permesso all’uomo di recuperare la vista dall’occhio destro attraverso un autotrapianto

“Quando mi sono risvegliato e ho iniziato a vedere i contorni delle mie dita e della mano, è stato come nascere di nuovo”. Queste sono le prime parole di E. B., un uomo di 83 anni che vive in provincia di Torino, affetto da due gravi e diverse patologie della vista, che l’avevano condotto alla cecità da 6 anni, dopo esser riuscito a recuperare la vista all’occhio destro che, già a due settimane dall’intervento (durato 4 ore), gli permette di riconoscere gli oggetti, i volti e di muoversi autonomamente. Ad operarlo una équipe costituita dal professor Michele Reibaldi (Direttore della Clinica Oculistica universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino), ed esperto chirurgo retinico, e dal professor Vincenzo Sarnicola (Presidente della Società Italiana della Cornea e della Staminalità della Superficie Oculare (SICSSO) e consigliere del direttivo della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (S.I.S.O.), coadiuvato dalla sua collaboratrice Enrica Sarnicola.

Il paziente, spiega la Città della Salute di Torino in una nota, aveva perso da 30 anni la vista all’occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e, negli ultimi 10 anni, aveva progressivamente perso la funzione visiva anche dell’occhio destro ma per una patologia cronica rara (pseudo pemfigoide oculare), che ha distrutto la cornea e purtroppo anche la superficie oculare. Negli ultimi anni l’occhio destro era stato sottoposto a due trapianti di cornea tradizionali a tutto spessore, entrambi falliti rapidamente per la mancata funzionalità della superficie oculare.

In questo intervento, per la prima volta al mondo, è stato realizzato un autotrapianto dell’intera superficie oculare, prelevata dall’occhio sinistro, comprendente non solo la cornea, ma anche una parte di sclera e tutta la congiuntiva comprese le cellule staminali del limbus.

“In estrema sintesi il paziente per problemi retinici aveva irrimediabilmente perso la funzionalità dell’occhio sinistro, mentre l’occhio destro aveva mantenuto una potenzialità di recupero che però si era rivelata vana con trapianti tradizionali – riferisce Reibaldi –. Abbiamo deciso di coinvolgere il professor Sarnicola perché notissimo nel mondo per aver proposto e realizzato tecniche alternative ai trapianti perforanti tradizionali”.

“L’intervento è stato eseguito prelevando dall’occhio sinistro, irrecuperabile dal punto di vista funzionale, ma con la cornea e la superficie oculare in buona salute, tutta la congiuntiva, tutta la cornea e due millimetri di sclera, in un unico pezzo – spiegano Reibaldi e Sarnicola -. In pratica un terzo dell’occhio sinistro è stato autotrapiantato nell’occhio destro, che quindi è stato ricostruito ed è tornato a vedere”.

“La vera novità consiste – precisa Sarnicola – nell’aver allargato il trapianto corneale all’intera superficie oculare, ai tessuti congiuntivo-sclerali, che giocano un ruolo fondamentale nel permettere il successo del trapianto in condizioni particolari, come nel caso del nostro paziente. Allo stesso tempo, l’occhio sinistro è stato ricostruito con tessuti da donatore solo a scopo estetico”.

“L’intervento è stato straordinario ed il paziente, oggi dopo due settimane ha ripreso a vedere e si muove autonomamente. Siamo molto emozionati e ci aspettiamo un successo duraturo nell’occhio destro, perché ricostruito con tessuti propri del paziente e quindi potenzialmente al riparo dai problemi di rigetto che hanno afflitto i precedenti trapianti”, concludono Reibaldi e Sarnicola.


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L’inalazione di popper – un composto di sostanze psicoattive – può favorire lo sviluppo di una maculopatia, con perdita o compromissione della vista centrale. Chi fa uso di popper dovrebbe essere consapevole che può provocare danni alla fovea, la parte centrale della retina, importante per attività come leggere o stare al computer”, sottolineano gli autori dello studio britannico

L’evidenza emerge da un piccolo studio britannico, pubblicato dal British Journal of Ophthalmology. “Abbiamo preso in considerazione solo 12 casi, che vanno però ad aggiungersi a evidenze di altri studi già condotti sul rapporto tra maculopatia da popper e sospettiamo che possano esistere molti casi clinici e subclinici non identificati in aree in cui l’uso di tale sostanza è massiccio”, dice Rebecca Rewbury ,del Sussex Eye Hospital e del Sussex University Hospitals Trust di Brighton, principale autrice dell’articolo.

Lo studio
Nell’articolo pubblicato online il 10 aprile dal British Journal of Ophthalmology, Rewbury e colleghi hanno presentato 12 casi di disturbo visivo in persone di sesso maschile che facevano uso di popper. Una visione centrale compromessa (offuscamento o scotoma) nelle ore e nei giorni seguenti all’inalazione era il sintomo oculare più riportato. L’esame del fondo dell’occhio ha rivelato sottili depositi foveali di colore giallo, mentre la tomografia a coerenza ottica nel dominio spettrale ha evidenziato un’interruzione della giunzione segmento interno/segmento esterno nella regione subfoveale in tutti i casi. I segmenti anteriori e le pressioni intraoculari erano sempre normali.

Sei dei prodotti analizzati dalla spettroscopia di risonanza magnetica nucleare contenevano un mix 50:50 di nitrito di isopropile e alcool di isopropile. In tre dei 12 casi, i pazienti avevano inalato popper per più di vent’anni. In generale, sintomi e anomalie, a livello di imaging, sono migliorate nel tempo. La metà del campione (sei individui), sopo la diagnosi  si sono astenuti dall’assunzione della sostanza e sono tornati asintoimatici in pochi mesi, mostrando miglioramenti nell’acuità visiva “Chi fa uso di popper dovrebbe essere consapevole che può provocare danni alla fovea, la parte centrale della retina, importante per attività come leggere o stare al computer”, sottolineano i ricercatori.

Fonte: British Journal of Ophthalmology 2017


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Il glaucoma nel mondo colpisce oltre 60 milioni di persone, di cui 1 milione in Italia, ed è causa del 12% di tutti i casi di cecità.

Dal 12 al 18 marzo si celebra la settimana mondiale dedicata a questa patologia, già descritta nelle opere di Omero ed Ippocrate, che provoca danni progressivi al nervo ottico, e si stima crescerà nei prossimi anni.

La forma più comune di glaucoma, spesso associata all’aumento della pressione all’interno dell’occhio, può svilupparsi senza sintomi e provocare la perdita permanente della vista. I pazienti si accorgono solo tardivamente ma, se diagnosticata in tempo, la malattia può essere controllata e se ne può rallentare la progressione. Oltre all’aumento della pressione oculare, ci sono altri fattori di rischio, come l’età, la razza, la familiarità, la patologia cardiovascolare e l’uso indiscriminato di colliri cortisonici.

«Circa un milione di Italiani è affetto da glaucoma, ma molti di loro non sanno di averla», spiega Luca Mario Rossetti, direttore della Clinica Oculistica dell’Università degli Studi di Milano all’Ospedale San Paolo. Questo accade perché «la patologia è asintomatica, quindi la diagnosi è quasi sempre tardiva.

Basterebbero 15 minuti per una visita completa che consenta di controllare la pressione dell’occhio e l’aspetto del nervo ottico».

ANSA


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