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I ragazzi che fumano cannabis vanno incontro a un rischio aumentato del 30% di essere ricoverato per un grave attacco cardiaco.

Adolescenti e giovani che fanno uso di cocaina, anfetamine e cannabis hanno maggiori probabilità di essere ricoverati per attacco cardiaco all’inizio dell’età adulta rispetto alle controparti che non usano queste sostanze. È quanto emerge da uno studio condotto negli USA e pubblicato dal Journal of Adolescent Health 2019.

Dal 2010 al 2014 i ricercatori del Griffin Memorial Hospital di Norman, Oklahoma – guidati da Rikinkumar Patel – hanno esaminato i dati relativi a 1.694 pazienti tra i 15 e i 22 anni ricoverati per attacchi cardiaci e a quasi 9,4 milioni di soggetti della stessa età ricoverati per altri motivi.

Nel complesso, il rischio di ricovero per un attacco cardiaco era di 3,9 volte superiore per chi faceva uso di cocaina, 2,3 volte superiore per i consumatori di anfetamine e del 30% superiore per gli utilizzatori di cannabis rispetto a chi non faceva uso di queste droghe.

Molte persone ritengono che la cannabis abbia un basso rischio clinico, “nonostante crescenti evidenze di significativi effetti collaterali derivanti da disturbi legati al consumo di cannabis (dipendenza/abuso)”, scrivono gli autori dello studio sul Journal of Adolescent Health.

“Il nostro studio dimostra una maggiore prevalenza e una significativa percentuale di attacco cardiaco acuto nei giovani che fanno uso di cannabis, insieme alle potenziali implicazioni economiche per la gravità della malattia, la durata prolungata della degenza e il maggior uso di modalità di trattamento”, affermano i ricercatori.

Gli effetti a breve termine della cannabis comprendono cambiamenti d’umore, movimenti corporei compromessi e difficoltà di pensiero, risoluzione dei problemi e memoria. Nel tempo, la sostanza può anche determinare problemi di respirazione, aumento della frequenza cardiaca e diversi disturbi dell’umore.

I dati dello studio

Nello studio, circa il 15% dei giovani ricoverati per attacchi cardiaci faceva uso di cannabis, il 2,5% di anfetamine, il 6% di cocaina, il 2,6% di oppiacei e il 28,4% di tabacco.

La maggior parte dei pazienti con abitudini d’uso di sostanze legate al loro attacco cardiaco avevano tra i 19 e i 22 anni, erano di sesso maschile e caucasici.

Ad usare anfetamina erano in maggioranza soggetti con un basso reddito, mentre quelli con un reddito più elevato si facevano di cocaina.

Gli utilizzatori di cannabis hanno fatto registrare un numero maggiore di esiti infausti dopo un attacco cardiaco rispetto a chi faceva uso di altre sostanze. Quasi il 15% degli utilizzatori di cannabis stava molto male quando sono stati ricoverati per attacco cardiaco, una percentuale maggiore rispetto a quella osservata con gli utilizzatori di cocaina o anfetamina.

Le spese ospedaliere medie per gli utilizzatori di cannabis vittime di attacchi cardiaci ammontavano a 53.608 dollari, rispetto ai 49.979 per i consumatori di cocaina e ai 43.720 per chi faceva uso di l’anfetamina.

Nel complesso, il 2,7% dei pazienti con attacco cardiaco sono deceduti in ospedale, mentre il 2% di chi abusava di cannabis e ha avuto attacchi cardiaci è morto durante la degenza. Non si sono registrati decessi tra gli utilizzatori di cocaina o anfetamina vittime di un attacco cardiaco.

Fonte: Journal of Adolescent Health 2019


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L’uso di sostanze come estasy e speed accelera i processi di invecchiamento del cuore. Questo fenomeno sarebbe alla base dell’elevata incidenza di patologie cardiovascolari nelle persone che ne sono dipendenti.

Secondo quanto suggeriscono i risultati di un nuovo studio pubblicato da Heart Asia, gli adulti di mezza età che fanno uso di anfetamine come speed o ecstasy, a scopo ricreativo, possono sviluppare precocemente dei problemi cardiaci come quelli normalmente associati all’invecchiamento.

“Queste sostanze sono già state correlate a infarto, ictus, danni della parete arteriosa, anomalie del ritmo cardiaco e morte cardiaca improvvisa”, dice l’autore principale dello studio, Stuart Reece, della University of Western Australia a Crawley. “E’ plausibile dunque pensare che tutti questi diversi aspetti siano collegati da un’accelerazione dei sottostanti effetti dell’invecchiamento”.

Lo studio
Per questo studio, i ricercatori hanno misurato il flusso di sangue attraverso un’arteria principale nella parte superiore del braccio e dell’avambraccio in 713 persone tra i 30 e i 40 anni, selezionati tra i degenti di una clinica per abuso di sostanze. I pazienti sono stati divisi in quattro gruppi: non fumatori, fumatori, consumatori di anfetamine e di metadone. I ricercatori hanno utilizzato un sistema di monitoraggio della pressione arteriosa attraverso il posizionamento di un bracciale in ogni partecipante, per calcolare l’età vascolare biologica e hanno abbinato il grado di indurimento delle arterie con l’età cronologica, il sesso e l’altezza.

Quasi tutti i 55 consumatori di anfetamine inclusi nello studio avevano usato questi stimolanti durante la settimana precedente all’osservazione, e circa la metà lo avevano fatto nel giorno precedente alle misurazioni della pressione con il bracciale. Come hanno segnalato i ricercatori, si è visto che anche dopo aver considerato diversi fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, come il peso, i livelli di colesterolo e l’infiammazione, l’abuso di anfetamine era ancora associato in modo indipendente con un avanzamento dell’età cardiovascolare.

E l’invecchiamento accelerato, osservato con le anfetamine, sembrava essere ancora più pronunciato di quanto si verifica con l’uso del tabacco, ed era equivalente a circa un aumento del 25% rispetto all’età cronologica. In altre parole – concludono i ricercatori – ad un età media di 40 anni, si aggiungeva un avanzamento dell’invecchiamento di 10 anni.

Fonte: Heart Asia 2017


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