Dopo la sentenza della Corte D’Appello di Roma che ha confermato la condanna per il ministero della Salute al pagamento di centinaia di risarcimenti per emotrafusioni infette, arrivano le precisazioni del Centro Nazionale Sangue. “Da oltre 10 anni non ci sono state più segnalazioni di infezioni da Hiv o epatite, oggi si eseguono test che garantiscono la massima sicurezza. Le sentenze della magistratura si riferiscono a trasfusioni avvenute negli anni ‘80 e ‘90”.
Sono trascorsi più di dieci anni dall’ultima segnalazione di infezione da HIV ed epatite a seguito di trasfusione. Il livello di sicurezza garantito oggi è altissimo: su ogni donazione di sangue vengono effettuati i test, anche molecolari, per la ricerca di Hiv ed epatite C e B. Le buone notizie giungono dal Centro Nazionale Sangue, organo tecnico del Ministero della Salute e Autorità Competente con funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico del sistema trasfusionale nazionale.Precisazioni che arrivano all’indomani della sentenza della Corte D’Appello di Roma sugli indennizzi che il ministero della Salute dovrà corrispondere a coloro che hanno ricevuto trasfusioni con sangue infetto.
Il Centro Nazionale Sangue sottolinea che, proprio grazie a questi controlli per la sicurezza, nel 2015, ad esempio, sono state trovate e bloccate 1709 positività. Ricorda anche che le donazioni in Italia sono volontarie, periodiche, anonime e non remunerate.
“In virtù dei suddetti interventi, il rischio residuo di contrarre un’infezione a seguito di una trasfusione di sangue è prossimo allo zero, come ampiamente dimostrato dal sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro Nazionale Sangue – ha affermato Giancarlo Maria Liumbruno, Direttore generale del Centro -. A fronte di più di 3 milioni di emocomponenti trasfusi ogni anno (8.349 emocomponenti trasfusi ogni giorno), da oltre dieci anni in Italia non sono state segnalate infezioni post-trasfusionali da HIV, virus dell’epatite B e virus dell’epatite C. Le sentenze della magistratura che vengono riportate periodicamente dai media si riferiscono a trasfusioni avvenute negli anni ‘80 e ‘90, quando il sistema di vigilanza e le stesse conoscenze scientifiche erano molto diverse”.
Il coordinatore pro tempore Civis (Coordinamento interassociativo volontariato italiano sangue), Vincenzo Saturni, ha sottolineato anche che “questi dati confermano gli importanti passi avanti compiuti dall’Italia in tema di qualità e sicurezza, allineandoci agli standard dei Paesi più evoluti in ambito sanitario/trasfusionale. Il volontariato del sangue, inoltre, è impegnato ogni giorno nella fondamentale promozione di stili di vita sani tra i donatori volontari e associati, al fine di rendere ancora più elevati i livelli di sicurezza per gli emocomponenti e i farmaci plasmaderivati. Grazie anche a quest’azione siamo arrivati all’84% di donatori periodici e associati, fattore – ha concluso – che ci posiziona ai primissimi posti nel mondo e che rappresenta un ulteriore indicatore di qualità e sicurezza”.