E’ dall’inizio dell’anno che criticità e costi della spesa per la distribuzione diretta e “per conto” vengono analizzati da un gruppo di lavoro insediato nell’ambito del Tavolo del Mise sulla farmaceutica e coordinato dall’Aifa. «Non è vero, quindi, che la materia sia posta più o meno artatamente in secondo piano per favorire gli interessi di qualcuno. Anzi: si è voluto metterla al centro di un esame approfondito e a tutto campo, che renda ragione anche di difformità nell’organizzazione e nel costo dei servizi stessi». E’ la precisazione diramata ieri da un comunicato sottoscritto congiuntamente da Assofarm, Federfarma, Fofi e Sifo per rettificare imprecisioni ed errori del servizio mandato in onda mercoledì sera da Le Iene, il noto programma di Italia1.
Il lavoro condotto dal gruppo, prosegue la nota, serve a trovare gli strumenti con cui definire «un costo standard» che permetta di valutare le differenti formule distributive del farmaco. Senza tale riferimento, «le cifre che nel servizio fotografano la realtà dell’Asl di Imperia non possono essere direttamente generalizzate a situazioni differenti per organizzazione e logistica». Tantomeno, rimarcano le quattro associazioni dei farmacisti, «si possono ipotizzare risparmi a livello nazionale partendo da questo dato. Manca peraltro, nell’illustrazione della situazione fatta dal servizio, qualsiasi considerazione sui costi sopportati dal cittadino per recarsi nei punti di distribuzione, in termini economici e di tempo: anche in questo caso occorre considerare che non tutte le situazioni si prestano a un servizio centralizzato: un conto è il piccolo centro, un altro la città metropolitana. Ed è proprio in considerazione dei costi e dei disagi che possono gravare sui cittadini che è stata avviata la distribuzione per conto attraverso le farmacie di comunità».
Nemmeno è corretto, prosegue il comunicato, definire «una scatola» il farmaco (come ha fatto nell’intervista l’ex dirigente del servizio farmaceutico di Imperia, ndr), così come sostenere che le farmacie agiscono «come un corriere» nel caso della distribuzione per conto. «Dimenticare la radicale differenza tra i beni di consumo e i farmaci» avvertono le quattro organizzazioni «significa porsi al di fuori di qualsiasi logica sanitaria e di tutela della salute. Questa linea di pensiero apre la strada all’affidamento dei medicinali a personale non qualificato che non è in grado di svolgere quelle prestazioni che salvaguardano la sicurezza del paziente: dalla verifica della prescrizione al controllo dell’integrità del medicinale, per non parlare delle ulteriori prestazioni a supporto dell’aderenza alla terapia e di farmacovigilanza previste anche nei nuovi Livelli essenziali di assistenza. Le immagini dei vaccini trasportati al caldo sul sedile del passeggero da parte di alcuni corrieri, diffuse anch’esse in televisione, dovrebbero far riflettere. Sicuramente l’opera di un fattorino, con tutto il dovuto rispetto, può “costare” meno di quella di un farmacista, ma speriamo che nessuno possa considerarle sovrapponibili ai fini della tutela della salute dei cittadini».
Un altro aspetto della distribuzione diretta di cui si sottovalutano le implicazioni, poi, riguarda la frequente abitudine di consegnare ai pazienti cronici forniture per diversi mesi di trattamento. «Questa pratica» avverte il comunicato «può determinare sprechi, nel caso che nel frattempo il medico decida di cambiare terapia, e dirada spesso eccessivamente i contatti tra il paziente e i professionisti della salute che l’hanno in carico, con tutte le conseguenze del caso».
Nel servizio, appunta la nota, sono poi presenti alcune imprecisioni che inducono a pensare che sarebbe occorsa maggiore riflessione. Le farmacie comunali, per esempio, non dipendono dalle Asl, come detto nel servizio, ma appunto dal Comune e nulla hanno a che fare con la distribuzione diretta. La spesa farmaceutica italiana, peraltro allineata a quella degli altri paesi europei, non cresce per chissà quale gestione irrazionale della distribuzione, ma per l’impatto delle malattie croniche e per l’arrivo dei medicinali innovativi. Infine, tra i costi di un ricorso totale ed esclusivo alla distribuzione diretta non si mette in conto che questo comporterebbe la disgregazione dell’attuale rete delle farmacie di comunità. Una rete di presidi sanitari, ai quali si può accedere in qualsiasi momento, sicuri di trovare un professionista della salute preparato e competente al servizio del cittadino. A proposito di spese e risparmi, il Paese può permettersi questa desertificazione del territorio?
«Niente è più importante del diritto di cronaca» concludono le quattro organizzazioni «ma di cronaca deve trattarsi, non dell’enfatizzazione di dati particolari al fine di sostenere una tesi costruita a priori. Il tema della spesa farmaceutica, e ancor di più quello dell’accesso al farmaco, non ammettono semplificazioni, particolarmente utili per fare un titolo a effetto ma inutili a migliorare l’assistenza ai cittadini e i conti dello Stato».