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L’iniziativa realizzata dall’associazione “Un gancio al Parkinson” all’interno del Training Lab di Firenze, primo centro medico dove si pratica la boxe contro il Parkinson e dove attualmente sono seguiti gratuitamente 25 pazienti (17 uomini e 8 donne). “La boxe – spiega il presidente Maurizio Bertoni – sviluppa coordinazione dei movimenti, equilibrio, riflessi, ed elasticità dei muscoli. Allenare queste qualità, che si perdono in occasione di patologie neurodegenerative, migliora sensibilmente la qualità di vita dei pazienti”.

Gli allenamenti del pugilato per contrastare i sintomi del Parkinson. È la strategia innovativa messa in campo dall’associazione “Un gancio al Parkinson” per limitare i danni di una malattia degenerativa che solo in Toscana conta oltre 20.000 casi, dei quali 2.000 a Firenze. Un morbo che irrigidisce progressivamente i muscoli, rendendo difficili i movimenti e la parola e che, in questi anni, ha colpito anche personaggi famosi come Papa Giovanni Paolo II e l’ex campione dei pesi massimi, Muhammed Alì. E proprio dal mondo del pugilato arriva oggi un prezioso aiuto, utile per rallentare il corso della malattia.

L’attività dell’associazione e i suoi risultati sul Parkinson sono stati presentati oggi nel corso di una conferenza stampa dall’assessore al diritto alla salute e al welfare Stefania Saccardi, assieme al presidente dell’associazione Maurizio Bertoni.

“In Toscana i pazienti con Parkinson sono più di 20.000, più donne che uomini, e negli ultimi anni l’età di esordio si è progressivamente abbassata, ci sono pazienti anche di 40-50 anni – sono le parole dell’assessore Saccardi rilanciata in una nota dell’ufficio stampa dell’Assessorato -. In Regione abbiamo costituito un gruppo di coordinamento per il monitoraggio del percorso terapeutico della malattia, anche per scongiurare i problemi di carenza dei farmaci, che si sono verificati in passato; e abbiamo una stretta collaborazione con l’Associazione dei pazienti parkinsoniani. Guardiamo con favore a questa nuova esperienza, che consente di contrastare i sintomi e rallentare il corso della malattia”.

“La boxe – afferma il dottor Maurizio Bertoni -, oltre ad essere uno degli sport più antichi al mondo, è anche uno dei più completi, perché sviluppa coordinazione dei movimenti, equilibrio, riflessi, ed elasticità dei muscoli. Allenare queste qualità, che si perdono in occasione di patologie neurodegenerative, come appunto il Parkinson, migliora sensibilmente la qualità di vita dei pazienti, anche in fase avanzata della malattia”.

L’associazione opera all’interno del Training Lab di Firenze, primo centro medico dove si pratica la boxe contro il Parkinson (esercizi di riscaldamento, colpi al sacco, salti con la corda, ecc.) e dove attualmente sono seguiti gratuitamente, due volte a settimana, 25 pazienti (17 uomini e 8 donne) di età compresa tra i 50 e i 75 anni.

Entro il mese di febbraio l’associazione pubblicherà il primo studio scientifico che analizzerà i benefici dati dalla boxe ai fini del rallentamento dei sintomi del Parkinson. “Negli Stati Uniti, dove per la prima volta si è messo in pratica questo tipo di allenamento per i malati di Parkinson – informa il dottor Bertoni -, è già stato pubblicato uno studio, basato su 6 pazienti. Noi lo baseremo sui nostri 25 pazienti, grazie al contributo del nostro comitato scientifico, che è composto da medici esperti del settore, sia italiani che statunitensi”.

Ma i primi effetti positivi sarebbero già ben visibili. Secondo l’associazione, dopo i primi tre mesi di allenamento “i pazienti mostrano un buon miglioramento dell’equilibrio, della postura e della coordinazione, riuscendo a muoversi e camminare in modo migliore e a mantenere questi progressi nel medio-lungo periodo”.

Oggi chiunque soffra di questa malattia può rivolgersi gratuitamente all’associazione “Un gancio al Parkinson” e, dopo una serie di test compiuti dallo staff medico, può allenarsi al Centro Training Lab, seguito da istruttori di boxe, appositamente formati.


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Due ore e mezza a settimana di esercizio fisico. Questa la “ricetta” per sperimentare un minor declino della qualità di vita e della mobilità quando si ha il Parkinson. A identificarla una ricerca condotta da un team guidato dalla Northwestern University di Chicago, pubblicata sulla rivista Journal of Parkinson’s Disease.

Gli studiosi hanno preso in esame i dati della National Parkinson Foundation Quality Improvement Initiative, uno studio internazionale e multicentrico che ha coinvolto 21 realtà tra Usa, Israele e Paesi Bassi. Oltre 3.400 partecipanti hanno fornito dati in più di due anni, con informazioni raccolte nel corso di almeno tre visite.

La mobilità è stata misurata con un test apposito, cronometrando i partecipanti man mano che si alzavano da una sedia, percorrevano tre metri, giravano e tornavano a sedersi. Come spiega Miriam R. Rafferty, prima autrice dello studio, «dai risultati è emerso che le persone con malattia di Parkinson che mantenevano 150 minuti di esercizio a settimana avevano un declino inferiore in termini di qualità di vita e mobilità nel corso di due anni rispetto a chi non faceva esercizio o ne faceva meno. Ciò è risultato valido sia per chi già si esercitava, che per chi ha iniziato a farlo all’inizio dello studio».

Un dato che ha sorpreso gli studiosi è che i benefici maggiori riguardavano le persone in stato avanzato di malattia. Non ci sono indicazioni specifiche sul tipo di esercizio migliore, si può scegliere il proprio preferito, l’importante è che la “dose” sia 150 minuti a settimana.

ANSA


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