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I benefici dell’attività fisica, in termini di longevità, si fanno sentire anche si inizia a fare sport dopo i 50 anni. In uno studio condotto da ricercatori del National Cancer Institute di Bethesda, chi ha cominciato a fare sport tardi ha mostrato una diminuzione del rischio di morte analoga a quella degli sportivi più assidui

Anche cominciare ad allenarsi quando si ha più di 50 anni età produce benefici in termini di longevità. È quanto emerge da uno studio condotto dal National Cancer Institute di Bethesda, negli USA. Le linee guida nazionali per la forma fisica raccomandano che gli adulti facciano almeno 150 minuti di attività aerobica a intensità moderata o 75 minuti di esercizio fisico vigoroso a settimana.

I ricercatori del National Cancer Institute di Bethesda hanno analizzato i dati relativi a 315.059 adulti, di età compresa tra 50 e 71 anni, che hanno partecipato a indagini sulle loro abitudini di esercizio fisico dall’adolescenza al decennio più recente. Durante un follow-up medio di quasi 14 anni, sono decedute 71.377 persone, tra cui 22.219 per cardiopatia e 16.388 per cancro.

Rispetto alle persone inattive per tutta la vita, i partecipanti che hanno segnalato livelli costantemente elevati di esercizio fisico dalla giovinezza alla mezza età avevano il 36% in meno di probabilità di morire per qualsiasi causa durante il periodo di studio. Ma il vantaggio è risultato analogo anche quando le persone inattive hanno iniziato a fare movimento tra i 40 e i 61 anni.

Quando persone precedentemente sedentarie hanno cominciato a fare attività fisica durante la mezza età, la loro probabilità di morire per tutte le cause durante lo studio era del 35% inferiore rispetto all’eventualità in cui fossero rimaste inattive.

“Siamo stati molto felici di riscontrare che i soggetti che hanno aumentato l’attività fisica soltanto più tardi nell’età adulta godessero comunque dei benefici per la salute associati all’esercizio fisico”, ha dichiarato l’autore principale dello studio, Pedro Saint-Maurice.

“Questi risultati indicano che se si è attivi nella prima età adulta bisogna continuare ad esserlo, senzanon ridurre l’attività”, ha proseguito Saint-Maurice. “Se si hanno tra i 40 e i 60 anni e si è stati a lungo inattivi, non è troppo tardi per iniziare a fare attività fisica”. Complessivamente, circa il 56% dei partecipanti allo studio si è allenato regolarmente tutta la vita.

Un altro 31% ha iniziato in maniera decisa ma poi ha ridotto nel tempo e il 13% era inattivo in gioventù ma poi ha cominciato a muoversi. Rispetto alle persone sempre inattive, i partecipanti che si sono regolarmente allenati avevano il 42% in meno delle probabilità di morire per una cardiopatia e il 14% in meno delle probabilità di decesso per tumore.

Quando i soggetti hanno iniziato da inattivi e poi hanno cominciato a muoversi, la loro probabilità di morire per cardiopatia era del 43% inferiore e quella di decedere per cancro del 16% inferiore se fossero rimasti sedentari.

Fonte: JAMA Network Open


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Lo sport è un’arma efficace per ridurre la mortalità dovuta al diabete e il controllo della glicemia (zucchero nel sangue)

Sono le raccomandazioni che arrivano dalla Società Europea di Cardiologia Preventiva in un ‘position paper’ pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology.

«Stili di vita sedentari e diete insalubri sono le più importanti cause dell’aumento dei casi di diabete di tipo 2 (circa un adulto su 11 è diabetico nel mondo) e dei problemi cardiovascolari correlati alla malattia diabetica (praticamente tutti i pazienti diabetici sviluppano complicanze cardiovascolari prima o poi)» – spiega l’autore del testo, Hareld Kemps, del Máxima Medical Centre, a Veldhoven, in Olanda.

«Il diabete raddoppia il rischio di morte, ma più i pazienti sono in forma, più il rischio connesso alla malattia cala. Sfortunatamente la gran parte dei pazienti non intraprende programmi di attività fisica». Diversi studi hanno evidenziato, infatti, i benefici della pratica sportiva sul controllo della glicemia e sulla riduzione del rischio cardiovascolare associato al diabete.

«Sono preziosi anche piccoli aumenti del livello di attività fisica – sottolinea Kemps – per i pazienti con diabete e problemi di cuore. Piccole camminate ogni tanto, già da sole, migliorano il controllo della concentrazione di zucchero nel sangue; due ore a settimana di camminata veloce riducono il rischio di problemi cardiovascolari per i pazienti diabetici».


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L’infanzia è il periodo della vita in cui lo scheletro sopporta meglio i carichi e risponde agli stress meccanici. Cominciare a fare sport a 5 anni consente di avere ossa più robuste nell’età adulta. È quanto emerge da uno studio australiano

I ragazzi che hanno praticato sport da piccoli hanno ossa più forti rispetto ai coetanei che durante l’infanzia sono stati meno attivi. L’evidenza emerge da uno studio australiano pubblicato dal Journal of Bone and Mineral Research.

“Il nostro studio fornisce un forte razionale per l’incoraggiamento precoce e persistente dello sport tra bambini e adolescenti. Questo per la prevenzione dell’osteoporosi e delle fratture legate all’età”, ha affermato l’autrice principale Joanne McVeigh.

“Le ossa rispondono ai carichi posti su di esse – spiega Johanno McVeigh, della School of Occupational Therapy, Speech Therapy and Social Work alla Curtin University di Perth, autrice principale dello studio – Esistono prove convincenti che lo scheletro in crescita abbia una migliore capacità di rispondere agli stress meccanici, ovvero ai carichi, di quanto non faccia lo scheletro adulto. Pertanto, fare sport in questi periodi critici di sviluppo consente di avere una maggiore massa ossea nella vita”.

Lo studio

McVeigh e colleghi hanno studiato 984 bambini nati negli ospedali di Perth tra il maggio 1989 e il novembre 1991. Le informazioni sull’attività sportiva, a partire dai 5 anni, sono state fornite dai genitori. La densità ossea è stata misurata con assorbimetria a raggi X a doppia energia su tutto il corpo (scansione Dexa o Dxa) quando i partecipanti avevano 20 anni. I ricercatori hanno anche effettuato numerose altre misurazioni, tra cui altezza, peso e livelli di vitamina D nel sangue, e hanno chiesto ai ventenni informazioni sullo stile di vita, compreso il consumo di alcolici e il fumo.

I risultati

Dopo la correzione per questi e altri fattori, i ricercatori hanno rilevato che l’attività sportiva ha giocato un ruolo significativo nella densità ossea a 20 anni sia per le donne che per gli uomini.

Per questi ultimi, la densità ossea di tutto il corpo era maggiore tra coloro che avevano praticato sport in modo consistente sin da piccoli, mentre la densità ossea delle gambe era maggiore anche quando i ragazzi avevano iniziato a fare sport solo negli anni dell’adolescenza. Per le donne, solo chi ha praticato regolarmente sport fin dall’infanzia ha ottenuto una densità ossea migliore a 20 anni.

Fonte: J Bone Min Res 2018

Linda Carroll


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La playlist giusta nelle orecchie e via di slancio a fare ginnastica. L’abitudine ad ascoltare musica mentre ci si tiene in forma ha dei risvolti positivi: può aiutare infatti a sentirsi meno affaticati, merito del fatto che attiva una regione del cervello collegata proprio a una minor risposta allo sforzo.

Lo rileva una ricerca della Brunel University London, pubblicata sulla rivista International Journal of Psychophysiology. Lo studio ha preso in esame 19 adulti sani, che hanno svolto degli esercizi utilizzando un anello di presa per rinforzare le mani. Questa attività è stata scelta appositamente per consentire agli studiosi di svolgere con maggiore semplicità una scansione cerebrale su di loro.

I partecipanti hanno eseguito 30 serie di esercizi, della durata di 10 minuti ciascuno. Durante alcune di queste serie, hanno ascoltato in particolare la canzone “I Heard It Through The Grapevine”. L’autore principale Marcelo Bigliassi e i suoi colleghi hanno scoperto che la presenza della musica era associata a una maggiore energia durante l’esercizio oltre che a un aumento di pensieri che non erano direttamente collegati a ciò che i partecipanti stavano facendo.

Hanno anche osservato dei cambiamenti in una particolare regione del cervello quando gli esercizi venivano svolti con la musica: il giro frontale inferiore sinistro, che è come un ‘hub’ che raccoglie le varie sensazioni, elaborando le informazioni da fonti interne ed esterne.

«L’aumento dell’attivazione di questa regione – spiega Bigliassi – è stato negativamente correlato con le risposte allo sforzo, il che significa che più questa regione è risultata attiva meno i partecipanti hanno sperimentato affaticamento».

ANSA


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La notizia che milioni di appassionati nel mondo attendevano arriva dal British Medical Journal of Sports Medicine: giocare a calcio fa bene. Riduce le pressione sanguigna, regola i battiti cardiaci e il metabolsimo, mantiene elastiche le articolazioni.Tutti in campo, dunque.

La partitella a pallone con gli amici farà anche infastidire le mogli, ma fa bene al cuore dei mariti. A evidenziarlo è una review, pubblicata dal British Journal of Sports Medicine, secondo la quale, rispetto a chi è inattivo, chi gioca a calcio in modo amatoriale presenta una riduzione dei valori di colesterolo, della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca a riposo, nonché una minore massa grassa. La ricerca dell’University of Southern Denmark di Odense ha anche evidenziato che, rispetto ad altre attività come la corsa o la zumba, il calcio darebbe anche benefici a livello sociale e motivazionale.

Per la ricerca, gli studiosi hanno esaminato 31 studi scientifici pubblicati sugli effetti del calcio su pressione sanguigna, frequenza cardiaca a riposo, composizione del grasso corporeo salute metabolica e capacità di saltare. Negli studi, l’attività svolta mentre si faceva calcio era paragonata a nessun o ad altre forme di esercizio fisico. Dai risultati è emerso che, rispetto a chi è inattivo, chi gioca a calcio mostra i primi benefici a livello di pressione sanguigna. In particolare, la pressione sistolica si riduce, in media, di 4,2 mmHg, e quella diastolica di 3,89 mmHg.

E il beneficio del giocare a calcio è ancora più evidente tra le chi ha una pressione arteriosa leggermente elevata o una leggera ipertensione. Tra queste persone, infatti, la riduzione della pressione sistolica e diastolica si attesta , rispettivamente, a 10 e 7 mmHg. I giocatori di calcio, inoltre, mostrano una frequenza cardiaca a riposo di circa sei battiti al minuto più lenta rispetto agli individui inattivi. Mentre per quel che riguarda il confronto con altre attività, solo piccoli studi inclusi nella review hanno analizzato le differenze. In particolare, rispetto alla corsa o alla danza zumba, il calcio avrebbe mantenuto i sui vantaggi a livello di pressione sanguigna, grasso corporeo, frequenza cardiaca e colesterolo Ldl.

Fonte: British Journal of Sports Medicine

Lisa Rapaport

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)


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