Il chiodo arrugginito è l’emblema del rischio di tetano, ma non è l’unico pericolo da cui, chi non è stato vaccinato o non ha fatto il richiamo, dovrebbe guardarsi. Per contrarlo basta anche il morso di un cane, la puntura di una spina, l’escoriazione dovuta a una caduta.
A sfatare i miti che accompagnano la pericolosa malattia è una scheda pubblicata su ‘Dottore, ma è vero che…’, la rubrica online della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo).
Il batterio prolifera, senza provocare alcun danno, nell’intestino degli esseri umani e di animali da dove si libera nell’ambiente con le feci. I contesti rurali, dove la contaminazione del terreno con sterco è più facile, sono quindi a maggior rischio, così come le strade, giardini e parchi di città. All’aria aperta il batterio non muore, ma assume la forma di una spora molto resistente che può sopravvivere per mesi o anni. Solo tornando in un ambiente privo di ossigeno, ad esempio attraverso una ferita provocata da un oggetto tagliente, comincia a produrre la tossina responsabile della malattia.
La ruggine, quindi, “non è responsabile, ma solo un indicatore del fatto che l’oggetto è rimasto all’aperto a lungo e può quindi aver avuto maggiori probabilità di venire contaminato”, precisano gli esperti. Ma lo stesso può valere per lamiere, fili spinati, attrezzi da lavoro, spine. Altra falsa credenza è che per evitare l’infezione basti disinfettare bene la ferita con acqua ossigenata. “Soprattutto nel caso di lesioni profonde, è difficile essere sicuri di aver raggiunto ogni possibile anfratto in cui il batterio può essersi annidato”.
Falsa è, ancora, l’idea che esista una immunità naturale, l’unica è quella conferita da vaccino.